IL PROBLEMA DELLE RIPARAZIONIIl rapporto Dawes ha avuto la fortuna del tutto eccezionale di esser accolto con favore, o per lo meno senza gravi ostilità, da una parte e dall'altra del Reno. Dovremo dedurre da questo risultato inatteso che gli esperti hanno avuto questa volta la virtù quasi sovrumana di risolvere quella specie di quadratura del circolo che é il problema delle riparazioni? Indubbiamente a determinare quella impressione favorevole hanno contribuito molti elementi del tutto estranei al contenuto del rapporto. Ha influito favorevolmente su vinti e vincitori la partecipazione ed anzi la funzione direttiva assunta dagli Stati Uniti nell'inchiesta economica, poiché nel rinnovato interessamento della ricchissima repubblica nord americana al risanamento della economia europea si vede una promessa di quei larghissimi crediti alla Germania che sono il solo mezzo per avviare ad una rapida soluzione il problema delle riparazioni. Oltre a questo motivo comune ha forse influito più di ogni altra cosa sulla opinione pubblica germanica la proposta di una nuova moratoria e di un prestito immediato di 800 milioni di marchi-oro; mentre in Francia é stata accolta con favore la rinuncia della Commissione ad esprimere il proprio parere sulla cifra totale delle riparazioni e su tutto il lato politico e militare della questione. Ma indipendentemente da questi pregi estrinseci e da queste interpretazioni contradditorie, non vi ha dubbio che il programma tracciato dagli esperti contiene in sé alcuni elementi che giustificano il favore con cui é stato accolto. Questi pregi intrinseci io riterrei di doverli vedere non tanto in quello che il rapporto, almeno nelle sue conclusioni comunicate alla stampa, dichiara esplicitamente, quanto in ciò che esso lascia intravedere, talvolta anzi in contraddizione colle sue stesse parole: nel carattere cioè delle proposte per cui si viene effettivamente a fissare in una cifra ragionevole l'ammontare complessivo delle riparazioni, e si cerca il mezzo di rendere questa somma totalmente esigibile fin dal quinto anno dopo l'accettazione del progetto. Il rapporto - é vero - affaccia l'ipotesi che dal quinto anno in poi la Germania oltre ai 2500 milioni di marchi oro, considerati come normali, possa pagare annualmente anche un supplemento basato su di un indice di prosperità. Ma é ben difficile ammettere che uomini, i quali han rivelato in tutto il resto un così vivo senso della realtà, abbiano affacciato sul serio una proposta tanto utopistica, destinata a ritogliere per sempre ogni possibilità di risolvere lo spinosissimo problema delle riparazioni. Non solo infatti non si riesce a vedere quale potrebbe essere l'autorità imparziale la quale di anno in anno determinasse, con metodo rigorosamente od anche approssimativamente scientifico, l'indice di prosperità; ma - quel che é molto più grave - non si può assolutamente concepire un paese, il quale concentri tutti i suoi sforzi per aumentare la propria produzione e migliorare la propria situazione economica, sotto la minaccia che questo miglioramento serva ai pochi creditori per aumentare illimitatamente le loro pretese. Sembra perciò molto probabile che quella proposta sia stata affacciata soltanto per tacitare quella parte più intransigente dell'opinione pubblica francese che non ha mai voluto sentir parlare di una riduzione della somma globale delle riparazioni; ma che nell'affacciarla gli esperti siano stati mossi dalla speranza che, una volta superate con tale espediente le prime ostilità, la maggioranza degli stessi francesi finisca per convincersi che le sole proposte utili e pratiche son quelle che permettono di capitalizzare subito le annualità che la Commissione ha indicato come normali. Tutto il resto non é che utopia od ostinazione, destinate a mantenere all'infinito uno stato di guerra latente, rovinoso per la Francia non meno che per la Germania. Delle annualità normali, fissate, come s'è detto, dalla Commissione nella misura di 2500 