LE ELEZIONI IN FRANCIALa legge elettoraleLe elezioni francesi dell'11 maggio saranno fatte con un sistema che sembra chiamarsi proporzionale per mera ironia. È il sistema del'19, (le elezioni del Blocco nazionale) corretto con l'esclusione delle liste incomplete e delle candidature isolate. Sostanzialmente trattasi di uno scrutino di lista a base maggioritaria; in cui l'introduzione del panachage rende possibili sorprese variopinte e un'illusione di rappresentanza per le minoranze. Il panachage è l'istituzione caratteristica di un paese in cui accanto a forti passioni politiche, alimentate da uomini molto noti, mancano partiti solidi. In Francia si verifica questo paradosso: nella presentazione delle liste sono riconosciuti soltanto i partiti: escluse le candidature individuali e ciascuna lista deve avere tanti nomi quanti sono i deputati da eleggere. L'elettore poi resta libero di scegliere i suoi candidati prendendoli singolarmente fra tutte le liste che sono presentate nella sua circoscrizione. In paesi preparati alla politica il panachage è evidentemente un'aberrazione. Ma non si può negare che sia già un passo avanti rispetto allo scrutinio di lista puro e semplice, e corregga certe rigidità del sistema maggioritario. Nel sistema francese, fatto lo scrutinio, abbiamo in primo luogo gli eletti a maggioranza assoluta. Tutti i candidati che hanno raggiunto la metà più uno dei suffragi della lista risultano eletti. Se gli elettori della lista che ha raggiunto la metà più uno dei suffragi non hanno ricorso al panachage tutti i candidati di detta lista risultano eletti. Lo spirito della legge mira quindi espressamente a favorire i blocchi e consiglia in certo modo di non servirsi del panachage. Nella cura di sfuggire i più gravi pericoli la lotta è impostata come se esistesse un semplice sistema maggioritario. Siano in una circoscrizione 80.000 votanti e 4 deputati da eleggere. Una lista A votata da 41.000 elettori conquisa tutti i seggi e lascia senza rappresentanti gli altri 39.000 elettori che si siano divisi tra le altre liste o anche concentrati tutti in una lista B. Nel caso in cui, proclamati eletti i candidati che hanno avuto la metà più uno dei voti, non tutti i seggi siano stati assegnati, intervengono il quoziente e la media. Si ha il quoziente dividendo il numero dei votanti per il numero dei deputati da eleggere. Si ha la media di ciascuna lista sommando i voti ottenuti dai vari candidati della lista stessa e dividendo la somma per il numero dei deputati da eleggere. Ogni lista ha diritto a tanti deputati quante volte il quoziente è contenuto nella media. A uguaglianza di suffragi tra due candidati di una stessa lista risulta eletto il più vecchio. Se nelle medie delle varie liste sono contenuti più quozienti che non siano i seggi disponibili, i seggi si attribuiscono alla lista che ha la più forte media. Parimenti se i seggi disponibili fossero più numerosi che i quozienti, si assegnano i rimanenti alla lista che ha la più forte media. Occorre notare che i candidati di una lista eletti a maggioranza assoluta non diminuiscono il numero dei seggi spettanti alla lista per il giuoco del quoziente. La legge favorisce sempre contro le minoranze i blocchi dei più forti: nel caso detto i voti ottenuti dal candidato eletto a maggioranza non solo gli danno diritto ad un seggio, ma vanno anche ad aumentare la media della lista, che è quanto dire contano due volte. Ecco un esempio per spiegare il funzionamento della media e del quoziente. Deputati da eleggere: 5
