Socialismo e cultura

GLI UTOPISTI FRANCESI

    Diverso é il rapporto che vi è tra questi due termini nei due periodi, in cui si può distinguere il movimento socialista: in quello pre-marxista, che, non avendo visto quale fosse il movimento dialettico della storia, era condotto ad opporre tra loro i due termini: uomo e società, ed in quello del socialismo marxista, in cui due termini sono uniti in modo inscindibile. E' inutile tornare ad illustrare il contrasto che v'è tra le due concezioni storiche, che é stato esaminato dai Fourniére (Theories socialistas - Prefazione), il quale ha voluto, con poco senso critico, vedere le idee marxiste già formate negli utopisti francesi e dal Mondolfo (Sulle orme di Carlo Marx, capitoli 2° e 3° del Vol. II°), il quale invece, con maggior acume filosofico, ha posto in rilievo l'antistoricismo utopistico, in confronto al profondo senso storico della dottrina marxista.

    Gli utopisti francesi, i quali traggono dal Diderot e dal barone d'Holbach il principio di una società assurda nelle sue leggi, opposta e deformatrice dell'uomo, e dall'Helvetius la fede nel potere dell'educazione, concludevano poi in una dottrina mista e contraddittoria, per la quale si dovevano dar consigli ai poteri pubblici affinché modificassero la società, in modo da renderla buona educatrice dell'individuo.

    "Purisqu'ancun individu" scrive Louis Blanc "n'est le maître de former son propre caractère, le quel est influencé par toutes le circostances qui l'entourent, mais sortout par celles de son enfance, il serait facile à touts communautè investie d'un certain pouvoir de replacer la société sur des bases plus conformes au bonheur de ses membres en changeant les circonstances, qui entourente chaque individu, et surtout en fondant l'education sur des principes rationales" (Lettres sur les sytèmes de la cooperation. ecc. ecc.).





    Questi riformatori sociali hanno dunque una grande fiducia nell'opera della ragione per persuadere il potere a provvedere il bene collettivo e nell'influenza dell'educazione per riformare l'uomo e renderlo atto alla vita morale. I poveri avrebbero "les mêmes qualités que les riches" escalamava Cabet "s'ils avaient la même éducation, parce que tous leurs vices sont la faute et le crime da la sociétè" (Voyage en Icarie p. 39l).

    E allora? Occorre volere che lo stato sociale si modifichi: se la società è infelice, è perché manca quella "volontà unanime", che tende a creare "l'égalitè sociale et politique, l'égalitè de bonheur et de droit, l'égalité universelle et absolue". Solo apparente è la differenza tra il determinismo sociale del Saint Simon e questo volontarismo del Cabet; tutti e due essendo uniti dalla fede nell'efficacia dell'educazione. Non meno ottimista sebbene meno determinista è il Colins, il quale con entusiasmo esclama: "Une fois qu'il sera universellement admis que le sol, pour le bonheur de tous, doit entrer á la proprietè collective; lorsque ce principe sera inculqué par l'éducation... combien de proprietaires... consacreront une partie de leur fortune à l'èmancipation du puple! (Science Sociale, Vol. III, p. 299).

    Da questa candida fede, trae vita tutto il socialismo premarxista, che si riduceva quindi ad un desiderio di bene, ad un entusiastico tentativo riformatore, mentre quello postmarxista appariva invece come lo sbocco necessario dello stesso processo storico.





    Il primo quindi, figlio dell'illuminismo francese, doveva dare grande importanza all'educazione ed ai valori spirituali; mentre il secondo, nella sua interpretazione più rigida, doveva diffondere la convinzione che questi fossero epifenomeni, sopra-strutture inefficaci e che quindi poco o punto potesse l'educazione. Così appare infatti da molti luoghi degli scritti marxisti ed engelsiani e così fu affermato da molti più o meno puri marxisti che vollero intendere il materialismo economico come teoria rigidamente determinista. Oggi come vedremo, specialmente per la seducente critica fatta da Rodolfo Mondolfo, questa interferenza non è più pacificamente accettata, ma certo è tuttavia che, nella pratica, quasi tutti i partiti socialisti agiscono pur sempre come se la storia fosse un fatale corso delle cose e poca o nessuna influenza quindi avesse l'educazione o la cultura. E quindi vi é chi, sulla via di diventar ministro, si vanta d'aver superato solo la sesta elementare!

    I novatori socialisti dunque, che scrissero tra la fine del secolo XVIII e l'inizio del secolo XIX, non s'avvidero, secondo l'Engels, della chiave che poteva aprir la porta verso la nuova era da loro sognata e tutto il loro sforzo ridussero nel cercar di persuadere i poteri pubblici sul intervenire con l'educazione a mutare le condizioni sociali.

