Figure della politica italianaII. - NENNIFiglio di gente del popolo, orfano di padre e ricoverato in un istituto di beneficenza nella sua nativa Faenza, sino ai sedici anni e cioè fino a quando fu cacciato per ribellione ai superiori ed alle ideologie che impersonavano, Pietro Nenni è il rappresentante tipico del popolano romagnolo, ma specialmente faentino, ribelle per istinto e fuori legge per la cattiva educazione di riflesso ricevuta dalla classe urbana dirigente, repubblicana, anticlericale, materialista. In gioventù Nenni è stato repubblicano, perché è fatale in Romagna che tutti i ribelli facciano il loro tirocinio rivoluzionario nelle Case repubblicane. Quale sia il repubblicanesimo predicato in queste ultime si può immaginare dalle sommosse antimilitariste del 1911 e 1914, per la famosa "settimana rossa" originata, come è noto, da un comizio antimilitarista tenuto il 7 giugno ad Ancona da Enrico Malatesta e da Pietro Nenni; nonché dall'adesione dei repubblicani all'anarchica Alleanza del Lavoro, avvenuta, com'è pure noto, nel 1922 e diede luogo all'uscita dal Partito di una non esigua minoranza di inscritti, ora aggruppati attorno al manipolo di intellettuali facenti capo alla ravennate Italia del Popolo e guidati dall'ex-on. Comandini. Le simpatie che i repubblicani non han mai negato di provare nei riguardi dell'anarchismo, dei suoi uomini e dei suoi metodi, si spiega col riconoscere che una non comune radice li ha espressi e li esprime: l'insurrezionismo, ereditato dai rivoluzionari del sec. XIX, ma specialmente da Mazzini. Poco vale se l'insurrezionismo repubblicano dopo la caduta di Porta Pia, esprime l'incapacità da parte della piccola borghesia cittadina di uniformarsi al nuovo ritmo economico e politico rappresentato dall'unitarismo della Monarchia; e se invece l'insurrezionismo internazionalista-anarchico esprime la sommossa delle classi piccole contro le classi ricche, dei plebei contro i patrizi: il mezzo accomuna nell'azione anche se gli altri si propongono fini antitetici. Non tutti però: in basso la comunione non è solo nei mezzi, ma anche nei fini; gli operai repubblicani non sono soltanto contro la monarchia, ma anche contro la borghesia. Di questo fatto, che il Nenni appena avvertiva allorché - inutilmente - propose in seno al Partito Repubblicano una revisione dei postulati economici attinti dal Mazzini; Errico Malatesta (che, com'è noto, in gioventù è stato repubblicano) aveva piena coscienza, e non volle infrangere questo tacito patto di masse, come invece tentò fare dal 1908 al 1914 Mussolini (in ciò si vede la sua faziosa inconsapevolezza), che pure conservava in sé molto dello spirito repubblicano e giacobino, in quel suo volontarismo alla Blanquì. Se quanto ha fatto Mussolini può essere una riprova della sua faziosa impulsività e della sua scarsa dimestichezza colla logica, quanto ha fatto il Nenni nel 1920 quand'è passato al socialismo, potrebbe essere la riprova della sua onestà, e d'una fatalità che già altri aveva esperimentato. Abbiamo ricordato Malatesta. Senonché, ciò che è inesplicabile è il fatto che il Nenni ha sentito il bisogno d'inscriversi al Partito Socialista, anziché chieder di far parte di un qualsiasi gruppo anarchico, come avrebbe voluto la logica stessa delle cose e lo stato d'animo da cui era mosso. Invero, mai il Nenni si è discostato dalla concezione democratica. Il mazzinianismo della sua prima gioventù, che poi s'è tramutato nel bissolatismo e wilsonismo professato durante e dopo la guerra, non ha mai avuto modo di tramutarsi, per esempio, nell'antipatriottismo dei comunisti, ma ha conservato, anche dopo la inscrizione di chi lo professava nel Partito Socialista i caratteri del federalismo mazziniano e garibaldino, auspicante, com'è noto, la federazione degli Stati Uniti d'Europa. Che la Società delle Nazioni propugnata da Lloyd George e da Wilson, e il Patto di Roma voluto da Bissolati, siano stati scambiati dal Nenni per l'espressione del redivivo federalismo mazziniano, può essere la testimonianza della sua ingenuità e della sua scarsa profondità politica; all'istesso modo che la sua adesione al socialismo dovuta, più che al riconoscimento della verità marxista, alla commozione davanti agli orrori della guerra, può testimoniare la sua sentimentalità di popolano romagnolo. Qui tornerebbe opportuno far parola della tanto decantata generosità romagnola; oggetto, così spesso, di rettorica. Una specie di generosità esiste infatti in Romagna, ed è la facilità colla quale, per cavalleria, si accetta di difendere la causa d'un amico, anche se per caso, questo amico vi é idealmente nemico. Nel suo