Inchiesta sull'industriaL'INDUSTRIA LANIERA A PRATOOriginiL'industria laniera toscana vanta nobili antenate: le antiche arti della Lana e di Calimala che parteciparono alla fortuna della repubblica fiorentina e con essa decaddero. Nel secolo XVIII furono vinte dagli avvenimenti politici e dalla concorrenza straniera né si rialzarono più; ma nei dintorni di Firenze, e precisamente a Prato e nella sua val di Bisenzio restava viva l'industria laniera casalinga antica quanto la città (1100) rendendo possibile la rinascita. Infatti il lavoro della lana é difficile e non può essere improvvisato, esigendo maestranze addestrate da lunghi anni di pratica: é questa una delle principali ragioni del localizzarsi di questa industria in ristrette e determinate regioni. Ai primi dello scorso secolo i Mazzoni e i Pacchiani (come i Sella nel Biellese) impiantarono a Prato nuove macchine iniziando così la moderna industria pratese; condizioni politiche e di ambiente ritardarono lo sviluppo avvenuto invece rapidamente in Piemonte e nel Veneto; i primi fabbricanti cessarono e avviarono ad altre imprese i figli. Altri dovettero ricominciare la difficile opera; le più antiche fabbriche tuttora esistenti risalgono al 1860; la maggior parte sono del periodo 1880-1890. Sviluppo e potenzialitàIn Prato esiste una sola importante tessitura di pettinati, fondata da una ditta straniera dopo la introduzione dei dazi protettivi del 1887, occupando circa 1300 operai; non ha nessun rapporto colla restante industria pratese che fabbrica esclusivamente cardati. I tessuti cardati pratesi sono fabbricati con cascami e lane meccaniche, ottenute colla sfilacciatura degli stracci; nel commercio degli stracci e nelle successive lavorazioni del filato e del tessuto sono impiegati non meno di diecimila operai. Le statistiche ufficiali del 1918 danno un numero inferiore perché tengono conto delle sole fabbriche organizzate dalle Associazioni sindacali. Caratteristiche PratesiL'industria laniera pratese é frazionata in circa duecento piccoli stabilimenti diretti personalmente dai proprietari; poche fabbriche hanno tutti i reparti; la maggior parte hanno la sola tessitura. Esistono poi Filature, Stracciature, Tintorie e Gualchiere che lavorano per conto delle tessiture; la Rifinizione viene fatta quasi tutta in un solo grande stabilimento per conto di terzi. Questo sistema di lavorazione per terzi (insieme al non grande costo della materia impiegata) ha facilitato e facilita il sorgere di un gran numero di piccole ditte impiantate coi capitali appena occorrenti per l'acquisto dei primi stracci e per la prima lavorazione. Dato l'assoluto predominio della piccola industria dovrei ripetere per Prato ciò che qui da altri già è stato egregiamente detto per il Biellese: e cioè che l'organizzazione é famigliare, che mancano grandi società anonime, che l'industriale si fida più della propria pratica che dei tecnici. Anche il fabbricante pratese é come il biellese più un fortunato e tenace operaio che un borghese legato a banchieri e finanzieri; anche i lanieri pratesi, industriali ed operai, sono male organizzati; le loro fabbriche hanno bisogno di un rinnovamento di materiale e di direzione, né per questa si mostra adatta la generazione che cresce. Rapporti con l'Estero e previsioniL'industria dei cardati é naturale ed esporta i suoi prodotti; non avrebbe quindi bisogno di protezione doganale; quella dei pettinati invece impiantata da breve tempo, importatrice delle materie prime e venditrice all'interno dovrà forse per alcuni anni essere protetta dalla produzione estera organizzata da antico tempo e già padrona dei mercati. L'argomento meriterebbe naturalmente un esame assai profondo. Il rinnovamento del materiale è molto ostacolato dal costo eccessivo del macchinario nuovo, fabbricato quasi esclusivamente all'estero e gravato da inauditi dazi protettivi; per esempio una "rameuse" (apparecchio per la rifinizione non fabbricato affatto in Italia) é gravata da quaranta lire oro per quintale, un telaio pure tedesco è gravato da ventotto lire oro al quintale! Tutto questo aumenta il costo di almeno il trenta per cento senza riuscire a far fabbricare macchine simili in Italia; infatti un telaio fabbricato qui viene venduto sempre a prezzo superiore al costo del telaio tedesco da dazio e da enorme spesa di trasporto. Per le previsioni non posso che associarmi al già scritto per il biellese; l'industria laniera ha capitali non grandi ma sufficienti, ha buone maestranze, dovrà rinnovare molti impianti, basta già al consumo interno ed ha per adesso buoni mercati esteri; ma il futuro é incerto. L'incertezza é data dalla crisi delle materie prime che scarseggiano e dalla formidabile concorrenza estera. Per la mancanza delle materie prime riporterò alcune cifre dagli ultimi bollettini dell'Associazione dell'industria laniera: nel 1902 gli ovini erano circa 700 per ogni mille abitanti dei principali paesi consumatori di lana; nel 1923 sono scesi a circa 550. La media degli stracci animali esportati dall'Italia ogni anno anteguerra era di circa mille quintali contro circa diecimila importati; nel 1923 gli stracci animali esportati dall'Italia sono stati trentatremilacinquecento quintali contro circa tredicimila importati! Tali cifre dimostrano l'enorme richiesta delle materie prime dell'industria laniera estera; la fuga di queste materie dall'Italia ha provocato un impressionante rialzo di prezzi con conseguente ripercussione sul mercato dei tessuti finiti, contrazione di consumo e incertissime prospettive per il futuro. La potenzialità dell'industria laniera può vedersi dalla statistica approssimativa seguente: l'Italia (con circa 65 mila operai) ha un milione di fusi e diciottomila telai; la Francia due milioni e mezzo di fusi e 60 mila telai; la Germania 5 milioni di fusi e 70 mila telai; l'Inghilterra 6 milioni e mezzo di fusi e 120 mila telai! L'industria laniera estera é organizzata in modo differente dal nostro: i veri reparti esistono come industrie specializzate a parte: lavatura delle lane, sfilacciatura, filatura, tessitura, tintoria, pettinatura, ecc. Bisognerà anche in Italia studiare se non convenga una migliore divisione del lavoro; migliorare il macchinario; incoraggiare l'insegnamento professionale già esistente; organizzare l'esportazione. Così l'industria laniera potrà avviarsi verso più sicuri destini divenendo una "grande industria" padrona del mercato interno e bene introdotta all'estero. F.
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