CATILINARIA

UN UOMO DINAMICO

    "Lucio Sergio Catilina, nato da famiglia illustre, fu uomo di grande vigore intellettuale e fisico, ma di una natura insana e depravata. Fin dalla sua prima gioventù, le lotte intestine, gli ammazzamenti faziosi, la discordia civile, fecero le sue delizie: furono là gli esercizi della sua adolescenza... Anima audace, perfida, atta a tutto fingere e a tutto dissimulare: cupido dei bene altrui, prodigo dei proprio; ardente nelle passioni, di sufficiente eloquenza, di scarsa saggezza. Il suo spirito insaziabile aveva sempre delle aspirazioni smisurate, inaudite, chimeriche. E quest'uomo, dal di che Lucio Silla stabilì la sua tirannia, era stato ossessionato dall'idea del supremo potere: purché egli potesse arrivarci, poco gli importava dei mezzi...".

LE CENE DEL BRECCHE

    "Catilina non aveva penato a raggruppare intorno a sé i vizii e i delitti, come un corteggio di satelliti. In effetti, tutti i debosciati, gli adulteri, i bari, gli scrocconi, gli sfruttatori di donne...; inoltre, venuti un po' da dovunque, i sacrileghi già condannati in giudizio, o tementi di esserlo; poi ancora gli scherani che vivevano o della loro mano, o della loro lingua, con lo spergiuro o con l'assassinio, tutti coloro infine che erano ulcerati o dal disonore, o dalla miseria, o da una cattiva coscienza, ecco quali erano gli intimi e i commensali di Catilina".





"CARCERE E PIOMBO AGLI AVVERSARI
ORO ED ONORI A NOI"

(Dal giornale "l'Impero")

    "Catilina parlava a degli uomini bisognosi, senza beni, senza speranze, e che si sentivano già, per il solo fatto di turbare l'ordine pubblico, rimunerati delle loro pene. Egli promise loro l'abolizione dei debiti, la proscrizione dei ricchi, la ripartizione delle cariche pubbliche, delle cariche sacerdotali, il saccheggio, e tutto il resto, che è portato dalla libidine dei vincitori... A queste promesse, egli aggiungeva mille imprecazioni contro la classe dirigente: e poi, al contrario, una parola adulatrice per ogni congiurato: ricordava all'uno la sua miseria, all'altro la sua cupidigia, a parecchi i procedimenti giudiziarii, anzi il disonore incombenti, a molti la vittoria e l'esempio di Silla, e qual bottino avesse procurato ai seguaci di costui".

LA CONTESSA DEL VIMINALE

    "Nel numero delle donne, che avevano aderito alla impresa di Catilina, c'era, per esempio, Sempronia: parecchie volte essa aveva fatto prova nell'azione, di una audacia virile. Questa donna, nobile e bella, non ebbe che a lodarsi di suo marito e dei figli: era istruita nelle lettere greche e latine, forse più che non convenga a donna onesta; esperta nelle danze moderne, e negli altri talenti ausiliarii della dissipazione. Essa faceva passare tutto davanti alta pudicizia e all'onore: incerto ciò ch'essa risparmiava meno, se la sua riputazione, a i suoi beni: infiammata talvolta da passioni così ardenti, ch'essa sollecitava gli uomini, più che non ne fosse sollecitata. Spesso aveva tradita la sua fede, spergiurato, già era stata connivente in loschi affari di sangue: il debosciamento e la necessità l'avevano ora sospinta nella voragine del complotto di Catilina".





I MILITI DELLA MARCIA SU ROMA

    "Il popolo di Roma aveva, del resto, più di una ragione per lanciarsi nel sovvertimento. Prima di tutto, quelli che si distinguono per lo scandalo e la sfrontatezza, i dissipatori dei beni paterni, coloro infine ch'erano stati allontanati dal loro luogo di nascita per qualche marachella, e che erano affluiti a Roma come in un sentina. Poi, molti ricordavano i trionfi di Silla, e vedendo dei semplici scherani diventati senatori - e così opulenti, che tutta la loro vita trascorreva in un fasto regale - speravano, prendendo le armi, di trarre gli stessi frutti dalla vittoria.

    Infine molti giovanotti, che nelle provincie avevano vivacchiato alla meglio coi lavoro delle loro mani, ora, attirati a Roma dalle sovvenzioni e dalle speranze di un impiego, avevano preferito l'ozio urbano alle fatiche di un tempo, né intendevano tornare alla condizione di una volta".

DISCORSO AI REAZIONARI

    Quella "marcia su Roma" fu sventata, tutti sanno in qual modo. Ma converrà rileggere il discorso di Catone ai reazionari, ai conservatori, quando il Senato discusse delle pene da infliggersi ai sovversivi:

    "Ma in nome degli dei immortali, è proprio a voi ch'io faccio appello, a voi che avete sempre considerato i vostri palazzi, le vostre ville, i vostri quadri e le vostre statue più della patria. Volete conservarli questi beni, qualunque essi siano, ai quali siete così appassionatamente affezionati? Volete essere sicuri di godere senza turbamento dei vostri piaceri? Risvegliatevi infine, e prendete a cuore l'interesse dello Stato. Qui non si tratta delle finanze della Repubblica, o di oltraggi fatti contro nostri alleati: la nostra libertà, la nostra vita è in gioco".

SALLUSTIO