IL DITTATORE"Voyez, disais-je à M. de Skaren, combien Napoléon était sûr de l'amour des peuples; jamais avec lui la liberté n'eût été possible". Il libriccino di Alphonse Séché che ci ha indotti a prender la penna non ci tratterrà molto. Appartiene al genere "improvvisazione editoriale", e noi diffidiamo degli scrittori che porgono libri di attualità nel momento favorevole al loro spaccio. Buttando sulla carta quattro ideucce generiche, dieci citazioni stravaganti, cinquanta riassunti di articoli da giornale, molti si sono creati una fama internazionale divertentissima, e passano per teorici di un movimento politico, di cui hanno semplicemente collezionate le espressioni transitorie e superficiali. Quanto all'opera polemica, edificata per necessità pratiche in breve tempo, essa ci appare irrimediabilmente tendenziosa ed effimera: nondimeno, il suo valore é in diretto rapporto con l'ingegno di chi la compone. Ora, Alphonse Séché é un poligrafo di second'ordine. Le dictateur é un volumetto piacevole e spassoso. Cinque capitoli: "Delle crisi" - "L'uomo delle crisi" - "Il dittatore é l'uomo della democrazia" - "Lui" - "Andiamo verso un potere personale". Molti capiversi, spazi, e l'interlineatura costante. Centosettantasette pagine; cinque franchi e quaranta. A pagina 44 il signor Séché scopre (e te lo fa stampare in maiuscoletto) che "Il dittatore é l'uomo delle crisi sociali e politiche" e a questa conclusione giunge dopo aver tratteggiato le suddivisioni delle crisi e dopo di aver definite le medesime. A pagina 61 ammiriamo l'elenco seguente: "Solone, Pisistrato, Aristide, Temistocle, Pericle, Alessandro, Cincinnato, Mario, Silla, Augusto, de' Medici, Luigi XI, Richelieu, Luigi XIV, Pietro il grande, Bonaparte, Pitt, Bismark e Mussolini". Come compiutezza storica non c'è male. A pagina 67 una noticina contiene questa frase: "Non fu Macchiavelli un dittatore in camera? Del dittatore aveva l'ambizione e l'astuzia; il coraggio e il carattere gli facevan difetto". (Queste cose il signor Séché deve sognarle di notte). A pagina 69 leggiamo: "Il dittatore rappresenta veramente l'energia, il dinamismo vitale del suo popolo". Mario Carli o il signor Settimelli vedano ancora, prima di rallegrarsi, il seguito a pag. 132 ("Il potere del dittatore si alimenta a due sorgenti: la sua volontà di potenza personale e la volontà di potenza della collettività: l'imperialismo nazionale"). Qui i Medici possono protestare, ma i direttori dell'impero applaudono, tanto più che il buon Séché rincalza (p. 141) "Il dittatore é un esemplare superiore della razza, in cui questa si contempla". (Napoleone, infatti, era di purissima razza francese!). Dice Séché, volgendosi ad applicare al proprio paese le scoperte teoriche che il suo acuto ingegno e la sua profonda e soda cultura hanno codificato: "I giovani repubblicani hanno un'altra mentalità". Si, sono dei nazionalisti. Anzi dei reazionari. Ed infatti vien fuori, all'epilogo, il turibolo per Maurras e l'esaltazione della disciplina, l'apologia del "chef". E c'erano degli ingenui che credevano agl'insegnamenti della guerra! ***
Non ho potuto sbrigare su due piedi il libriccino di Alphonse Séché, e prima di riporlo voglio segnalarlo come esempio significativo della tremenda perturbazione che esiste tuttora nel campo dell'intelligenza. Il caso del signor Séché non é isolato, e per questo merita attenzione. Gustave Le Bon, che non é poi l'ultimo venuto, si é messo sulla stessa linea del Séché ed altri ancora, all'estero, si perdono in vane generalizzazioni politiche, prendendo delle ombre per corpi, e trattandole come cosa salda. Non sarà mai abbastanza deplorato l'avvelenamento della cultura compiuto presso tutte le Nazioni, anche non belligeranti, dalla guerra europea. Oggi la maggior parte delle opere di politica, di storia e di sociologia che cadono sotto i nostri occhi sono corrotte dal virus partigiano, inquinate dal bacillo dell'ambizione personale, dall'avidità del successo immediato e facile, della ricompensa tangibile. Il professore d'Università trova che é assai più facile scribacchiare un volumetto d'occasione, stampato a spese del partito, in laude dei partiti dominanti, falsando a loro vantaggio la storia e alterando la verità, che non lavorare a opere di erudizione. Se si continua così, i titoli degli insegnanti saranno, di qui a un ventennio, composti di brochures politiche. Intanto, le cattedre si. appaltano ai benemeriti del regime (qualunque esso sia, e ciò vale pel 1919 e pel 1922; gli uomini che ne approfittano sono sempre gli stessi). ***
Capiversi per non dir nulla: Scandalizzerei infinitamente il signor Séché e i suoi compari se sostenessi che non esiste "il dittatore", molla a sorpresa della democrazia, ma bensì esistono dei dittatori, diversi tra di loro, e non paragonabili. L'idea che Luigi XI appartenga alla stessa categoria di Silla o di Giulio Cesare può venir in mente solo a persone notevolmente digiune di ogni cognizione di storia, e che prendono sul serio le corbellerie declamatorie dei partigiani e assorbano la scienza dei propagandisti. Metter insieme Lorenzo de' Medici e Lenin é catalogazione da analfabeti. La teoria dell'uomo provvidenziale é eminentemente romantica. Sorse, dopo Napoleone nei cervelli esaltati dei poeti e si sviluppò per opera di quel gran visionario puritano che fu Carlyle. Per costui la storia dell'umanità si riassumeva in una dozzina di nomi. Oltre oceano il mistico e lattiginoso Emerson istituiva i "representative men", gli uomini rappresentativi. Il più curioso fu che chi sfruttò le loro malinconie fu un tirannello: Napoleone III. Prima di blaterare le loro trovate teoriche, Séché e i suoi compari dovrebbero esaminane diligentemente se le condizioni spirituali di un individuo mediocremente colto dell'epoca nostra sono tali da indurlo ad ammettere volontariamente, anzi ad invocare la dittatura, ed in secondo luogo quali effetti la dittatura medesima avrebbe sul movimento operaio e lo sviluppo capitalistico. Probabilmente essi dovrebbero finire per ammettere che "gl'immortali principi del 1789" sono oramai entrati nella coscienza di ogni uomo civile, e che pericolosissime ripercussioni proletarie corrisponderebbero alle misure di eccezione di un dittatore. Inoltre, in realtà non avremmo un dittatore, ma un gruppo di dittatori. La complessità dell'organizzazione statale moderna non consente l'accentramento assoluto, e rende dannosissimo quello relativo (altro che "culte de l'incompétence"!), dimodoché una nazione si troverebbe nelle mani non di un uomo, ma di cinquanta, di cento individui. Si facciano i conti. Meglio il regime parlamentare. Stendhal, di cui raccomando l'epigrafe che ho posto in capo a queste note, era un aristocratico a tendenze giacobine, cioè un individualista della specie migliore. Egli soleva esclamare: "Les deux Chambres et la liberté de la presse". È il più bel programma politico che conosca. A. Cj.
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