Inviti al sovversivismo

    Potrà sembrare a taluno che le constatazioni del nostro Monti vengano un poco in ritardo. La Rivoluzione Liberale ha capito che si poneva inesorabilmente il problema del regime sin dall'ottobre 1922. Ma nella coscienza di molti cittadini il dramma è sempre aperto e non è uno degli episodi meno gravi provocati dal fascismo.

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    I cronisti di Montecitorio, parlando delle prime sedute della Camera non han mancato di notare come una curiosa novità della recentissima legislatura il fatto che per lo straripare della maggioranza dai banchi della destra e dal centro, la minoranza, tutta la minoranza, era stata respinta a sinistra, sempre più a sinistra: l'antico centro era divenuto la sinistra e la sinistra s'era confusa con l'estrema. Il solo che in questa vasta emigrazione... topografica aveva potuto ritrovare, e rioccupare, il suo posto, sempre quello, era, dicevano i precitati cronisti, l'on. Giolitti.

    Ma questo spostamento della minoranza non dovrebbe esser solamente un fenomeno topografico e quindi contingente e privo di reconditi significati, ma dovrebbe anche essere un fatto politico, e gravido quindi di profondi significati e di notevoli conseguenze. Così almeno nei discorsi, e forse nei propositi, dei principi e dei consiglieri della maggioranza.

    Per i quali i popolari sarebbero divenuti tutti, compreso l'on. Montini, degli sturziani, e gli sturziani tutti quanti, Longinotti compreso, dei migliolini; i demo-liberali di opposizione, con Amendola e Di Cesarò alla testa, sarebbero del novissimo sovversivismo i rappresentanti tipici ed i teorizzatori, fregiati tutti quanti all'occhiello ed al cervello del simbolico garofano fiammante, offerto ad essi con infinita buona grazia da quell'altro sovversivo che é l'on. Turati; che, a sua volta, non si saprebbe più come possa andar distinto dai più che mai compagni Vella e Lazzari e Gennari.





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    Si sapeva oramai da un pezzo che, da quando il nazionalfascismo aveva... scoperto e requisito l'Italia, tutti gli altri partiti e organi e uomini eran venuti in mucchio a costituire..... l'antitalia, la tedescheria, anche se, specialmente se, di codesta Italia codesti individui e organi e partiti avessero benemeritato in ogni tempo ed in ogni maniera.

    Ora dal giorno, non remotissimo neanche questo, se mal non m'appongo, in cui il fascismo ha scoperto la Monarchia, e si è di essa Monarchia costituito in Compagnia della Morte, tutta la minoranza, tutta l'opposizione, è divenuta antimonarchica, non esclusa l'opposizione costituzionale, anzi questa più delle altre; e se qualcuna osa discutere il discorso della Corona, che, come si sa ufficialmente, è stato scritto dall'on. Acerbo, questo qualcuno per ciò solo, è da riporsi fra i nemici della Corona e tra gli effettivi violatori del giuramento; e se qualcuno, commentando il discorso suddetto, dice, magari per celia, del Padre putativo di quell'orazione un po' meno di quello che della stessa Autorità fu detto, e sul serio, da parecchi dei suoi odierni panegiristi, questo qualcuno rischia magari di far la fine di Miguel de Unamuno o peggio ancora.

    E da quando finalmente i suddetti discovritori e conquistatori hanno compiuto queste loro specifiche funzioni anche nei riguardi del Parlamento e son divenuti tutti, o quasi tutti, "di professione deputati", Dio ci salvi! guai a dire che questa Camera è stata costituita in un modo inconsueto, guai a dubitare che essa sia proprio in tutto e per tutto la genuina espressione della "volontà del paese"; guai a parlar male... del Parlamento: chiunque s'arrischia a tanto, costituzionale o no, parlamentarista o no, diventa per lo meno un petroliere, e, per usar la loro prosa, tenta di "invalidare quel senso di stabilità funzionale delle istituzioni che la vittoria elettorale ha aggiunto alla stabilità di vita statale e sociale ottenuta dalla rivoluzione fascista".





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    Tutti antiparlamentari, tutti antimonarchici, tutti sovversivi gli oppositori - dicono loro -; tutti quanti, anche gli unitari ex ministri di S. M. il Re, anche i popolari decorati al valore, anche - e specialmente - i liberali dell'opposizione costituzionale.

    Ebbene: non si può negare che talvolta venga la voglia di pigliar in parola questa gente, e di accettare il loro invito al sovversivismo, e dir loro sulla faccia: "Ebbene sí: se voi siete l'Italia e noi saremo l'antitalia, se voi siete il Parlamento, e noi saremo l'antiparlamento, se voi siete...". - Bravo merlo! Non aspettano altro: e così vi avranno compromessi, e vi potranno squalificare, paralizzare, respingere nel limbo dell'illegalismo. E voi avrete fatto il loro gioco.

    Qui, veramente, non è questione di giuoco: e, se fosse, l'ultima parola in proposito sarebbe ancora da dire. Ma, ripetiamo, qui per noi non è questione né di giuoco, né di tattica, e non è poi neanche questione di scienza politica. Qui per noi, almeno per l'opposizione costituzionale, almeno per noi di Rivoluzione Liberale, almeno per me sottoscritto, è questione di sentimento, di eredità, di irrazionale. Quando diciamo Italia diciamo febbre, tormento, passione o tabe che si ha nel sangue e di cui temiamo di non poter né guarire né quetare se non dopo morti.

    Torinesi non lo siamo per niente: tutti i giorni passiamo davanti a Palazzo Carignano e a Palazzo Madama, e non possiamo così facilmente dimenticare che nella nostra capitale sedette già un Parlamento, di cui veramente si poté dire ciò che quell'antico ministro-forestiero riferì al suo re - forestiero - intorno a quell'altro piccolo grande parlamento dell'antichità.





    E, Piemontesi, ricordiamo che nostro padre nel nome del Re si faceva il segno della Croce, e che una sola volta abbiamo visto noi bambini piangere nostro padre già vecchio e fu quando dalla bocca del nostro fratello maggiore, adesso fedele mussoliniano, sfuggì una parola men che rispettosa sulla Maestà del Re e sul destino della Corona.

    Da un pezzo in qua, è vero, tanta acqua è passata sotto i ponti e tanti valori anche noi abbiamo cominciato a rivedere; ma finora, nonostante tutto, irremissibilmente delusi e nauseati di tutte quelle... belle cose ancora non possiamo dire di esserlo.

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    "Finora", perché non è mica detto che, perseverando, quegli altri non abbiano a riuscire anche in questo. Alle classi ed alla lotta di classe, una volta, finché ne leggevo sui libri e ne sentivo sbraitare nei comizi, io non ci credevo; ma da quando la nostra borghesia nazionalfascista questo dramma me l'ha rappresentato al vivo ed ha così vivacemente agito là dove gli altri si contentavan di parlare, da allora io credo nella lotta di classe, come quel santo diffidente credette, dopo quel tal esperimento, nelle vicende del Cristo.

    Che questa gente continui: che ci dimostri praticamente che davvero Patria, Istituzioni, tutte quelle cose in cui abbiam creduto, non sono altro se non la loro Patria, il loro Stato, ecc., allora a noi non resterà che ricavar le nostre conclusioni, e su queste conclusioni regolare il nostro atteggiamento verso... quelle belle cose.

    E noi siamo in quattro a fare il giornale, ma a ragionar così, si badi bene, in Italia potrebbero essere assai più di tanti.

AUGUSTO MONTI.