marchi-oro, corrispondenti, al 5 per cento senza quota di ammortamento, ad un capitale di 50 miliardi, si potrà discutere se sia stato opportuno addossarne una metà soltanto al bilancio ordinario dello Stato, e l'altra metà per una parte (660 milioni) all'azienda ferroviaria, e per l'altra ad una imposta sui trasporti (290 milioni) e sulle industrie (300 milioni). Ma assai probabilmente quella distinzione è stata suggerita dalla necessità di provvedere alla raccolta immediata dei 40 o 50 miliardi di marchi oro con due prestiti distinti, da collocarsi l'uno all'interno e l'altro all'estero. Coi 1250 miliardi tratti annualmente dal bilancio ordinario dello Stato si dev'essere previsto di provvedere agli interessi di un prestito interno perpetuo di 25 miliardi; mentre i banchieri esteri potranno fornire i restanti 15 o 20 o 25 miliardi con un prestito ammortizzabile, soltanto a condizione che esso trovi una garanzia reale, rappresentata da una ipoteca sugli impianti ferroviari ed industriali o da un pegno sul reddito dei trasporti e sui profitti delle industrie. Intese in questo senso, cioè come fissazione definitiva del debito della Germania e come mezzo per ottenere, per la via di due grandi prestiti, il pagamento immediato dell'intera somma, le proposte della Commissione devono essere apparse accettabili a quella parte dell'opinione pubblica tedesca, la quale in buona fede riconosca la necessità di non sottrarsi totalmente all'obbligo delle riparazioni e di liberare il proprio paese da una situazione di incertezza e di minaccia continua, che finirà per mettere a repentaglio la sua stessa esistenza di Stato indipendente. La Germania, é stato giustamente osservato nella relazione, con la sua recente bancarotta si é quasi totalmente liberata del suo debito pubblico prebellico e del debito di guerra, per una somma che alla fine del 1918 non doveva valutarsi molto al disotto degli 80 miliardi di marchi-oro. Non é dunque per essa un peso eccessivo, quando sia superata la crisi presente e sia definitivamente stabilizzata la moneta, l'addossarsi il servizio di un nuovo prestito di soli 50 miliardi per pagare le riparazioni di guerra. È vero che la destinazione oggi richiesta sottrarrà completamente alla economia nazionale, i 25 miliardi che dovrebbero ricavarsi da un prestito interno e che ad essa dovranno pure sottrarsi i 1250 milioni destinati agli interessi ed all'ammortamento del prestito estero. Ma se si pensa che soltanto in questo ultimo periodo di precipizio del marco si é calcolato che siano investiti all'estero 8,5 miliardi di marchi-oro; se si considera la rapidità con cui si era moltiplicato il capitale in Germania nel periodo della sua massima floridezza industriale, e se ne deduce la probabilità che lo stesso processo si rinnovi quando all'industria ed al commercio tedesco siano assicurate le necessarie condizioni di sicurezza, di libertà e di tranquillità per l'avvenire; si concluderà che non sarà difficile per la Germania crearsi in breve tempo le contropartite di eredità verso l'estero, che equilibrino la bilancia dei suoi pagamenti. Per questo non é forse ottimismo eccessivo il ritenere che l'adesione ufficiale di massima della Germania al progetto Dawes possa essere stata in buona fede. Resta ora da vedere se gli Stati dell'Intesa, e la Francia in primissima linea, vogliano fare il passo decisivo verso la pace e la ricostruzione, accettando la limitazione delle riparazioni a 40-50 miliardi, facilitandone il pagamento immediato con la conseguente liberazione di tutto il territorio germanico dalla occupazione militare; o se invece esse vogliano attaccarsi alla disgraziata proposta del supplemento annuale secondo l'indice di prosperità, per tenere indefinitamente la Germania sotto la minaccia di nuove dichiarazioni d'inadempienza e di tutte le sanzioni conseguenti. Ma qui dalla finanza si ricade nella politica e non é di questa che io volevo parlare. GINO LUZZATTO.
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