HELFFERICH

BERLINO, aprile.

    Dinanzi alla morte tragica di Carlo Helfferich tace necessariamente ogni mala fede dell'osservatore e il giudizio acquista una naturale serenità. Volontieri gli si attesta non solo la buona volontà - questa infine si riconosce anche nel più provinciale dei parlamentari - ma anche una grande intelligenza e una solida base di cultura. Quando però il Lokal Anzeiger parla a proposito della sua morte di una vera sconfitta tedesca, di qualche cosa come un altro Versailles, si tratta di un lirismo che ha una tromba esagerata e perfino ridicola.

    In fondo Helfferich era un isterico. Lo vedo ancora al Reichstag seduto in una delle prime file della Destra, laborioso ascoltatore di molte tornate, sempre nervosissimo; batteva ogni momento sulla tavola rispondendo con voce stretta e tagliente agli attacchi della sinistra di cui egli era il bersaglio prediletto. Questo isterismo, espressione della sua grande ambizione limitata e squilibrata, lo portava di ufficio in ufficio, da carica a carica. Ai suoi grandi talenti mancava la visione sintetica: cominciava tutto con un impeto brillante, e non concludeva mai niente. Multa non multum.

    Cominciò la sua carriera di professore di Università, sotto auspici eccellenti: il suo libro sulla moneta in cui polemizza felicemente sostenendo il carattere di merce della moneta contro la teoria della moneta come puro medio circolante del vecchio Knapp è uno dei testi fondamentali della scienza commerciale in Germania. Da quando egli lasciò la Cattedra per entrare al Ministero delle Colonie, stimato allora come una stanza liberale nel palazzo conservatore, per i suoi abitanti poco per bene, per lo più nemmeno utili - Helfferich non ha mai portato fortuna alla sua patria.

    Il dicastero delle colonie in quell'epoca era molto tormentato da una serie di scandali scoperti dal giovanissimo deputato Erzberger e si dice che l'odio mortale fra i due statisti sia nato di qui.





    In seguito Helfferich abbandonò l'ufficio ministeriale per passare alla direzione della Deutsche Bank ove presiedette agli affari orientali e lavorò per il famoso espansionismo verso il piano ferroviario a Bagdad, uno degli elementi più efficaci se anche più nascosti che prepararono la guerra.

    Durante la guerra ebbe il posto di ministro delle Finanze, salutato dall'opinione pubblica come una creatura liberale e una promessa della parlamentarizzazione del regime. Non c'è dubbio che in quel tempo era ancora fedele alle convinzioni della sua giovinezza quando aveva scritto un dramma su Ulrico Uttn gran ribelle e precursore della rivoluzione protestante.

    La sua politica finanziaria però era spaventosa. Finanziava la guerra esclusivamente con prestiti interni che venivano a pesare sui piccoli proprietari per le conversioni delle banche e dell'alta industria che cambiava sempre i titoli vecchi alle nuove emissioni. Non introduceva nuove imposte dichiarando che l'onere di questa guerra doveva essere sopportato dai nemici. Dai suoi continui rifiuti di seguire il buon esempio della Inghilterra e di tassare almeno i più grandi guadagni di guerra risulta per buona parte la miseria finanziaria della Germania di oggi. Quando le difficoltà di questa politica che preparava la inflazione mortale del dopo-guerra cominciavano a farsi sentire Helfferich abbandonò le finanze e diventò ministro degli interni salutato anche qui si capisce con grandi accoglienze. Sostenne nel primo tempo, in serietà, la politica liberaloide di Bethman Holweg il quale invano cercava di difendersi contro le scervellate decisioni dello Stato Maggiore. Fu contro il piano della guerra dei sottomarini della cui inopportunità e inefficacia voleva convincere i dirigenti militari e i suoi obbedienti statistici civili. Comprendendo però l'impossibilità di contrastarvi cambiò aria e ne diventò anch'egli fautore. E dichiarò al Reichstag: "la guerra dei sottomarini è il nostro ultimo atout. Se non si tira il popolo tedesco sarà perduto forse per secoli".





    Eppure al Ministero degli Interni fu una delusione: non realizzò nessun progresso verso una amplificazione dei diritti parlamentari. Invece stava benissimo accanto ai Comandanti di Corpi d'Armata nel mantenere lo stato d'assedio nella forma più rigida e crudele.

    Dopo la caduta di Bethman Holweg, non essendo diventato Cancelliere come aveva desiderato, rimase qualche tempo in riposo per andare poi a Mosca, successore del conte di Mirbach primo Ambasciatore della Germania alla repubblica dei Soviet, assassinato da alcuni socialisti-rivoluzionari proprio nello stesso palazzo che ora serve all'Ambasciata italiana.

