LOTTA DI CLASSE INDUSTRIALEUn mio sicuro informatore di quello che sta avvenendo nelle conventicole più o meno segrete dei gruppi industriali protetti e protezionisti mi ha comunicato la circolare N. 41, Prot. U. C. 6361. Oggetto: Sigla confederale, diramata ai propri Soci in data del 19 Dicembre 1923 dalla Lega Industriale-Federazione dell'Industria Piemontese. Con codesta circolare il Presidente della Lega Industriale, ing. G. Mazzini, ed il Segretario Generale, avv. U. Codogni, si propongono di inculcare nei Soci della Lega stessa la convenienza di usare sempre della sigla istituita dalla Confederazione Generale dell'Industria Italiana per essere applicata sugli atti, documenti, lettere, fatture, ecc. delle Ditte organizzate. Sino a questo punto non vi è nulla da dire. La Confederazione Generale dell'Industria Italiana, di cui è Segretario Generale l'on. Olivetti, e le Associazioni industriali che ne fanno parte, fra le quali la Lega Industriale di Torino, sono perfettamente nel loro diritto, quando si ingegnano di accreditare commercialmente e politicamente la loro organizzazione, raccomandando, ed eventualmente imponendo ai loro soci ed aderenti l'uso del distintivo sociale nelle loro transazioni all'interno ed all'estero, anche colla minaccia di espellere quei soci ed aderenti che per qualsiasi ragione non volessero acconciarsi a simile uso. Non essendo sino ad ora uscito il decreto, col quale si imponga a tutti gli industriali italiani, compreso il sottoscritto, di fare parte obbligatoriamente della Confederazione Generale dell'Industria Italiana, non vi è nulla d'illecito o di arbitrario nel fatto che il gruppo dirigente della maggiore organizzazione politica dell'industria italiana (leggi: industria metallurgica) esiga dai propri soci, sotto pena di decadenza, l'uso della sigla confederale, o qualunque altra cosa che non sia contraria alla libertà uguale di tutti i cittadini, sino a tanto che una tale libertà è ancora sancita nello Statuto e nel diritto civile italiano. Ma la cosa comincia a cambiare, quando nel seguito della circolare l'ing. Mazzini e l'avv. U. Codogni si palesano decisi e convinti paladini del principio della lotta di classe e stampano - essi che si dicono e forse si credono liberali tutti di un pezzo - dei periodi come questi due che riporto testualmente: "La potenzialità della classe industriale, per la cui valorizzazione la Confederazione dell'Industria ha svolto e va svolgendo un'opera diuturna ed efficacissima, é e deve essere il risultato di una assoluta cooperazione di sforzi, di sacrifici e di oneri da parte dei confederati per conseguire quei comuni vantaggi che debbono spettare a chi lavora e produce nell'interesse del Paese". "Da ciò la necessità di non ammettere che alcuno possa sottrarsi ai propri doveri verso la classe a cui appartiene e trarre indebito profitto dallo sforzo di coloro che sanno accettare l'indispensabile disciplina e gli oneri ad essa inerenti. Provate solo a cambiare in questi periodi la frase "classe industriale" in quella "classe operaia", e subito sentite l'appello sfrenato, socialista o bolscevico, alla guerra senza quartiere e senza compassione agli infami "crumiri" che si ribellano all'indispensabile disciplina della loro classe e cercano di trarne indebito profitto dallo sforzo di coloro che lottano per l'occupazione delle fabbriche e per sostituire al capitalismo borghese fondato (si dice!) sul principio di libertà politica ed economica la dittatura del "proletariato organizzato". Ma il paragone qui non si frema. Non è soltanto nel campo dei principii teorici che la lotta di classe propugnata dalla "Lega Industriale" di Torino é in perfetta identità con quella che forma il credo e la sostanza del socialismo che attende il suo trionfo non dalla persuasione, ma dalla violenza esercitata contro coloro che possono essere di un parere opposto. Anche il bando spietato contro i "crumiri" costretti ad arrendersi in modo umiliante oppure a morire di fame trova il suo preciso