UN ESEMPIO INGLESEUna delle più curiose credenze medioevali era che le anatre selvatiche nascessero da una conchiglia. Essa era così diffusa e popolare che uno studioso del tempo faceva tacere i suoi dubbi, osservando che preferiva ingannarsi con tutti piuttosto che essere nel vero da solo contro l'universale. Ora, per quanto io non sappia molto di più intorno a tale credenza, questo mi sento di poter affermare con tutta sicurezza: che lo studioso in parola non doveva essere e non era certamente un inglese. Se fosse stato un inglese non avrebbe fatto tacere i suoi dubbi, ma sarebbe andato a gridarli forte in Cheapside a costo di farsi ardere come un eretico. Se fosse stato un inglese non si sarebbe preoccupato dell'opinione prevalente, ma si sarebbe, anzi, compiaciuto di essere e di sentirsi solo contro l'universale. L'impopolarità é lo stimolo più acuto e, direi quasi, il maggiore allettamento per un inglese. Egli ama la battaglia: più le resistenze da affrontare e da vincere sono tenaci e temibili e più egli ci si mette di gusto e di lena. Nella sua stessa educazione sportiva, che finisce poi per modellare le norme di tutta la sua vita, ciò che vi é di più bello, di più attraente, di più nobile per lui é un "up-hill figh", una lotta ardua, dal basso in alto, l'attacco e la conquista d'una posizione apparentemente inespugnabile. Questo acre piacere di lottare, sopratutto quando la lotta può sembrare disperata, si nota in tutti i campi, ma, particolarmente, nel campo politico. Le libertà inglesi non sono piovute dall'alto, come una manna, né sono state regalate al popolo come un'offa corruttrice da politicanti poco scrupolosi. Tutte queste libertà sono state il frutto di un lunghissimo travaglio, durato talora dei decenni e di battaglie costate enormi sacrifici di energie, di denari e di vite umane. Mai le prospettive agli inizi della lotta erano promettenti; quasi sempre i pionieri di questo o quel movimento potevano essere considerati degli illusi o dei pazzi; quasi sempre essi si trovavano, come quello studioso medioevale a proposito della credenza sulle anatre, di avere di contro una opinione ostile, compatta e universale. Ma ciò non li tratteneva dall'affrontare serenamente e decisamente il ridicolo, le minacce, le persecuzioni. Chi se ne vuole persuadere legga un po' attentamente la storia di tutte le conquiste fatte dal popolo inglese, da quella per il suffragio, alle altre per la libertà di riunione, di parola, di religione e di stampa. Ora, ben conoscendo la psicologia e la storia degli inglesi, io mi domando spesso che cosa succederebbe oggidì se in Inghilterra si verificasse una situazione analoga a quella che abbiamo noi in Italia. La risposta per me non é dubbia. Potrebbero avvenire e sono talora avvenute in Inghilterra molte cose: potrebbe formarsi la quasi unanimità dell'opinione pubblica intorno a una data questione: il paese potrebbe, in un dato momento, ardere di una sola fiammata: le minoranze potrebbero essere nell'errore e contro l'interesse generale: potrebbero essere combattute fino ad essere ridotte all'impotenza o essere guadagnate colla persuasione: potrebbero esse stesse ricredersi e convertirsi: insomma tutto potrebbe darsi, meno il caso di minoranze passive e rassegnate ad attendere un rovesciamento della situazione, alla quale non si sentono di consentire, da fattori estranei alla loro volontà e alla loro azione. Queste minoranze sono tipicamente italiane. Noi ci vantiamo di avere una saggezza che diciamo essere conseguenza della nostra geniale capacità di vedere cose e problemi nel loro complesso. Rifuggiamo dalle attitudini ritentali unilaterali, dalle intransigenze decisamente sentite e manifestate, dai cosidetti fanatismi anglosassoni. Ricorriamo a mille finzioni per nascondere o giustificare la nostra viltà politica, la debolezza della nostra fede, il nostro spirito di adattamento. Ora tutto ciò non sarebbe né possibile né concepibile in Inghilterra. Io ricordo due situazioni che psicologicamente si potrebbero avvicinare alla situazione nella quale viviamo noi in Italia. Nel 1900 passava su tutta l'Inghilterra una ventata reazionaria, alimentata dalle