In queste condizioni le opinioni, i partiti, gli uomini, le posizioni chiare e intransigenti non contano nulla, sono un pericolo da evitare e la corsa al salvataggio si riassume nella costituzione dei blocchi. La politica di PoincaréNaturalmente è Poincaré che oggi fa le eletorale esiste in Francia - naturalmente nella misura data in un paese di piccola borghesia aliena dalle soluzioni decisive e dai dibattiti più difficili - una lotta politica e se ne ha il senso nella attuale preparazione elettorale. Le alterne vicende di Clemenceau, di Millerand e di Briand, la varia politica di Poincaré provano che in paese esistono correnti precise di opinione pubblica anche se non si realizzano in partiti. Naturalmente oggi è Poincaré che fa le elezioni. Ma nel suo atteggiamento c'è piuttosto l'interprete che il tutore o l'addomesticatore. La sua politica non si riduce a demagogia, anzi si trova in lui un'effettiva abilità di manovra. Il suo patriottismo avvocatesco ne fa l'uomo della piccola borghesia retorica e vana, ma per la sua comunicazione con le correnti solide del paese non basterebbero i giuochi di prestigio; intervengono i numeri del diplomatico e del condottiero. Occorre spiegare la sua linea: come egli incominciasse nel gennaio 1922 quale rappresentante delle correnti di destra che avevano liquidato Briand, per trovarsi poi attraverso la Ruhr e le campagne antisocialiste, ad affrontare le elezioni del '24 con una posizione non troppo lontana da quella che egli combatteva due anni or sono. Pochi paesi si sono trovati dopo la guerra in un periodo di così intensa trasformazione come la Francia. Il patriottismo di sinistra di Clemenceau, adatto allo spirito nazionale prima di Versailles, era caratteristico e rappresentativo di un paese fondato sull'agiatezza e sull'abitudine al risparmio delle classi medie. Nazionalismo chiuso e gretto, tendenze conservatrici in politica interna. Clemenceau non capì che la guerra aveva mutato le basi economiche e sociali della Francia. Una politica di isolamento non era più possibile: non era più concesso contare sulle sole forze tradizionali e patriottiche dello spirito francese. Millerand andò al potere appunto col programma di dare al nazionalismo un'impostazione europea. E infatti accerchiare la Germania, contare sulle piccole Nazioni era già una politica: ma restava da risolvere il problema dei rapporti con la Germania e l'Inghilterra. Gli strati dominanti nell'economia francese prima della guerra erano i piccoli possidenti e commercianti. Col trattato di Versailles la Francia si apre la via a diventare la più grande potenza metallurgica d'Europa. Il 25 % della riserva di minerale di ferro conosciuto in tutto il mondo è francese. Con l'occupazione della Ruhr la Francia si impadronisce del carbone necessario per diminuire i costi della sua metallurgia. Ma con la Ruhr il problema è soltanto posto. La Francia deve aprirsi i mercati del mondo. Occorre venire a patti; inserire la propria attività tra la vita inglese e tedesca, trovare gli sbocchi. Questa non può più essere la politica nazionalista piccolo-borghese fatta di paura e d'odio per i boches. Appena incomincia per la Francia una vita moderna industriale il ritmo della sua politica si sposta a sinistra ed è necessario impegnare nella politica estera oltre a tutte le forte del capitalismo e della plutocrazia gli strati più umili della produzione. È toccato a Poincaré il compito di questa conversione. Nell'ultima crisi ministeriale egli ha scoperto la manovra, e si viene staccando a poco a poco da Millerand. Il vecchio ministero di Poincaré che affrontò l'occupazione della Ruhr era un ministero moderato di intesa repubblicana con prevalenza del centro destro che rappresenta l'industria pesante. Con questo ministero si poteva occupare la Ruhr; era difficile tentare le manovre successive. Nella nuova combinazione Poincaré mantiene a Destra gli uomini della Ruhr, Maginot e Le Troquer, ma arriva a sinistra sino a De Jouvenel della Società delle Nazioni e a Loucheur, Marsal, Vincent del blocco di sinistra. Accanto all'industria pesante intervengono le forze della banca e delle industrie di trasformazione (plutocrazia democratica: centro sinistra). È probabile che la nuova maggioranza si estenda dai repubblicani di sinistra ai socialisti di destra, da Thomson-Jonnart a Varenne-Blum con prevalenza di radicali poincaristi. Con questa manovra Poincaré impedisce la vittoria del blocco di sinistra o almeno riesce ad evitare che la vittoria si volga contro di lui. La politica estera nazionalista ha bisogno oggi di un volto democratico. È