RISPOSTA A BONOMI

    L'on. Bonomi risponde al nostro ultimo attacco con una lettera che vorrebbe sembrare documentata e definitiva.

    Chi avrà la pazienza di seguirci nella minuziosa dimostrazione che gli contrapponiamo dovrà riconoscere lealmente che le smentite di Bonomi non smentiscono niente. Anche Bonomi, se apprezza il metodo storico, converrà con noi della serenità dei nostri giudizi. Pacatezza per pacatezza vogliamo che sia lui a lodarci della nostra imparzialità.

    I. - Bonomi riconosce di aver creduto, sui primi del 1915, ad una guerra facile di pochi mesi; dunque la nostra affermazione non era né inconsistenteleggera. Inconsistente e leggera é la scusa dietro a cui si rifugia Bonomi per spiegare il suo errore: che cioè la maggior parte degli uomini politici erano di questo medesimo avviso. La verità é che la campagna neutralista contro la guerra poneva fra gli altri argomenti anche la previsione di una guerra lunga e difficile! E fra gli interventisti quanti non si illudevano e non volevano illudersi dicevano francamente che non bisognava sognare una impresi facile. Nell'Unità del 26 febbraio 1915 scriveva Gaetano Salvemini:

    "La guerra, a cui l'Italia é chiamata, non sarà, no, una passeggiata militare di libica memoria; non sarà neanche il "colpo di grazia", rapidissimo e facilissimo, mediante cui molti si illudono di riportare con poca spesa e con mediocre sforzo una vittoria decisiva. L'Italia dovrà fare, relativamente alle sue possibilità, uno sforzo non minore delle altre potenze, che si trovano nella prima linea del conflitto. Questo sforzo ci sarebbe imposto dall'Austria e dalla Germania, anche se noi ci illudessimo di poterci fermare comodamente dopo avere realizzate le nostre piccole rivendicazioncelle territoriali. La Germania, al primo sentore di un'azione dell'Italia, tenterà senza dubbio, come ha fatto per il teatro orientale e occidentale della guerra, di portare la guerra sul nostro territorio. Tenterà, quasi certamente, una rapida offensiva per la Val d'Adige (una di quelle offensive delle quali ha dimostrato di possedere la forza e il segreto), obbligandoci ad abbandonare la difesa di tutto il saliente del Veneto e del confine orientale. Probabilmente, occorrerà una parte delle forze italiane inviarla sul Reno e nella Dalmazia meridionale per aiutare lo sforzo franco-inglese contro la Germania, e lo sforzo balcanico contro l'Austria. E bisogna essere preparati anche a qualche rovescio e in tutti i casi a sacrifici lunghi e grandi.





    Queste previsioni é bene che sieno tenute presenti da tutti gli italiani. E male provvedono alla preparazione dello spirito pubblico coloro che cianciano di vittorie rapide e facili..."

    Bonomi intanto si illudeva e sognava. Questo é perfettamente nel suo stile di ottimista facilone; ma non é nello stile del politico e della persona seria.

    II. - Bonomi nega di aver detto nel 1918 che lo smembramento dell'Austria fosse un programma fantastico. Ma riconosce di aver affacciati due dubbi: che ci fosse in Austria un intenso e profondo movimento separatista e che fosse possibile convincere gli alleati i quali erano contrari allo smembramento. Ma che cosa significano questi dubbi se non reputare fantastico lo smembramento dell'Austria in quanto non sarebbe stato voluto né dai popoli dell'Austria né dai governi dell'Intesa? Dunque anche questa nostra affermazione non é né inconsistente né leggera.

    Bonomi crederà di salvarsi col dichiarare che egli non poteva essere profeta: ma sta di fatto che le persone politiche serie come Salvemini, Amemdola, Albertini, furono allora ed erano stati prima, su una questione così evidente, profeti. A pochi mesi dalla catastrofe austro-ungarica l'affermazione di Bonomi non poteva esserne più inopportuna. E ben giustamente notava Amendola nel Corriere della Sera del 20 febbraio 1918: "Al discorso di Bonomi non potranno mancare interpretazioni certo poco giovevoli al nostro paese".