libro Lo spettro del Comunismo, pubblicato nel 1921, Nenni, senza saperlo, dà la più bella dimostrazione di questa ingenuità, allorché confessa che di fronte alle furfanterie della casta dirigente italiana, egli mantenne il silenzio, coprendolo col velo patriottico, e allorché confessa che pur sentendo l'insufficienza della ideologia repubblicana di fronte ai problemi della crisi contemporanea, egli rimase lo stesso nel Partito Repubblicano. Come sospetta lo stesso Nenni, non è improbabile che più spesso di quanto non si creda, questa generosità cada nell'omertà e nel tradimento; com'è avvenuto al Mussolini che partito in guerra contro Giolitti e propugnatore dell'intervento italiano in favore della democrazia socialista, s'è trovato senza saperlo (e in ciò un'altra prova, o della sua scarsa dialettica, o della sua perfidia) ad essere l'istrumento maggiore del giolittismo e del neutralismo, nonché l'uomo del cuore della reazione siderurgica, che in D'Annunzio ha trovato l'esponente maggiore (anche esso forse inconscio) del suo interessato espansionismo. Non crediamo che il Nenni possa essere giudicato alla stessa stregua di Mussolini. Di minore statura, egli ha però in comune col forlivese il punto di partenza giacobino e lo Stato d'animo. Entrambi figli del popolo si sono trovati chi da un punto chi da un altro a battere la stessa strada: chi per andare a sinistra, chi per andare a destra. Come Mussolini dall'insurrezionismo blanquista attraverso il patriottismo mazziniano sia potuto arrivare all'imperialismo... federzoniano, si sa; non si sa invece come il Nenni si sia potuto fermare al socialismo, avendo creduto d'andare avanti, illusoriamente credendo che l'esasperazione della sua sentimentalità di popolano dovuta alle miserie della guerra, possa senz'altro essere la... lotta di classe, e la conferma del marxismo! Invero, se questo stato d'animo, può molto servirci per la comprensione del bolscevismo italiano degli anni 1920-21, non può non confermarci la scarsa coltura del Nenni, e l'enorme differenza che per esempio passa tra lui e (prendiamo un nome qualunque; Graziadei o Gramsci, che al marxismo non sono arrivati per la via del sentimentalismo, ma per quella del raziocinio scientifico. Da questi ultimi, e specialmente da Gramsci, noi sappiamo che non verranno, prediche moralistiche sulla cattiveria della borghesia, come è fatale che vengano da Nenni, ma il riconoscimento, invece, che la borghesia, anzi, il capitalismo, ha il dovere di difendersi dagli attacchi dell'esercito proletario, senza risparmi e senza scrupoli nell'impiego delle armi. Questo riconoscimento che può anche sembrar cinico ai sentimentali che ancora non hanno misconosciuta l'utilità dei paraventi legalitari e democratici, è altamente morale, e il più adatto per preparare un'aristocratica coscienza di classe nel proletariato. Non è senza significati il fatto che questa verità sia stata prima sentita da un aristocratico di nascita qual'é il Graziadei, che da un plebeo qual'é il Nenni, poiché potrebb'essere la dimostrazione che anche la rivoluzione tra i suoi reietti ed i suoi eletti, come la vita, e come tutte le espressioni in cui si appalesano fatali le gerarchie. Per noi Pietro Nenni è la palmare dimostrazione dell'incapacità da parte del plebeo romagnolo di poter far parte del maggiore istituto sociale del proletariato: la classe: vuoi per l'avita concezione piccolo-borghese (mazziniana e giacobina) ereditata dalla classe dirigente indigena, ma vuoi specialmente per la mancanza in Romagna di un superiore sviluppo capitalistico. Non abbiamo difficoltà a ripetere che il solo esperimento capitalistico e classista in Romagna è stato quello delle Cooperative ravennati, così ferocemente osteggiato, come è noto, da tutti quelli che del Nenni hanno la sentimentalità e del piccolo-borghese gli interessi, i repubblicani, a Ravenna, e dappertutto i piccoli proprietari, gli affittuari, i mezzadri ed i bottegai, e che il solo allora che ne capisse la portata rivoluzionaria fu il riformista Antonio Graziadei, il quale, come nei Consigli di fabbrica del 1919-20, vedeva in esse Cooperative i gangli della nuova civiltà socialista, e le teste di ponte avanzate contro l'esercito della borghesia. La funzione rivoluzionaria del Nenni in questa situazione si ridusse all'insurrezionismo. A. C.
Il carattere critico documentario di questa nostra collana di profili può conservarsi salo a patto di lasciare ai collaboratori la più grande libertà di giudizio, senza che la redazione debba intervenire necessariamente a dir la sua quando vi sia disaccordo. E questa dichiarazione valga una volta per tutte. |