probabile che il condottiero della nuova fase sia ancora Poincaré, sia che debba formar lui il nuovo ministero, sia che l'avverarsi delle minacciate dimissioni di Millerand lo porti alla Presidenza della Repubblica. In tal caso, un ministero ispirato o formato da Briand, Barthou, Herriot, Painlevé, de Montzie, Blum, Loucheur è assai difficile che si affretti a sgombrare la Ruhr; esso avrà piuttosto buon giuoco a cercare amicizie democratiche all'estero e a spostare le discussioni sui debiti interalleati. Il piccolo-borghese Poincarè ha guarito per creare una situazione di imperialismo democratico. Il blocco delle sinistreUno degli elementi che determinarono la manovra di Poincaré è stata la formazione del cartello delle sinistre. Esso ha presentato candidati in un buon numero di circoscrizioni: solo i comunisti e pochi socialisti si sono rifiutati all'accordo. La legge elettorale metteva in serio pericolo i piccoli raggruppamenti omogenei e intransigenti. Dove le situazioni locali non si opponevano, radicali, socialisti-radicali, repubblicani socialisti, socialisti unificati e qua e là persino i social-comunisti di Frossard si sono accordati su un programma pacifista e democratico che parla di Società delle Nazioni, di imposta progressiva e di lotta contro i monopoli dei baroni dell'industria. Tutti i programmi specifici sono stati sacrificati a questa generica riaffermazione dei principi dell' '89 che indulge al malcontento delle classi medie per il caroviveri. Herriot parla contro i fornitori militari, fa della demagogia finanziaria, invoca lo sviluppo dell'istruzione per i bimbi poveri, protesta contro l'alta burocrazia e lo Stato Maggiore che continua a mantenere 45 ammiragli, coltiva il suo sogno di ottimismo: "Le 11mai, lorsqu une autre victoire aura été remportée, reprenant le vieil usage de la révolution, dans tous les villages nous planterons l'arbre de mai, l'arbre de la liberté". Ma non sembra che tutto ciò sia sufficiente per avere un programma democratico. Una riunione di forze eterogenee come il blocco delle sinistre potrebbe aver senso per un istante se tendesse a modificare la legge elettorale e a dare alla Francia, con la proporzionale, gli istituti del governo diretto. Invece non si tratta né di una democrazia più spregiudicata e ardita di quella di Poincaré, né di un programma rivoluzionario. Se il cartello delle Sinistre dovesse raccogliere la eredità del Blocco Nazionale è probabile che non recherebbe trasformazioni di sostanza. Non è detto che il problema della Ruhr sarebbe risolto con lo sgombro. Anche sul blocco di sinistra premono gli interessi plutocratici, Bauër, Horace Finaly, Jean Hennessy. Del resto è difficile che esso conquisti una vittoria clamorosa. Probabilmente entrerà nella nuova maggioranza compensato prudentemente da un forte numero di radicali poincaristi. Benché negli ultimi giorni della campagna elettorale la campagna del Quotidien, dell'Oeuvre e dell'Ere Nouvelle contro Poincarè, una volta quasi risparmiato, si sia venuta accentuando, il presidente finirà per servirsi delle sinistre. Non é detto che in Francia sia possibile una politica radicalmente diversa da quella seguita negli ultimi due anni. Intanto le nuove elezioni potranno diminuire la vecchia maggioranza parlamentare, ma sembra che si possa escludere che siano per segnare la sconfitta di Poincarè. L'Unione repubblicanaLa stessa confusione che regna nel Bloc de gauche si trova tra la vecchia maggioranza parlamentare che ha raccolto in gran parte l'eredità elettorale del Bloc National. Poincaré è stato verso la sua maggioranza assai riservato: non ha aiutato il blocco: ha fatto presentare candidati radicali amici dove gli era possibile. Ma la sua correttezza politica, non l'ha lasciato arrivare più in là e nel discorso del 25 aprile ha dato alla sua maggioranza la parola d'ordine aspettata. Nella sua politica interna Poincaré ha voluto rifarsi al vecchio programma moderato di Waldeck-Rousseau, che Herriot ha torto di voler gabellare per radico-socialista. La parola d'ordine di Poincaré è