    Così il Pecqueur vanta "l'importanza sociale dell'educazione", mentre il Cabet da parte sua afferma addirittura che "l'éducation est considérée comme la base et le fondement de la société" (Voyage en Icarie, pag. 36). Già il Babeuf (Tribune du peuple, n. 35) aveva avvertito che "l'education est une monstruosité, lorsqu'elle est inègale" giacché divide la società in due parti, l'una contro l'altra nemica, e riteneva perciò che a tutti dovesse essere impartita la stessa educazione ed istruzione, che per Babeuf si riduceva ai soli elementi necessari, non apparendogli utile un'alta cultura scientifica





    Le scuole divise per classi e censo, come erano specialmente allora, dal Proudhon son giudicate veri "seminaires de l'aristocratie" e si riducono secondo lui ad un mezzo detestabile "pour augmenter la distinction des classes, pour consommer et rendre irrévocable la scission entre la bourgeoisie et le prolétariat" (Idèe generale de la Revolution, pg. 291). Tale era pure il pensiero della scuola sansimoniana.

    Per il Fourier (Vedi Socialisme societaire -ediz. Bourgin, p. 138 e seg.), la necessità di una educazione uguale e universale è poi un vero presupposto di quel suo armonismo, che ha per fine supremo l'unità sociale.

    Con professori e pedagoghi diversi per ogni classe si perturberebbe il sistema sociale manchevole dei giorni nostri, con le classi in lotta fra loro, e quindi si perpetuerebbe la discordia civile.

    "C'est done le premier vice que doit éviter la politique harmonienne; elle s'en garantit par un systeme d'éducation qui est un pour toute la phalange et pour tout le globe et qui établit partout l'unité de bon ton".

    Regola generale del falansterio doveva essere il lavoro attraente; il povero ed il ricco vi si dovevano trovare accomunati e perciò dovevano essere egualmente preparati a far parte di quella "seule famille bien unie" cui non può convenire che "un de ses membres soit dépourvu de l'éducation qu'ont reçu les autres".

    Dato questo concetto unitario dell'educazione, il Fourier non può lasciare tale opera così importante all'arbitrio slegato dei genitori, e così i figli, secondo la sua teoria, sono sottratti dall'età di 3 anni alle cure educative della famiglia ed affidati invece, a spese della società, da prima alle tribù dei bambini, e poi successivamente a quella dei cherubini, serafini, ecc. ecc.

    Il Babeuf era stato più... spartano del Fourier nel ritenere i fanciulli come appartenenti più alla comunità che alla famiglia, e perciò aveva proclamato che in una società ordinata, l'educazione paterna non poteva essere ammessa, giacché "la patrie s'empare de l'individu à sa naissance et ne le quitte qu'à la mort".

    Né meno reciso fu Robert Ovven nell'affermare questa necessità di un'educazione societaria dei fanciulli, che "dopo l'età di 3 anni debbono seguire i corsi scolastici, mangiare nei refettori, e dormire nei dormitori, conservando i genitori solo il permesso di vederli e di parlar loro durante i pasti o in ogni altro momento".





    Il Cabet fu invece meno comunista dei precedenti perché si accontentava di un insegnamento pubblico, senza che i fanciulli fossero tolti al loro ambiente familiare; mentre il Proudhon voleva che il diritto dell'educazione fosse riservato solo alla società che "choisit à sa guise" i professori più adatti, i quali tuttavia dovevano essere approvati dai padri di famiglia.

    Per questo diritto riservato ai padri, il Proudhon non era d'accordo con gli altri socialisti sulla gratuità dell'educazione, giacché, secondo lui, poteva esser gratuito solo ciò che non costava nulla e "l'instruction, de même que la nourriture, le vêtement etc. l'habitation doivent se payer" (De la capacitè politique, ecc., pagina 280).

    Questi riformatori son però tutti concordi, ahimè!, nell'ostilità all'insegnamento classico, contro cui pure dovrà poi dimostrare la sua diffidenza la Repubblica russa dei Soviets, e tutti vogliono una istruzione a base di pura scienza e di lavoro.

    La cultura umanistica destava le diffidenze di questi utilitaristi, sia perché non era immediatamente preparatrice a quel benessere sociale, che era il loro fine e sia perché era stata solo la cura e la soddisfazione di quella classe di oziosi e di potenti, contro cui si appuntavano le critiche ed i rimbrotti dei riformatori. Scopo della scuola era difatti per il Pecqueur (Des amélierations materielles p. 255) non quello di dare una cultura classica, ma quello di socializzare l'insegnamento del bene, del vero e dell'utile, "de l'utile surtout, qui est si peu controversable de sa nature", e che era, anche per il Babeuf, il Saint Simon ed il Fourier, il fine vero d'ogni insegnamento e d'ogni educazione. Quindi si voleva tanto istruzione sui processi economici, per sanare quella specie di "insanité du monde commercial", che il Pecqueur attribuiva al cattivo ordinamento scolastico, pel quale tutto s'insegnava tranne ciò che era più necessario sapere; quanto istruzione professionale, così perfetta, che per essa, nella Armonia del Fourier, "un bambin de quatre ans fût il fils d'un monarque sait gagner sa vie à plusieurs mêtiers... subordonner toutes ses actions aux convenances d'intèrêt général".

    Un complesso dunque di illusioni sociali e pedagogiche. Da un eccesso ottimista siamo passati nell'erroneo fatalismo postmarxista, ad un eccesso opposto, per cui l'educazione fu quasi del tutto dimenticata.