LA LIBERTÀ

Torino, 8-11-1924.

    Caro Gobetti, ho letto con grande interesse e diletto il magnifico "pamphlet" di Giovanni Ansaldo sull'ultimo numero della Rivoluzione Liberale; diletto giustificato da due ordini di ragioni: anzitutto perché Ansaldo é uno scrittore di grandi mezzi, un ironista finissimo ed un osservatore profondo e originale; in secondo luogo perché la pubblicazione del saggio ansaldiano mi prova ad usura come in questa Italia, dove ogni giorno si piange sulle pubbliche libertà distrutte, sul diritto di critica conculcato e sulla imposizione di svariati bavagli agli oppositori politici, regni viceversa tanta libertà da tollerare la stroncatura in pieno condotta da Ansaldo sul filo taglientissimo della sua ironia nei confronti del presidente del Consiglio, o dittatore come dite voialtri, messo sul medesimo piano in politica interna ed internazionale di un avventuriero cafone e prepotente.

    Il saggio di Ansaldo é, dicevo, uno dei più poderosi ed efficaci esempi di stroncatura politica. Ammiro chi lo ha scritto: lo ammirerei di più se avesse rinunciato ad alcune immagini falliche, di palese volgarità, uscitegli dalla fantasia nel calore polemico che toglie il controllo anche ai più equilibrati; e se avesse poggiato passaggi ed argomentazioni fondamentali sopra basi più solide che non siano i frequenti "mi si riferisce", "persona degna di fede mi assicura...",. "so da fonte ineccepibile...", mezzi dei quali si può servire la superficiale polemica giornalistica, ma che ad un saggio compatto e infuocato come quello di Ansaldo tolgono efficacia di persuasione ed inducono il legittimo sospetto di una disinvoltura a buon mercato.

    Ma tant'è, caro Gobetti, il modesto rilievo non disconosce alla prosa di Ansaldo la forza demolitrice ed il vigore che fanno corpo con la sua robustezza letteraria e la rendono degna di essere classificata tra i più caratteristici documenti dell'epoca.





    Il mio onesto riconoscimento non giunge tuttavia più in là: e d'altra parte non voglio entrare nel merito della polemica ansaldiana, che considero come una brillante esercitazione di un brillantissimo ingegno. La polemica mi interessa, caro Gobetti, per il tema della libertà.

    Come avrete il coraggio di ritornare domani alla carica contro i violatori di coscienze e i mortificatori di spirito che si annidano nei covi romani della reazione? Come giustificherete le vostre invocazioni generiche alla libertà, se in Italia ce n'è tanta da permettere invettive personali del genere di quelle che Ansaldo scaglia contro il capo del governo?

    La vostra commovente nostalgia degli allegri tempi nittiani vi ha fatto proprio scordare quel po' po' di restrizione alle pubbliche libertà instaurato dal basilisco con la censura preventiva sulla stampa in periodo elettorale, e poi con lo sciopero tipografico organizzato d'accordo con la Federazione del Libro, sciopero che soppresse di colpo e per tre mesi, tutti i giornali romani? O vi sono per voi due modi di considerare la libertà, a seconda degli eventi e degli uomini, se sia console Nitti o Mussolini?

    Del resto guardiamoci intorno, caro Gobetti, in questa Europa senza pace, per usare una definizione cara all'uomo politico del vostro cuore. Sapete che il governo socialdemocratico tedesco, quello medesimo che intervenne militarmente nella Sassonia comunista, ha soppresso da sei mesi l'organo comunista Rothe Fohne senza che nessuna Vestale sorgesse a gridare per la libertà di stampa conculcata? Sapete che il medesimo governo ha soppresso uno dei più diffusi giornali di sinistra della Germania, diretto dal noto democratico e pacifista Gerlach, solo per aver pubblicato un blando articolo di critica ai provvedimenti finanziari governativi? (Naturalmente i giornali della "variopinta" opposizione italiana si sono ben guardati dal diffondere queste notizie). E rinuncio a parlare di quel che é avvenuto ed avviene in Russia ed in altri paesi... La socialdemocratica Germania ci illumina in pieno sul concetto di libertà professato dalla socialdemocrazia.