    Infatti Bonomi manifestava questa incredulità sul possibile smembramento dell'Austria alla Camera e nei giornali, nel 1918, proprio mentre più viva era nel ministero Orlando la lotta fra Bissolati, che voleva fare adottare il programma anti-austriaco e Sonnino che non voleva saperne a nessun patto. Bonomi accorreva in aiuto di Sonnino e dava così alla stampa nazionalista un formidabile argomento per proclamare che Bissolati era senza seguito nel suo stesso partito.





    III. - Francamente poi ci stupisce la disinvoltura di Bonomi a dichiarare affermazione menzognera la nostra che nel gennaio 1919 egli abbia piantato Bissolati per andare con Sonnino nel ministero Orlando. E' vero o non é vero che Bissolati si dimise dal Ministero Orlando perché non era d'accordo con Sonnino sui problemi della pace? E' vero o non é vero Bonomi prese il posto di Bissolati nel ministero Orlando? Che cosa andò a fare Bonomi nel ministero Orlando al posto di Bissolati? Ci andò - spiega Bonomi - per non abbandonare le posizioni che i bissolatiani tenevano nel Ministero precedente. Ma questi bissolatiani che non abbandonarono le posizioni, che cosa fecero nel ministero del 1919? Sostennero le idee di politica estera di Bissolati, o lasciarono libera carriera alla politica estera di Sonnino? C'erano fra Bonomi e Bissolati "divergenze di apprezzamento". Precisamente. Bonomi era d'accordo con Sonnino e non con Bisssolati. E quando Orlando volle stroncare Bissolati e punirlo di avere lasciato il Ministero gli sostituì nel ministero, chi? proprio Bonomi; colui che passava come l'amico intimo di Bissolati. Così i giornali nazionalisti e sonniniani potevano sempre meglio proclamare che Bissolati non aveva nessun seguito neanche nel suo partito. Chi mente dunque? Noi, quando affermiamo che nel gennaio 1919 Bonomi piantò Bissolati per andare con Sonnino nel Ministero Orlando? Oppure Bomomi quando afferma che noi mentiamo?

    Bonomi, tenero per tutte le difese inconsistenti e leggere, volendo dimostrare di non aver mai piantato Bissolati ci fa sapere che le differenze di apprezzamento non alterarono i legami di affettuosa amicizia fra lui e Bissolati e ci ricorda che il trattato di Rapallo é opera non solo di Sforza, ma anche sua. Siccome Bissolati è morto noi non possiamo andargli a domandare fino a che grado del termometro sia rimasta affettuosa l'amicizia tra lui e Bonomi. Bissolati era uomo di carattere mite ed indulgente: fu questa la massima delle sue debolezze come uomo politico, ma chi gli parlò nel gennaio 1919 può bene attestare quale giudizio, pur nella sua bontà francescana, egli dava sulla condotta di Bonomi: ci sono su questo punto testimonianze inconfutabili, non smentite.





    Quanto al fatto che Bonomi abbia partecipato con Sforza al trattato di Rapallo, Bonomi non può crederci così scemi da avere dimenticato che lo stesso trattato di Rapallo fu sabotato precisamente dallo stesso Bonomi, presidente del Consiglio e dal marchese Della Torretta, ministro degli esteri, non appena Sforza lasciò il ministero degli esteri.

    Se vuole dimostrarci di essere uomo di carattere Bonomi deve allontanarsi più che sia possibile dal terreno dei suoi rapporti con Bissolati e da quello del trattato di Rapallo e della politica adriatica!

    IV. - Bonomi dichiara sciocca leggenda che egli abbia armato i fascisti fra il dicembre 1920 e l'aprile 1921. E ci racconta di avere sconfessato nell'ottobre del 1921 una circolare filofascista di un comando militare dell'Italia centrale. Anche qui Bonomi pretende da noi una scempiaggine esagerata. Chiunque sia vissuto nella Venezia Giulia, nell'Emilia, nella Toscana fra la fine del 1920 e primi del 1921, quando Bonomi era ministro della guerra con Giolitti, sa che i fasci furono allora organizzati in molti luoghi da ufficiali in congedo o in servizio attivo e che in tutte le spedizioni punitive i fascisti ricevevano apertamente dalle autorità militari le bombe, i fucili, gli elmetti, i camions, la benzina. Le autorità militari, che armavano i fascisti, agivano contro la volontà del Ministro della guerra o sapevano benissimo che gli facevano piacere? Bonomi, ministro della guerra, quali provvedimenti concreti prese mai per impedire l'azione fascista delle autorità militari? La circolare dell'ottobre 1920, di cui parla Bonomi non dimostra niente, finché Bonomi non ci faccia sapere quali provvedimenti concreti egli prese per farla rispettare.





