UOMINI E IDEE

Il giornalismo Gentile

    Comunicato ufficiale: "... altro decreto stabilirà le norme per gli esami di Stato, di abilitazione alla professione di giornalista nelle sue manifestazioni più elevate...".

    Ci voleva proprio un filosofo, forte d'aver fatto in giornalismo quella prova che... Emilio Cecchi seppe dire con magistralmente garbato severità, per avere anche questa bella pensata: la scuola dei giornalisti.

    Vorrei consigliare a Giovanni Gentile di rileggere certe pagine di Benedetto Croce, tanto più di lui uomo di mondo.. e perciò studiosamente filosofo: forse perché - osserverebbe, col buon senso del profano, Giolitti - non ha mai perduto "il senso del ridicolo". Bisogna proprio aver costruito e dedotto a tavolino l'idea platonica del giornalismo, per avere una trovata siffatta; e io mi domando se Gentile non ha mai letto, ma bene, da cima a fondo, nelle righe e tra le righe, un solo giornale, così da avere un'idea di quello che sia un giornale, come "si faccia" (un fare che è un farsi, dico bene?) un giornale. E non c'è da inorridire: il giornalismo ha i peccati delle sue virtù: un giornale sistematicamente rettificato a regola di filosofi sarebbe tale prodotto denicotinizzato che nessuno vorrebbe più saperne, malgrado la fascetta tricolore! Lo sa Croce, che, con la sua sapienza mondana e un tantino fatalista di filosofo napoletano, severamente sentenziò contro l'abito mentale-morale di leggierezza che dà la professione giornalistica (contrapponendogli - disgraziato! - l'abito d'ascetica austerità degli insegnanti: ma a sua scusa va detto che allora non si erano ancora viste le conversioni in massa al gentilesimo, che anzi era tenuto in dispregio: in quel tempo alla Minerva era piuttosto di moda il positivismo); ma Croce non s'è nemmeno sognato di volere rettificare, per via di concimazioni speciali o d'innesti alla Voronoff, le teste di cavolo del giornalismo in qualche orto modello. Giornalismo, giornalai e giornalisti sono quel che sono, perché... così va il mondo, cioè per un'infinità di ragioni che tutte le persone di buon senso conoscono, e non pretendono riformare con un decreto. Quel cosidetto "cinismo" dei sociologhi alla Pareto o degli economisti, gente abituata a considerar le cose come sono, Croce (forse per i suoi studi di storia e di economia) lo ha nel sangue. Ricordo una risposta che diede una volta De Viti De Marco ad uno che timidamente lamentava la mancanza di serietà e di rigidezza politica di troppi giornali.





    A codeste querimonie pedagogiche e moralistiche l'economista tagliò corto osservando freddamente: "E che cosa vuol pretendere dai giornali se il pubblico, comprandoli a quattro soldi, non paga quello che costano?".

    Forse il ministro Gentile crede davvero che il pubblico comperi i giornali per leggere gli articoli editoriali? Che mentalità da caffè Aragno o da circolo di lettura palermitano coi divani di velluto e le interminabili discussioni politiche! Giacché evidentemente la scuola (scuola superiore, signori miei!) di giornalismo, ideata dal ministro Gentile, non si occuperà che dell'ammaestramento di giornalisti politici. Vediamo già chi saranno gli illustrissimi docenti: il sen. Corradini e il sen. Rastignac, Pantaleoni e Coppola, Quilici e Scarfoglio, magari con Mario Carli e Nicola Pascazio, in formazione "fiancheggiante" di liberi docenti, con Umberto Notari oratore nei dì di festa, il tutto sotto lo scettro manganellaceo del comm. Mussolini Arnaldo, Rettore Magnifico per delega del fratello. E possiamo star certi che, se per assurda ipotesi si presentassero a dar gli esami, sarebbero bocciati per inettitudine manifesta i vari Missiroli e Salvatorelli, Ansaldo e Amendola, poveri autorelli dei giornalismo falso e bugiardo. Dies irae, dies illa...

    Ma perché poi una scuola superiore di nuovo conio? Per l'abilitazione all'esercizio del giornalismo d'alto bordo come lo vagheggia S. E. Gentile c'è già quello che occorre: la tessera del Partito Nazional Fascista e l'Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio: cresima e confessione.

L. EMERY.