    Però Helfferich che nella sua vita privata era un ammiratore della scintillante personalità di Radek da vicino non trovava né piacevole né sicuro il suolo della rossa capitale e si ritirò a Kief dove non si trovavano già uffici del Governo russo ma la protezione dei soldati tedeschi.

    Lasciata dopo qualche tempo anche la carica diplomatica Helfferich assunse il posto di commissario per la preparazione della smobilizzazione perché era naturalmente impossibile lasciare da parte "le qualità di questo eccezionale ingegno".

    Dopo la rivoluzione la sua carriera politica parve finita. Non appartenne all'assemblea nazionale, anzi il Parlamento lo chiamò dinanzi a una commissione di istruttoria per la futura Alta Corte di Stato contro i colpevoli della sconfitta. Doveva presentarsi alla Commissione anche Hindenburg a cui si rendevano tutti gli omaggi convenienti a un maresciallo ed a cui Helfferich dava un'ospitalità politica. Così avvenne che nella Repubblica tedesca davanti al portone della casa nel Tiergarten (quartiere dell'alta finanza) dove abitavano i due indiziati facevano servizio due sentinelle d'onore dell'esercito repubblicano. Helfferich si mostrava più superbo di tutti gli altri accusati, rifiutò di rispondere alle domande di un membro della Commissione, deputato dell'estrema sinistra giungendo addirittura a chiamarlo alto traditore. Multato perciò di 300 marchi per rifiuto di testimonianza egli prese tre biglietti dal portafoglio e li buttò con gran gesto sul lavoro. Proprio così come aveva fatto quando era stato ministro delle finanze.





    Del resto la Commissione morì di una bella morte lenta e pacifica come le persone che sopravvivano alla propria gloria.

    La sua attività politica diventò sempre più demagogica e senza fondamento. Egli si fece portavoce dell'odio dell'ambiente capitalistico contro Ertzberger, iniziatore di un sistema di imposte meno piacevole degli anteriori, fece una caccia a sangue contro il vecchio nemico e creò così quell'atmosfera nella quale si preparava l'assassinio di Ertzberger; senza turbarsi di questi effetti scatenò una stessa persecuzione contro Rathenau, con lo stesso effetto. Appunto nella giornata precedente all'assassinio egli attaccò al Reichstag il ministro degli Esteri in una maniera veramente minacciosa e si ebbe l'impressione di una perfetta provocazione quando all'indomani uno studente gli portò un gran mazzo di fiori in omaggio al suo discorso mentre Rathenau non era più che un cadavere sanguinante.

    Non dimenticherò mai questi giorni febbrili. Il Governo spaventato dal destino del suo uomo migliore aveva subito annunziato lo stato d'assedio. Nel Reichstag c'era un'aria di trincea colpita da una bomba a gaz. Il nemico sta a destra - disse il cancelliere Wirth. V'era una gran curiosità: "Sarebbe venuto Helfferich al Reichstag?". Venne. Nervoso, inquieto come sempre. Io ho ancora nelle orecchie le grida "assassino, via, via" che lo salutavano. Ma Helfferich voleva perfino intervenire alla seduta funebre solennemente tenuta al Reichstag e desistette soltanto dopo le insistenze dei suoi amici politici.





    Queste proteste si ripetevano tutte le volte che egli faceva un discorso. Tuttavia egli rimase sempre in prima linea. Quando Cuno, divenuto cancelliere iniziò la sua disgraziata resistenza passiva, Helfferich fu tra i suoi consiglieri più influenti e fu sua la colpa principale della mancanza di provvedimenti finanziari nella Rhur. Non aveva niente studiato e tutto dimenticato. Propose più tardi un progetto di una nuova moneta basata sul prezzo del frumento la quale sarebbe stata esclusivamente in favore degli agricoltori, rivendicò la paternità del marco rendita (una questione più controversa dell'origine di Omero) e voleva assumere il posto di Presidente della Banca di Stato anche a prezzo di rinunciare per sempre a qualunque attività politica. Mentre si occupava della propaganda elettorale da lui condotta in modo puramente demagogico contro l'accettazione del memorandum dei periti la morte fermò questa carriera inquieta e inconcludente.

    E' finita una vita storicamente senza importanza. No, non è un altro Versailles. Però non è solamente la storia di una vita, è la storia di tutto un ceto sociale, di una intera classe tedesca che non vuol mettere le sue esperienze amministrative e nemmeno le sue qualità scientifiche a disposizione della odiata repubblica ma preferisce per egoismo e risentimento combattere contro una politica che certo dipende più dalla situazione internazionale che dai partiti repubblicani.

Procopio.