DUE TATTICHEMercoledì 18 giugno La Rivoluzione Liberale, preoccupata di dare una parola d'ordine nella presente lotta politica, presentava e riusciva a far approvare all'unanimità nella riunione delle opposizioni torinesi il seguente ordine del giorno indirizzato ai deputali delle minoranze a Roma: "L'assemblea dei rappresentanti dei partiti, delle organizzazioni dei combattenti e delle tendenze politiche torinesi non fasciste; constatato che nell'omicidio di Giacomo Matteotti è implicata la responsabilità di tutto il Governo fascista; reclama le dimissioni di Mussolini e invita i deputati della minoranza - i soli eletti legittimamente dalla volontà popolare - ad autoconvocarsi e a provvedere all'ordine del paese e al nuovo Governo". Oltre che dal gruppo di Rivoluzione Liberale tale ordine del giorno venne firmato dai rappresentanti autorizzati dei seguenti gruppi torinesi: Gruppo "Italia Libera"; Unione goliardica per la Libertà; Sezione del Partito Popolare; Sezione del Partito Repubblicano; Sezione democratica; Sezione del Partito Socialista Unitario; Sezione del Partito massimalista italiano; Sezione del Partito Comunista. Per quanto alcuni giornali, cosidetti di opposizione liberale, si siano rifiutati di pubblicarla, venne data a tale manifestazione vasta diffusione e già nel giovedì si ottenevano che le opposizioni di Milano votassero un programma analogo. Ma perché Rivoluzione Liberale, che è stata sinora una rivista di pensiero e di critica ha creduto di poter assumere una responsabilità politica così concreta e precisa? Abbiamo il dovere di spiegarlo ai nostri lettori. Di fronte all'omicidio di Matteotti si è avuto insieme allo sdegno universale un completo disorientamento dell'opinione pubblica. Le basi più profonde del "consenso" sono state scosse: ministerialismo, filofascismo mussoliniano si sono trovati in crisi. Apertamente, su giornali anche non sovversivi, si giunse a fare il nome del Presidente come di uno dei responsabili diretti dell'omicidio, se non addirittura vero e proprio mandante. Quali saranno i risultati di questo scandalo? Non si può essere troppo recisi nelle previsioni. Non è opportuna neanche una fiducia eccessivamente ottimistica. Un pericolo sussiste indiscutibilmente: se Mussolini non ha perduto la testa, se Finzi non lo tiene completamento nelle sue mani, è lecito pensare che egli si riprenderà, che ricorrerà agli espedienti più solenni. Gli rimane la massa di manovra della milizia nazionale e dei fasci. Tutte le volte che noi abbiamo parlato di dieci anni di vita del fascismo ci siamo sempre riferiti a questo fatto: l'esistenza in Italia di 500.000 disoccupati che si fanno mantenere dallo Stato, per salvarsi dalla fame. La situazione si incominciò a manifestare nel '60 e il brigantaggio ne fu la conseguenza. Non si può più mettere in dubbio che il brigantaggio succeduto ai borboni era un problema di disoccupazione e di pauperismo. Ci si venne a mano a mano rimediando con l'emigrazione. Dopo la guerra, tra costumi pervertiti, con l'emigrazione chiusa, diventò necessario organizzare il brigantaggio di Stato come estremo rimedio e riparo al brigantaggio sporadico e privato. Per togliere il male bisogna risalire a queste cause; si tratta di superare la depressione economica. Ma supponiamo per un istante che si possa arrivare alle dimissioni di Mussolini. Anche per questo scopo le tattiche sono due. Le opposizioni ex-filofasciste e giolittiane ritengono candidamente di poter liquidare Mussolini con lo scandalo, con la cronaca del Giornale d'Italia e della Stampa. Il verificarsi di quest'ipotesi sarebbe un colpo ben grave alla nostra formazione politica. Il mussolinismo rimarrebbe tutto in piedi, anche se dovesse cambiar nome. Chi lavora in questo senso lavora per la resurrezione di Giolitti, come capo di un ministero della maggioranza fascista. Il programma e il motto sarebbe "per il meno peggio". Noi crediamo ad un'altra tattica. Lo scandalo faccia il suo corso: le cronache ne siano piene. Ma il fattore dominante devono essere le iniziative positive. I partiti d'opposizione devono affrontare il nemico scosso, assumere la responsabilità della situazione. Mussolini deve uscire sconfitto da una battaglia politica. Soltanto a questo patto si potrà sostituire al governo di un addomesticatore un governo di partiti. L'opposizione deve fare il processo a tutto il regime, impedire che risorga ciò che coll'avvento del fascismo è ben morto, imprigionare in un blocco unico Mussolini, la sua maggioranza, i suoi fiancheggiatori. Battendosi per questo programma potrà essere sconfitta oggi, ma si salverà per il futuro. p. g.
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