semplice "Union republicaine ed concorde nationale" "Restons prêts à dèmontrer par des faits que nous aimons passionnément la République et que si jamais elle était menacée dans ses institutions ou dans ses lois fondamentales, personne ne la défendrait plus résolument que nous, soit contre des tentatives monarchistes, soit contre des essais de dictature, soit contre des entreprises de désordre". Una formula patriarcale, ma con un istintivo spirito di tolleranza, se non di rispetto per la lotta politica: "pour que le gouvernement puisse gourverner avec toute l'autorité nécessaire, ce qu'il lui faut, ce n'est pas que ses adverasieres ne l'attaquent point: ils sont là pour l'attaquer; ce qn'il lui faut, c'est que ses amis le soutiennent et n'oublient pas, en lui accordant leur confiance, la viellie maxima du dtait français: Donter et retenir ne vant!". Ogni buon francese deve sentirsi lusingato da tali citazioni; ma dalla parte dell'Unione repubblicana sta pure il passivo dei malcontenti suscitati dalla politica di governo e delle antipatie che circondano M. Billiet "frêre quêteur de la congregation des Intérêrs Ecomiques" e fautore aperto delle candidature di unione repubblicana, con un programma di monopoli statali e di politica reazionaria. I sintomi delle difficoltà in cui si trova il Bloc National - così lo chiamano anche se non è ufficialmente riconostituito - si sono avuti da un lato nella singolare moderazione prevalsa nella politica elettorale più recente dei giornali seri come Le Temps e Le Journal des débats, dall'altro dei casi Peret, e Colrat-Tardieu. Raoul Peret, deputato di Vienne e De Nicola della Camera francese ha corso il pericolo per l'opposizione dei radico-socialisti di non trovare più un collegio sicuro ed ha offerto argomento ai giornali umoristici per una settimana rifiutando prima il collegio incerto di Vienne, e inducendosi a riaccettarlo solo dopo che le sollecitudini di Millerand e di Poincaré non erano state sufficienti per far offrire al Presidente della Camera del Bloc National un posto più sicuro. Nella circoscrizione Seine-et-Oise per resistere a Bouillon si è arrivati alla più inconcepibile delle alleanze tra due nemici giurati come Colrat, repubblicano democratico seguace di Poincaré, e Tardieu, repubblicano nazionale e critico clamoroso della politica ministeriale dopo Clemenceau. Da L. Daudet ai comunistiMa così stanno le cose in Francia: la politica al governo è assai più seria di quella dei partiti e aderisce agli strati più diffusi di opinione pubblica conservatrice. Anche i partiti estremi sono ridotti alla comune misura delle basi piccolo-borghesi e impostano i loro programmi sul problema del caroviveri. All'estrema destra, speculano sulla retorica patriottica dei consumatori: la lista de Réconciliation et d'action nationales (Action Française et Union Nationale revisioniste), i bonapartisti, l'Unione Nazionale. Daudet scaglia la sua retorica contro i gros intèrêts du commerce et de l'industrie, fa appello sfacciatamente alle classi medie: "Qui donc, à la Chambre du 16 novembre, a repoussé les impôts nouveaux - lesquels ne sont pour rien dans le relèvement actuel du frane - plaidé la cause de la classe moyenne, spoliée et écrasée, et a demandé le dégorgement des maisons de banque? Qui donc, si ce n'est l'unique député d'Action française élu à Paris le 16 novembre". Ecco tutto il programma reazionario dei realisti francesi! I comunisti, appellandosi alla III Internazionale e invocando il blocco di operai e contadini hanno almeno il merito di offrire una soluzione estrema, ma i loro ragionamenti continuano a fondarsi sulla vie chère e su un generico pacifismo. E queste soluzioni estreme sono così poco attuali in Francia che anche nelle prossime elezioni i loro fautori, se pur cresceranno di numero, otterranno difficilmente un successo. Moderati e radicali continueranno di fatto a dare il tono alla lotta politica francese nei prossimi anni: e sono assai vicini gli uni agli altri, di idee e di istinti. ***
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