esaltazioni del patriottismo e del militarismo. Ci voleva veramente del coraggio a dire allora la propria opinione, se questa era in contrasto con quella della enorme maggioranza del paese. Pure non ci sono stati da parte della esigua e sparuta minoranza dissenziente né infingimenti, né esitazioni, né paure. Si legga la vita che di Sir William Harcourt ha scritto recentemente A. G. Gardiner. Uomini di stato eminenti non temevano di proclamare contro la piazza delirante quello che era il proprio pensiero. Sir William Harcourt, ex cancelliere dello scacchiere, trattava col più grande disprezzo le accuse che gli si facevano di pro-boero, di nemico e traditore della patria, ecc. ecc. Lloyd George, allora semplicemente deputato, affrontava i furori degli hooligans, parlando nei meetings contro la politica imperialista del Chamberlain e una volta in Birmingham, per evitare gravi disordini, dovette abbandonare il teatro, in cui aveva parlato travestito da policeman. Fra il 1900 e il 1902 il partito liberale e radicale era così disorganizzato e fiaccato dalla raffica reazionaria che se ne parlava come di un partito morto e sepolto, che non avrebbe contato più nulla nella vita politica del paese: i pochi che gli erano rimasti fedeli erano compassionati come uomini che nulla avevano compreso della nuova situazione, come gente sorpassata dagli eventi, come innocui oppositori sistematici ecc. ecc. La lotta fu dura e ingrata, ma i pochi che rimasero fedeli all'idea liberale, ebbero la compiacenza di vederne gradatamente la riscossa, che doveva poi culminare nel trionfo del gennaio 1906. Anche più significante é l'episodio di Mac Donald. Il neo-premier labourista perché nell'agosto del 1914 rifiutò un portafogli di ministro, parlò ai Comuni contro la guerra e sostenne la tesi della neutralità, cadde in tale discredito che la sua camera politica si diceva e si credeva dai più miseramente finita. Il manipolo che si strinse intorno a lui fu anche più esiguo e più debole di quello che nel 900 si era stretto intorno alla bandiera liberale. Il Mac Donald fu proscritto. Dovette abbandonare tutte le cariche che occupava. Fu cacciato dai clubs e da tutte le società di cui faceva parte. Tutte le porte delle case ch'era solito frequentare gli furono chiuse in faccia. I giornali lo boicottarono. Non si fece più il suo nome se non a titolo di disprezzo. E pure il Mac Donald non piegò, né trovò il modo di rientrare nella grande corrente della opinione pubblica con abili manovre, con sottili distinzioni, con accorgimenti girondini. Non pensò ad evolversi. Non si mostrò così miope da non vedere al di là di una situazione psicologica di eccezione. Tenne fermo. Si mise contro corrente e vi rimase. Lottò. Gli elettori di Leicester che lo avevano mandato alla Camera e gli erano rimasti costantemente fedeli fino dal 1906, lo abbandonarono nelle elezioni del 1919. Ma il Mac Donald non si disanimò. Persistette anzi e raddoppiò i suoi sforzi. Ora é salito al potere col suo partito. Sono esempi di carattere, di fede, di sincerità! In Italia, lo so, fanno sorridere. Ma i furbi, i cosidetti furbi, che si sono gettati nella corrente, più ancora che per viltà, per tornaconto, ci dovrebbero pensar su, e domandarsi se per avventura non avessero fatto male i loro calcoli! Vero é che in Inghilterra non solo si fanno ma, per giunta si scrivono cose incomprensibili per i furbi. Eccone una che trovo in una biografia di Mac Donald: "Se al male si vuol resistere efficacemente, bisogna resistervi quando la resistenza sembra inefficace". Però tutte le volte che io mi domando che cosa succederebbe in Inghilterra se vi si determinasse una situazione analoga a quella che abbiamo noi in Italia, di una maggioranza, cioè, apparentemente così forte e compatta da scoraggiare ogni resistenza, io penso a una magnifica lotta di idee tanto più ostinata e tenace quanto più vilipesa e combattuta: a una di quelle lotte che temprano uomini e partiti, elevando le virtù che sole possono veramente rigenerare la vita pubblica di un paese: la coerenza, la fede, la sincerità e il coraggio morale. MARIO BORSA.
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