Figure della politica italianaDONATILa polemica contro gli Italiani del Guatemala ha rivelato un giornalista di primo ordine e una figura di eccezionale solidità morale: Giuseppe Donati, di Faenza, direttore del Popolo di Roma. Educato nel Seminario patrio, la guida in esso trovata nella persona del rettore, monsignor Francesco Lanzoni, lo storico delle Diocesi italiane e l'agiografo dei Santi emiliani ed africani, valse ad inspirargli l'amore degli studi storici, rigidamente attenendosi al metodo professato dal suo illustre maestro: vale a dire al metodo positivista; cosicché, quando abbandonata la carriera ecclesiastica, egli si recò a Firenze per completare i suoi studi, non gli riuscì discaro l'avere per maestro Gaetano Salvemini, lo storico della Rivoluzione francese e della rivolta dei Ciompi, ed il biografo di Giuseppe Mazzini che per primo in Italia tentava l'applicazione del materialismo storico. Dalla fusione di questi due storici scaturì il suo storicismo e la sua democrazia cristiana che solo dagli ignoranti e dagli incauti, come Minocchi e Romolo Murri, poté essere scambiata per modernismo, mentre si proponeva soltanto di respingere il pregiudizio giacobino che la Chiesa debba per fatalità essere sinonimo di conservatorismo e di schiavitù. Il ricordo che così tornava al cuore dei giovani cattolici dei fulgidi esempi del martirologio cristiano dei primi secoli, che cosa era se non l'espressione che una nuova coscienza etica e civile stava per germogliare tra le file degli aderenti ai modesti circoli parrocchiali? Se a questa nuova coscienza per venire alla luce fu necessario cercare degli appoggi in filosofie che con essa nulla avevano a che fare, non si deve farne una colpa; né tampoco condannare i disgraziati che come Romolo Murri od altri di lui minori si sono perduti nei viottoli scuri della miscredenza per seguire l'orma fallace dell'idealismo gentiliano. Che la democrazia cristiana sia stata la espressione di questa nuova coscienza civica dei cattolici, lo si è visto sin dal principio, allorché non esitò un momento a schierarsi contro il clericalume bloccardo, col chiaro proposito di creare in Italia un autonomo Partito Cattolico che dalla vita politica della Nazione non fosse più avulso, come lo erano stati sin allora i cattolici. Come questo tentativo sia finito e traverso quali peripezie sia fatalmente risorto nell'attuale Partito Popolare, altri ha già detto e non è il caso di ripeter qui cose note. Noi vogliamo piuttosto seguire il dottor Donati nel suo processo di consolidamento e di chiarificazione per riconoscere come il suo anti-giolittismo (che del resto aveva in comune coi suoi amici dell'Unità e della Voce) non sia stato e non sia che l'espressione della superiore moralità civile che lo fece dapprima orientare verso la democrazia cristiana e lo fa essere oggi uno degli esponenti più seri della opposizione antifascista, come ieri lo fece essere uno dei più convinti fautori dell'interventismo. Di quest'ultimo è oggi di moda parlar molto male nel campo dell'opposizione, perché si ignora (o si vuol ignorare: Mussolini è interessato a far ciò) che l'interventismo dei salveminiani non fu che la prosecuzione della loro moralissima politica anti-giolittiana, anti-libica ed anti-protezionista; come in fondo, l'opposizione contro il fascismo, oggi: considerato quest'ultimo come la più volgare e perciò più odiosa reincarnazione del trasformismo di Giolitti. E poiché i fatti storici, come qualsiasi altro avvenimento naturale, obbediscono ad una loro inderogabile logica, non ci si deve per niente meravigliare se vediamo con Giovanni Gentile la sparuta minoranza dei modernisti italiani seguire nel suo deliramento dittatoriale l'on. Mussolini, per giustificarlo coi lumi della loro filosofia; poiché ciò è fatale e già lo si è visto in Germania dove l'hegelismo non ha mancato di sboccare o nell'anarchismo di Stirner o nella teorizzazione della tirannia. La polarizzazione antifascista subito avvenuta nel P. P. I. per merito di Sturzo e Donati è la prova più precisa della sua italianità; come gli spurii passaggi dell'onorevole Martire, ecc., in seno ai Fasci non sono che la riconferma dell'avvenuta sua moralizzazione, colla eliminazione dei vecchi arnesi del trasformismo giolittiano, e dei vecchi campioni del cesaropapismo. Questa chiarificazione indica l'originalità politica, del Donati, il quale, forse come nessun altro, sin dal primo sorgere dei Fasci ha sentito quale profondo abisso divida coloro che traverso la democrazia cristiana si sono formata una coscienza civile superiore, da coloro che attraverso una lunga serie di involuzioni han fatto retrocedere la loro coscienza e quella di troppi italiani alla schiavitù papale e borbonica dei "sudditi devoti" e "degli amati figliuoli". A. G.
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