contrapposto in questo periodo di colore non affatto oscuro, che continuo a citare dalla circolare che é in mie mani: "L'istituzione della sigla confederale dovrà quindi portare all'applicazione letterale e rigida della disposizione contenuta nell'art. 4 del Regolamento per l'uso della sigla; cosicchè, mentre la Ditta industriale regolarmente organizzata deve mantenere e migliorare i proprii rapporti colle altre Ditte che per il contrassegno confederale risultino in regolare situazione, ben diverso atteggiamento potrà tenere verso quelle che non le risultino organizzate, specialmente dopo che sia rimasta inefficace ogni propaganda diretta ad indurre le Ditte stesse e regolarizzare la propria situazione." Quello che fa meraviglia è che l'ing. Mazzini, il quale ha firmato questa circolare che vorrebbe essere una vera e propria interdizione dall'acqua e dal fuoco - per parlare romanamente, come adesso è di moda - contro gli industriali che non si sono ancora adattati e non si adatteranno ad entrare nel grembo protetto e protettore della "Confederazione Generale dell'Industria Italiana... Metallurgica", sia lo stesso ing. Mazzini, deputato "liberale" per il collegio di Torino, e - credo sempre - Segretario del Gruppo parlamentare liberale di destra. Sino a quando l'on. Mazzini si limitava a difendere contro di me e contro l'amico Dottore Repaci la Tariffa doganale giolittiana del 1921, trovandovi una moderazione protezionista maggiore che nelle tariffe doganali straniere, sebbene non mi fosse possibile di trovare giusti i calcoli matematici dell'on. Mazzini, potevo sino ad un certo punto comprendere che si trattasse di un più o di un meno di liberalismo pratico adattabile ai tempi ed alle circostanze. E potevo anche comprendere che il mio amico prof. Alberto Giovannini, mettendo per il momento in sordina la sua "Libertà Economica", non si scandalizzasse troppo di intervenire, come Segretario politico del Partito Liberale Italiano, nelle adunanze, alle quali, fra i maggiori esponenti parlamentari del Partito stesso, assistevano gli on. Olivetti e Mazzini. Ma, dopo la circolare della "Lega Industriale" di Torino, e per quanto io abbia da tempo la ferma convinzione che la libertà non ha peggiori nemici di certi liberali italiani, sottometto al mio amico Giovannini in forma di alternativa questo caso di coscienza: o si dimette egli da Segretario politico del "Partito Liberale Italiano", o esige che la tessera del Partito stesso sia ritirata a quei deputati che la confondono colla... sigla confederale della Confederazione Generale dell'Industria Italiana. EDOARDO GIRETTI.
La nota del nostro amico Giretti è logica soltanto se si parte da premesse che a noi sembra siano da mettersi seriamente in discussione. E' probabile che l'on. Mazzini, liberale di destra e futuro candidato al listone mussoliniano, nulla abbia da rispondere se non a patto di contraddirsi. Ma non è venuta l'ora per i liberali di fare i conti con il concetto di lotta di classe? Rivoluzione Liberale è sorta appunto con l'idea che il liberalismo dovesse far suo il concetto di lotta di classe e finché un decreto governativo non impose a tutti gli industriali di inscriversi alla Confed. Gen. nulla c'è da obiettare agli industriali confederati che cerchino di valorizzare la propria organizzazione salvo il diritto dei dissidenti ad opporsi come singoli o coalizzandosi alla loro volta. Ci sembra che Luigi Einaudi con il suo libro su Le lotte del lavoro sia assai vicino a questa tesi. Sarebbe interessante che anche l'amico Giretti e altri liberali e liberisti si disponessero al loro esame di coscienza e ai loro conti con Marx o meglio addirittura con la civiltà capitalistica contemporanea che della lotta di classe ha fatto la pratica e la realtà di ogni giorno. Rivoluzione Liberale apre su questo argomento una inchiesta a cui l'amico Giretti dovrebbe per primo partecipare. Dedichiamo sin d'ora i risultati dell'inchiesta a Mussolini e a Rossoni, teorici della collaborazione sociale. |