IL PROBLEMA COSTITUZIONALEIl problema costituzionale resta ancora il massimo punto interrogativo del fascismo e di tutta la politica italiana. Negli ultimi mesi, vennero fatti alcuni passi verso la normalità e la legalità, ma fra stato di fatto e stato di diritto vi è sempre un notevole distacco. I pieni poteri sono finiti, la Camera che per un anno ha legiferato sotto la spada di Damocle della minaccia delle camicie nere, è sciolta ed il governo indice le elezioni per saggiare la volontà del paese. Con le elezioni, con l'appello al corpo elettorale il governo fascista scende da quel piedistallo di assolutismo che esso si era costruito. Non si può sapere quanto sia spontaneo questo ripiegamento del governo verso la normalità. Chi sa che non vi abbia contribuito l'azione della noiosa opposizione costituzionale. In ogni modo è sicuro che le elezioni significano una vittoria dello Stato Liberale. Tuttavia vi sono ancora due problemi sui quali si deve concentrare la attenzione dei liberali: la riforma costituzionale e la milizia nazionale. Sulla questione della riforma costituzionale il fascismo non fa che contraddirsi. Ora la riforma è smentita ed ora è riconfermata, mai si può sapere in che cosa consista. Fino ad ora non è noto che il progetto di Michele Bianchi. I deputati eletti dal corpo elettorale dovrebbero indicare al Sovrano l'uomo più adatto per reggere il governo. Questo, una volta formato, verrebbe investito per cinque anni, ossia fino alle prime elezioni, dei pieni poteri e sarebbe sottratto al controllo della Camera. Evidentemente data questa concezione, non si vede perché dovrebbe restare una dinastia e perché si dovrebbe conservare una Camera dei Deputati; sarebbe invece molto più semplice trasformare l'Italia in una specie di Repubblica assoluta a base plebiscitaria. Questo progetto è stato in parte rinnegato dallo stesso governo ed anzi per un certo tempo di riforma costituzionale non si parlò più. Ma recentemente Agostino Lanzillo, una delle Ninfe Egerie dell'on. Mussolini, in una conferenza tenuta a Torino ha riaccennato in termini imprecisi alla necessità di una riforma costituzionale. Dunque nelle coscienze fasciste non è affatto spenta l'intenzione di riformare lo Statuto e non é affatto improbabile che, superata la crisi delle elezioni e ottenuta una preordinata o predestinata maggioranza parlamentare, il governo proponga una qualche riforma costituzionale. E' ammesso che la costituzione sia costituzionalmente riformabile, ma questo è sempre un atto assai delicato nella vita dello Stato ed è necessario che ogni ritocco alla legge fondamentale dello Stato sia fatto di pieno e cordiale accordo fra i tre Istituti che costituiscono il potere legislativo. Ora non bisogna dimenticare che la futura Camera sarà formata con un sistema elettorale piuttosto originale e che, sopratutto, più che proposto è stato imposto alla vecchia Camera che lo ha dovuto approvare molto più per forza che per amore. Non voglio far la critica dell'attuale sistema elettorale. Esso dovrebbe avere la vantaggiosa conseguenza di formare alla Camera una omogenea e salda maggioranza che garantisse la stabilità del governo. Ma purtroppo il vero risultato è che i compromessi che una volta i diversi partiti dovevano fare fra di loro alla camera, per costituire la maggioranza ministeriale, si ripetono oggi nella compilazione dei "listoni". La nuova legge elettorale facilita la formazione di quei blocchi che, per quanto forse necessari, non hanno fatto buona prova nelle due ultime legislature. I listoni e i blocchi si formano per le elezioni e si sciolgono poi alla Camera determinando la massima confusione. D'altra parte è certo che i sistemi elettorali più logici sono o l'uninominale maggioritario, o il plurinominale proporzionale. L'attuale sistema è stato escogitato per garantire la maggioranza all'attuale governo e, se il vento politico muterà, il primo a voler ritornare ad una delle due forme fondamentali di sistema elettorale, sarà lo stesso governo fascista. La XXVII sarà dunque una legislatura eccezionale il cui scopo principale dovrebbe essere quello di ricondurre la calma nella coscienza del paese col dar sfogo all'ambizione e all'inesperienza del fascismo. Per questo, per la sua stessa origine non del tutto normale la prossima