CONTRIBUTI ALLA STORIA D'ITALIA

    Hanno stampato, a Napoli, (cav. Gennarelli, editore), le "Poesie motti e pensieri" del commendator Edoardo Scarpetta. Don Felice Sciosciamocca appare in questo suo volumetto nella sua luce completa di patriota partenopeo, di pensatore e di poeta. Al di là degli splendori oceanici di "Na mugliera scurnosa" a di "Tezillo n'zurato", salta fuori l'amico di Benedetto Croce, che lo chiama famigliarmente "Don Edoardo", anzi "caro Don Edoardo": i due illustri napoletani si espongono le proprie opinioni sul teatro dialettale, e don Edoardo si dichiara lieto di essere dell'avviso del suo "illustre ed affettuoso amico". Il cittadino Edoardo Scarpetta si presenta poi nella sua interezza: amantissimo della sua bella Napoli, devoto al suo re e alla monarchia legittima.

    La sua Napoli é conforme alle tradizioni più salde e autorevoli.

    "Popolo sempe altero e disperato,

    barcone cu cepolle e sorve appese,

    na canzone, nu muro suppuntato,

    na festa e nu miracolo ogni mese.

    Dint'a nu vascio sette figli e 'a mamma

    dormene nzieme - Napule si chiamma!"

    Il re - Scarpetta parla di Umberto I - il re é "lo Patre nuoste". Colui che ci dà da mangiare a tutti. È "figlio a Re Vittorio, lo patre de nuie tutte: Chillo che li pericoli sapea affrontà da forte. Chillo che steva a dicere: "O la vittoria o morte". Quando Umberto I visitava Napoli, "facea bella a vedé, che tutte là alluccavano: Evviva Umberto Re!". Infine, anche Don Edoardo "allocca" entusiasmato:

    "Viva lo Re, lo Principe,

    Evviva Margherita,

    Lo Cielo pozza darele

    Salute e longa vita.

    E mo cumpagne, auniteve

    Co mme, strellate forte:

    Viva, viva la Patria,

    E a li nemice: Morte!!

    Un napoletano di sentimenti così sanamente ortodossi, non poté non essere crispino devoto. Don Edoardo Scarpetta lo fu. Interessante la didascalia che egli premette ai suoi versi in onore di Francesco Crispi:





    "Avendo chiesto a donna Lina Crispi una fotografia di S. E. il consorte, la buona e indimenticabile Signora mi invitò a colazione nel suo villino a Via Amedeo. Alle frutta, per dimostrare a Lei e a S. E. la mia riconoscenza per l'affettuoso e cordiale pensiero, lessi a mo' di brindisi alcuni versi".

    Le ragioni per cui Don Edoardo Scarpetta è crispino convinto, sembrano le parafrasi dei discorsi dei candidati mussoliniani: né contengono minore copia di argomentazioni politiche, dei programmi odierni.

    "È Crispi il forte arbusto in tempi nato,

    Quando il sole d'Italia era poeta,

    Da molti e troppi inver fu circondato

    Ma niun lo raggiunse ad aurea meta!

    Ci fu l'olmo, fu il pino, ei quercia fu,

    L'aute superbe, fauze e niente cchiù!

    Al pari di Bismark, uomo di ferro

    L'han detto e han detto bene.

    Oh, chi più forte Carattere del suo?

    Ah, ben non erro,

    Nel dir che é fatto a vincere ogni sorte.

    A dar novella fede e forza nuova,

    Quanno l'auto sconocchia e non se mova!".

    Il capocomico napoletano é orgoglioso di avere un "uomo di ferro" per duce. Lo popolo che zompa, abballa e rire", di cui Scarpetta si proclama figlio, si compiace di essere retto da un "forte carattere", e sopratutto il paragone con Bismark lusinga tutti quanti.

    Ma Don Edoardo Scarpetta non é esclusivo nelle sue simpatie. Egli "fuie smammato a Napoli": e "ogne Napolitano non sa che sia malizia, va con lo core mmano". Perciò, immediatamente dopo la esaltazione di Don Ciccio Crispi, egli ci dà, nella edizione da lui curata, una poesia a Giovanni Bovio.

    Anche qui, la poesia prende argomento da un episodio della vita dell'eccellente Don Eduardo: perché per lui, più ancora che per Goethe, tutta la poesia fu autobiografica.

    Precede la spiegazione:

    "Il 18 marzo del 1900, recandomi a salutare Giovanni Bovio, quasi guarito della sua lunga e grave infermità, gli lessi alcuni versi, che egli mostrò di gradire assai".





    Ed ecco come il ventoso spettacoloso filosofo della democrazia italiana apparve agli ingenui e chiari occhi di Don Edoardo:

    "Me che te sto vicino e te rifletto...

    Mo che sta bella faccia sto guardanne...

    Io dico ch' 'o Signore, nce scummetto...

    Cu tticò ha fatto cumme fece tanno...

    D' 'o Paraviso n'angelo ha pigliato,

    E da là ncoppe nterra t'ha menato!

    E n'angelo si tu, che na guardata

    basta per darce pace e allegria,

    si n'ommo, na persona è torturata

    da gran miseria o da malinconia.

    Non chiagne cchiù, se calma, se cunzola,

    basta che tu le dice na parola!

    E' Napole che allucche - Tutte quante,

    pezziente, ricche, lazzere e signure,

    egge, 'o nemico tije 'o cchiù birbanie

    o vò o no nvò ha d'alluccà isso pure!

    Trattannese de gioja o de delore,

    nun camosce pulitica stu core!".

    L'ultimo verso riassume tutta la saggezza politica e sociale di Don Edoardo, del popolo napoletano, anzi del popolo italiano: "Nun conosce pulitica stu core!". Don Edoardo Scarpetta, con opportuni superficiali adattamenti, avrebbe potuto prendere benissimo il posto di De Nicola alla Camera, e tenerlo con quella soddisfazione di tutti, che coronò per due legislature, l'opera presidenziale dell'illustre uomo di Stato napoletano. "Nun canosce pulitica sin core!".

    Giovanni Bovio é il patriarca, é "n'angelo a' 'o Paradiso", Francesco Crispi è "l'uomo di ferro". Repubblica e monarchia non c'entrano, e neppure Africanismo o anti-africanismo. "Nun conosce pulitica stu core!". Tutti e due, Crispi e Bovio, in fondo, rientrano nella comune ideale famiglia napoletana: c'entrano, se vogliamo, come "cafoni", come nati fuori d'a 'belle Napule, ma insomma sono anch'essi figli de "lo Patre nuoste". Chillo mascolo, che ci dà da mangiare a tutti.

    Leggete, vi dico, le "Poesie, motti e pensieri" di Don Edoardo Scarpetta. È un poeta degnissimo della grande ora.

    A proposito. Avete notato che, nell'ultimo ritratto concesso all'ammirazione dei lettori della Illustrazione italiana, l'on. Mussolini, finalmente, ride?

    Ride, intendete?

    "E n'angelo sì tu, che na guardata

    basta pe' darce pace ed allegria...".

    Ma si: l'on. Mussolini insieme con Crispi e con Bovio. Ci può stare anche lui. Se Don Edoardo chiedesse una udienza a Palazzo Chigi, certo gli sarebbe concessa: e potrebbe chiudere il suo canzoniere degnissimamente.

G. A.