    Or dunque, per concludere, io mi dichiaro pronto ad ammirare senza riserve tutti i "pamphlets", le esercitazioni ironiche e i saggi critici che la Rivoluzione Liberale andrà pubblicando perché cessino una volta le carnevalesche lamentazioni sul tema della libertà. Il "cafone" romagnolo contro il quale Ansaldo avventa i suoi strali fierissimi mi pare un uomo di spirito più di quanto voi non sospettiate. Il profilo ansaldiano potrebbe meritare tra pochi mesi qualche ritocco, qualche rettifica di tiro... In politica internazionale, per esempio, il "cafone" prepotente ha realizzato proprio oggi l'accordo con la Russia, uscendo vittorioso dall'agguato tesogli con tanta commovente solidarietà dall'internazionale massonica e socialdemocratica che ha puntato su Macdonald.

    E voialtri della Rivoluzione Liberale, che io ammiro per la vastità della coltura, l'originalità dell'ingegno e la costanza piemontese con la quale vi battete, continuate nelle vostre esortazioni estetico-politiche-letterarie, adesso che siamo in periodo elettorale, senza sofisticare troppo sul presente perché qualcuno non vi richiami al recente passato: le elezioni del 1919, per esempio, o magari quelle del periodo giolittiano (chiedetene a Salvemini...).

    E poiché io sono devoto alla libertà, lodo Mussolini che vi lascia vivere e sfogare. I vostri saggi di critica politica e di demolizione sono, in fondo, dei diletti solitari dei quali vi compiacete nella vostra cerchia limitata. Oggi, caro Gobetti, chiedo alla vostra amicizia il permesso di aggiungere il mio povero nome a quelli dei complimentatori di Ansaldo.

    Cordiali saluti.

LORENZO GIGLI.




POSTILLA

    All'amico Lorenzo Gigli, un liberale corrierino o socialdemocratico, risponderebbe così: "L'articolo di Ansaldo fu tollerato perché lo pubblicò la Rivoluzione Liberale, una rivista di critica diffusa in un pubblico di intellettuali. Per molto meno il Corriere della Sera fu minacciato di distruzione. Si possono far parlare le statistiche delle violenze tollerate e promosse in questi mesi: l'elenco che ne ha fatto Matteotti é assai eloquente. Lo Stato operaio fu sospeso, soppresso, ostacolato. Al Mondo si rispose con l'aggressione ad Amendola. In molte città non é permessa la rendita dei giornali socialisti e del Corriere della Sera. Si permette la conferenza Turati e la domenica dopo si bastona Gonzales. Le organizzazioni proletarie sono stroncate. Contro i non iscritti alle Corporazioni sindacali si pratica il boicottaggio. Non c'è dubbio che le restrizioni alla libertà in Italia sono più gravi che in Germania. Sopratutto si sono venute formando in Italia condizioni di isolamento, di difficoltà addirittura materiali ed economiche di vita per chi è dichiaratamente antifascista, sicché soltanto una minoranza intransigente può resistere, in questa terra malata di pauperismo e di cortigianeria".

    La nostra risposta é ancora più radicale. Lorenzo Gigli dimentica che l'opposizione al fascismo di Rivoluzione Liberale non ha mai sfruttato il tema della libertà. Noi ci siamo lamentati sin dal novembre 1922 perché Mussolini é troppo democratico, perché non tien fede alle idee e alle posizioni assunte, non conserva stile e dignità di uomo di Stato, perché non é neanche tiranno sul serio.

    La mancanza di libertà in Italia é soltanto un aspetto alla mancanza di dignità e di carattere e la colpa purtroppo ne risale più agli Italiani che a Mussolini. Lavorando a migliorare i costumi e a smascherare le lusinghe del bel tenebroso ci sembra di fare tutt'altro che delle esercitazioni letterarie. Lorenzo Gigli non ci parli di Nitti, che non é mai stato il nostro uomo politico, ché anzi a lui proponemmo e proporremo obbiezioni ben più serie di quelle avanzate dai fascisti.

    Più che la violenza ci ripugna in Mussolini l'istinto giolittiano di corrompere e di diseducare; e non sappiamo come il nostro amico mussoliniano riuscirà a classificare le basse astuzie del suo trasformismo, le pose gladiatorie, la speculazioni sui vizi più dolorosi degli Italiani: viltà, cortigianeria, retorica, pauperismo.