legislatura mi sembra la meno adatta per osare una profonda modificazione del nostro Statuto. Ma veniamo alla sostanza della questione. Che cosa vuol fare il governo fascista? Innanzi tutto sarebbe bello che l'on. Mussolini si spiegasse con la massima chiarezza sulle sue intenzioni, in ordine al problema costituzionale, prima delle elezioni. Così la lotta elettorale potrebbe impostarsi su una questione capitale con chiarezza e sincerità. Invece, per quanto riguarda questo argomento, siamo sempre nel pieno alto mare della contraddizione. Nella relazione del governo al Sovrano per lo scioglimento della Camera (25 gennaio) si leggono queste moderate per quanto vaghe parole: "La concezione dello Stato da parte del Fascismo, quale si è rivelata nelle sue idee e nei suoi atti, capace di comprendere in un fascio materiale e morale tutte le forze operanti della nazione, non ha bisogno di vulnerare nessuno dei postulati fondamentali della costituzione, la quale accompagnando la storia dei successi dell'Italia risorta a unità, si presta a tutte le evoluzioni, vi spiega che uomini ed eventi hanno potuto perfezionarla e adattarla alle nuove storiche necessità". Ottimo discorso, ma tutto sta ad intendersi quali siano "le nuove necessità storiche" a cui dovrebbe "adattarsi" la costituzione. Probabilmente, secondo il governo, la prima "necessità" dovrebbe essere quella di accettare del tutto il "nuovo tipo di civiltà" rappresentata dal fascismo. Che questa nuova civiltà ci sia ciascun lo dice, che cosa sia nessun lo sa. Quanto alla concezione che il fondatore di questa nuova civiltà, l'on. Mussolini, ha del diritto costituzionale, se ne può aver recente notizie dal grande discorso che il Presidente del Consiglio tenne a Roma il 28 gennaio. Fra le molte altre cose, riguardo alla opportunità dello scioglimento della Camera, egli dice: "Era pertanto urgente, a mio avviso, di buttar fuori dalla comoda trincea di Montecitorio tutti quelli che vi si erano annidati. In secondo luogo dovevo dimostrare, e il fascismo doveva dimostrare, che non temeva di rivolgersi direttamente al paese per avere una attestazione consensuale, quantunque la forza di cui gode il fascismo, sia di per sé stessa una espressione inequivocabile di consenso". Dunque forza = consenso. Questa identificazione di contrari, sarà un altro dei profondi veri scoperti della nuova logica idealista interpretata dal fascismo, ma non può certo essere accettata dal vecchio e superato liberalismo. Del resto l'on. Mussolini ha esposto con tutta franchezza la sua teoria sulla forza e sul consenso e i supremi principi della sua concezione costituzionale, nel famoso articolo intestato appunto "Forza e Consenso" apparso nel marzo dell'anno passato nella rivista "Gerarchia". A seconda delle circostanze politiche, egli muta il tono della voce, ma la sostanza del suo pensiero resta sempre la stessa. Ecco le sue chiare parole: "Ma insomma, in che cosa consiste questo liberalismo per il quale più o meno obliquamente si infiammano - oggi - tutti i nemici del fascismo? Liberalismo significa suffragio universale e generi affini? Significa tenere aperta in permanenza la Carnera, perché offra l'indecente spettacolo che aveva sollevato la nausea generale? Significa in nome della libertà lasciare ai pochi la libertà di uccidere la libertà di tutti? Significa fare largo a coloro che dichiarano la loro ostilità allo Stato e lavorano attivamente per demolirlo? E' questo il liberalismo? Ebbene, se questo è il liberalismo, esso è una teoria e una pratica di abbiezione e di rovina. La libertà non è un fine; è un mezzo. Come mezzo deve essere controllato e dominato. Qui cade il discorso della "forza". I signori liberali sono pregati di dirmi se mai nella storia vi fu governo che si basasse esclusivamente sul consenso dei popoli e rinunciasse a qualsiasi impiego della forza. Un governo siffatto non c'è mai stato, non ci sarà mai. Il consenso è mutevole come la formazione della sabbia in riva del mare. Non ci può essere sempre. Né mai può essere totale. Nessun governo è mai esistito che abbia reso felici tutti i suoi governati. Qualunque soluzione vi accada di dare a qualsiasi problema, voi - e foste anche partecipi della saggezza divina! - creerete inevitabilmente una categoria di malcontenti. Se finora