Un giudizio su Crispi

    Mentre i nazionalfascisti sempre più si ostinano nella retorica dell'esaltazione di Crispi la critica storica ha fatto ormai giustizia di tutte le esagerazioni. Il libro del Salvemini specialmente si può considerare definitivo nella documentazione degli errori della politica estera crispina. Ne risulta un Crispi sincero, battagliero e passionale, ma instabile, irriflessivo, impulsivo, pericoloso, superficiale, al di sotto della mediocrità.

    A tal proposito credo che abbia un valore almeno documentario riprodurre il giudizio su Crispi che mi avvenne di sentir esprimere, da un uomo politico italiano di prim'ordine, di cui non faccio il nome per ovvie ragioni, anche se il segreto non sarà forse per tutti impenetrabile.

     - La Triplice Alleanza - diceva quell'uomo politico che aveva conosciuto Crispi anche di persona, - è stata davvero un'opera monumentale e segna uno degli avvenimenti più belli della storia contemporanea, avendo dato la pace all'Europa per un lungo periodo di tempo. Non è esatto che noi dobbiamo la Triplice Alleanza a Crispi. Crispi non ne capì né lo scopo né lo spirito: l'interpretò esclusivamente come una arma contro la Francia. Egli s'attaccò, al carro di Bismarck e delle furberie e delle sottili accortezze del principe tedesco, divenne il mezzo e le dupe. D'altronde, col suo viaggio a Friedrichsrzhe, Crispi compromise parte dei vantaggi della Triplice per l'Italia. Egli allarmò la Francia che iniziò quell'acerrima lotta commerciale, la quale mise a dura prova l'economia del nostro Paese. La Triplica Alleanza in Italia si deve ad altri ed in ispecie al Depretis.





    Non Crispi, ma Di Rudinì era un ottimo nomo politico. Ma pochi lo sanno, perché poco egli si mise in vista. Era uno di quei tipi di meridionali taciturni, modesti, quasi timidi, ma era d'intuito sicuro e ricco di buon senso. In Crispi per converso si notava e risaltava il meridionale espansivo, dalla parola facile e suggestiva e la vanità non gli faceva certo difetto. Crispi era meridionale nell'animo, in tutto... anche nel vestire... amava i colori forti, portava le dita inanellate. Aveva un fisico aitante. Era un bell'uomo ed esercitava un vero fascino su chi l'avvicinava. Io lo posso dire perché ho avuto occasione più volte di conversare con lui.

    Ma in politica é un'altra cosa. Portava in politica le sue intemperanze espansive e le sue impetuosità d'isolano. Non era dotato di un vero intuito politico. Egli considerò e credette sempre la Triplice un'alleanza contro la Francia. Non vide che la Triplice rappresentava l'equilibrio per la pace in Europa.

    Cispi ebbe un vero merito, un merito autentico: egli fu l'anima della spedizione dei Mille, ne fu l'organizzatore più serio e più fattivo. Nell'ulteriore svolgimento dell'attività crispina v'è poco o nulla da ammirare. Essa si chiuse con le tristi vicende africane. La vita politica di Crispi fu torturata e traviata da due incubi, che il suo temperamento alquanto fantastico e sentimentale ingrandiva enormemente. E' difficile dire quale dei due incubi potesse più un di lui, se lo spirito aggressivo della Francia o la questione romana. Egli non sapeva pensare al popolo francese senza vederlo pronto ad aggredir lui e l'Italia. Ad ogni modo, anche per la questione romana esagerò molto. Ed i fatti l'hanno dimostrato. Ora una vera questione romana non esiste più e non è da prendersi sul serio. Neanche in Vaticano, la considerano più da un punto di vista fattivo e reale. Se noi volessimo consegnare Roma al Papa, in Vaticano si metterebbero a ridete e rifiuterebbero. Il Papa oggi non potrebbe governare una città di oltre settecentomila abitanti, che ha tutte le esigenze di una città moderna. Il Papa non potrebbe e non vorrebbe.

    Ma la Santa Sede apparentemente non rinunzia a nulla. Ha mai rinunziato ad Avignone? Non ha rinunziato neanche a Benevento. Questo doveva capire e non capì Crispi: che bisognava aspettare con calma fiduciosa. Ma la calma, non era il suo forte.

GIUSEPPE CAPPA