    E di questa circolare ameremmo anche conoscere il testo per accertare fino a che punto era esplicita nell'imporre ai comandi militari la neutralità nelle lotte di partito; come pure ci piacerebbe conoscere quali provvedimenti disciplinari furono presi per quel subalterno che stillò e divulgò la circolare laudativa dei fasci del 20 ottobre. In attesa che Bonomi si decida a dare queste spiegazioni noi gli ricorderemo alcuni fatti della campagna elettorale del 1921.

    a) A proposito dei riformisti della circoscrizione di Cremona-Mantova - collegio di Bonomi - scriveva il Corriere della Sera del 13 aprile 1921: "I riformisti hanno con un ordine del giorno affermata piena solidarietà coi fascisti. L'ordine del giorno dice che poiché i socialisti unitari vanno riaccostandosi al riformismo per effetto della benefica (sic) reazione fascista i riformisti si dichiarano nella lotta elettorale uniti ai fascisti".

    b) Il Corriere della Sera del 20 aprile riportava quest'altra notizia da Mantova: "L'assemblea confermava alla unanimità la candidatura dell'on. prof. I. Bonomi ministro del Tesoro, proclamata ad iniziativa dei Fasci di combattimento". Nel '21 dunque Bonomi fu deputato fascista.

    c) La campagna del '21 fu nella circoscrizione Mantova-Cremona violentissima, inumana, sanguinosa. Bonomi aizzava la violenza fascista. Farinacci ha attestato, e Bonomi non ha osato smentire quanto segue: "Ricordiamo, fra i molti, un episodio che lo caratterizza e lo definisce. Eravamo una sera a Mantova, quando giunse la notizia delle violenze socialiste a Poggio Rusco; fu Bonomi - ministro scadente - che mise la automobile ministeriale a disposizione dei fascisti che nella notte stessa dovevano distruggere la cooperativa di quel paese! E nelle giornate meravigliose della lotta elettorale del 1921, lo vedemmo marciare sotto i nostri gagliardetti, e assistemmo ai suoi comizi ben protetto dalle balde nostre camicie nere. Coll'aiuto dei nostri voti riuscì capolista nella circoscrizione di Mantova-Cremona".





    E Bonomi confermava tutto questo suo passato fascista dichiarando alla Camera dei Deputati nel discorso del 6 dicembre 1921: "La società italiana, che non poteva riprendere la sua forza vitale intorno agli organi dello Stato, riprese invece animo e forza intorno ai fasci di combattimento".

    Dinanzi a questi fatti quale valore può avere mai la circolare dell'ottobre 1920? Che cosa ci obbietterà Bonomi se noi constatiamo che i fascisti furono organizzati dalle autorità militari; e Bonomi, ministro della guerra, lasciò fare, incoraggiò, lodò, fu il complice necessario e il responsabile principale?

    È evidente che la figura di Bonomi é quella del fascista mancato.

    In quanto alla polemica da lui ripresa resta dimostrato nella nostra replica: ai paragrafi I e II che egli non ha ingegno politico; ai paragrafi III e IV che non ha carattere.

    Ossia se ci fosse pericolo di veder succedere al regime fascista una combinazione di cui elemento importante risultasse Bonomi con le sue simpatie per lo Stato Maggiore e con la crescente ortodossia monarchica di ex sovversivo si passerebbe da uno stato di cose odioso a uno stato di cose spregevole.

    Noi che siamo antifascisti sul serio, ossia non difendiamo delle posizioni perdute e non piangiamo delle illusioni mancate, ma vogliamo opporre all'Italia mussoliniana la rivoluzione intransigente di un popolo deciso a conquistarsi con la libertà l'autogoverno, senza tutori non meno che senza tiranni, preferiamo ai cibi insipidi quelli aspri ed amari, dovessero anche essere i veleni di Midridate. Le nostre provocazioni al regime tendono a fargli assumere posizioni franche che susciteranno la rivolta della dignità contro i tentativi di corruzione. Invece con Bonomi saremmo ancora nel compromesso e nello stile dei falsi addomesticatori.

LA RIVOLUZIONE LIBERALE.