non c'è arrivata la geometria, la politica meno ancora è riuscita a quadrare il circolo. Posto come assiomatico che qualsiasi provvedimento di governo, crea dei malcontenti, come eviterete che questo malcontento dilaghi e costituisca un pericolo per la solidità dello Stato? Lo eviterete colla forza. Coll'accantonare il massimo di forza. Coll'impiegare questa forza, inesorabilmente, quando si rende, necessario. Togliete ad un governo qualsiasi la forza - e si intende forza fisica, forza armata - e lasciategli soltanto i suoi immortali principi, e quel governo sarà alla mercé del primo gruppo organizzato e deciso ad abbatterlo. Ora il fascismo getta al macero queste teorie anti-vitali. Quando un gruppo o un partito è al potere, esso ha l'obbligo di fortificarvisi e di difendersi contro tutti". Ecco il vero e genuino pensiero dell'on. Mussolini, ecco l'autentica teoria di diritto costituzionale del fascismo: "Quando un gruppo o un partito è al potere, esso ha l'obbligo di fortificarvisi e di difendersi contro tutti". La scoperta che l'autorità politica non può basarsi sul solo consenso, ma deve anche poter ricorrere alla forza, non è certo originale. Il liberalismo non ha mai negato anzi ha sempre affermato che consenso e forza sono i due pilastri sui quali deve poggiare l'Autorità. Per esempio, secondo la concezione liberale dello Stato, questo avrebbe dovuto impedire anche con le mitragliatrici la marcia su Roma di alcuni suoi cittadini armati. Solamente, tutto il diritto costituzionale tende appunto a precisare sempre meglio quali debbano essere i limiti della "forza" e del "consenso" nei rapporti politici fra Stato e cittadini. Lo Statuto Italiano stabilisce in gran parte questi limiti; invece il fascismo li cancella identificando addirittura forza e consenso. E appunto in questa rozzezza del senso giuridico, consiste il lato anarchico del fascismo. Secondo il fascismo, gruppo o partito = governo, governo = Stato, dunque il partito al potere, ossia il fascismo, ha l'obbligo di fortificarvisi e di difendersi contro tutti. E' inutile ripetere che questa concezione è in perfetta antitesi con la costituzione dello Stato italiano il quale è monarchico, ossia del tutto superiore ed indipendente dai partiti, e liberale, ossia tende a regolare l'opposizione ai governi per consentire un regolare avvicendarsi dei partiti alla responsabilità del potere. Le situazioni politiche mutano e l'esperienza del governo è utile a tutti. In quindici mesi di governo e rassegnandosi alle elezioni, l'"èlite" fascista ha rinunziato a tre quarti delle sue velleità dittatoriali. Tuttavia è sempre possibile qualche mattana. Per questo, chiunque non abbia del tutto dimenticato che cosa significhi libertà civile, e politica, passeggi dentro o fuori del "listone", dovrà vigilare perché il fascismo, approfittando di una fittizia maggioranza parlamentare, non attui una riforma costituzionale che sposti a vantaggio della "forza" e a danno del "consenso" i limiti fissati dallo Statuto di Casa Savoia. NOVELLO PAPAFAVA.
POSTILLALa Rivoluzione Liberale è d'accordo col conservatore Papafava per un aspetto della questione: che la maturità di un popolo si può misurare anche dalla sua famigliarità con le questioni costituzionali, dall'esistenza di una tradizione costituzionale. Questa maturità manca assolutamente agli italiani. E Mussolini specula appunto su queste deficenze. Nessuna chiarezza ci si può attendere per il futuro, e l'opposizione tra Mussolini e Monarchia é un fantasma. Anche la monarchia ha capito il giuoco e lo seconda. Se con Giolitti avemmo la monarchia socialista, con Mussolini avremo la monarchia sovversiva. La cosa è consolante per gli italiani che trovano insieme secondati i loro gusti di letterati anarchici e irrequieti e le loro debolezze di servi in cerca di un tutore. Che il giuoco mussoliniano sia il giuoco del re risulta evidente anche dai funambulismi e dalle corruzioni eserciate nella preparazione del listone governativo: l'intervento del re per decidere Orlando non è certo un modello di buon gusto e di serietà politica. La critica dei conservatori onesti ci può aiutare col porre dei dilemmi e delle antinomie inesorabili. Ma per la chiarezza occorrerà rifarsi molto più indietro e mettere in discussione lo Statuto e la Monarchia. |