LA VITA INTERNAZIONALE

I comunisti tedeschi

    La crisi tedesca è sopratutto una crisi economico-politica Si può studiare il ripresentarsi di vecchi conflitti ideali, il travaglio spirituale, la crisi dell'uomo tedesco; ma è evidente che l'origine e la base del sommovimento interno della Germania è nella caduta della sua unità economica e nella difficoltà di adattarsi agli sviluppi di una politica propria e caratteristica, capace di dominare la situazione e di risolverla secondo una certa direttiva.

    Bisogna anche ricordare che l'unità tedesca fu dovuta - più che ad una rivoluzione popolare animata da profondo sentimento nazionale - alla politica di Bismark, alla burocrazia prussiana, ad un gioco di contrasti diplomatici e dinastici tra Prussia, Baviera ed Austria, alla forza delle armi: il tutto dominato dalla vita industriale che si impose al vecchio ordinamento rurale e limitatamente commerciale dei vecchi stati della Germania. Non si dimentichi che lo Zollverein rappresenta il primo effettivo legame tra milioni di tedeschi e che nacque da esso la possibilità di quella poderosa opera di espansione industriale-finanziaria che portò alla guerra del 1914 e che dai risultati di essa fu colpita forse mortalmente. Gli sviluppi del movimento unitario-federale, la politica convergente degli Stati e del Reich, seguirono essenzialmente la linea indicata dalle esigenze economiche dell'organismo cresimato dallo Zollverein.

    La sconfitta militare interruppe lo svolgimento del programma tedesco, non solo, ma offrì alla Francia il modo di mutilare - forse degli organi più vitali - il corpo della Germania economica. La gravità dell'occupazione delle terre renane e westfaliane è nel fatto che con essa si può considerare raggiunto l'obbiettivo del nazionalismo francese: il disgregamento della Germania come unità economica. Appena caduta la forma monarchica del Reich i comunisti avevano tentato di imprimere alla Repubblica direttive proletarie.

    Un brevissimo periodo rivoluzionario si ebbe in Baviera, ma si trattava di movimento dovuto a ragioni troppo contingenti: il tentativo fallì, e dalla sua caduta si acutizzò l'odio controrivoluzionario della borghesia rurale che in Baviera è preponderante.





    Dalla rivoluzione costituzionale del novembre 1918 si iniziò un esperimento politico della socialdemocrazia. I comunisti rappresentavano allora forze troppo esigue per costringere il vecchio e tradizionale partito socialdemocratico a seguire la via battuta dalla Russia. Non che una rivoluzione in senso comunista non fosse possibile in quel momento: le premesse economiche, le condizioni oggettive, esistevano allora come esistono oggi; ma la psicologia del proletariato tedesco doveva necessariamente portarlo ad accettare il consiglio socialdemocratico di "conquistare sul terreno della democrazia, con uno sforzo lento e pacifico, col voto ed una legittima influenza sullo Stato, la socializzazione delle grandi imprese capitalistiche".

    Riassuntivamente l'opera politica della socialdemocrazia è indicata e giudicata dall'attuale situazione. Lo Stato è oggi spogliato di ogni effettivo potere. Con la caduta rovinosa del marco il Governo in effetto non percepisce più tasse. Gli uomini della socialdemocrazia, malgrado i loro programmi di graduale espropriazione, non accettarono mai di intaccare la proprietà. Intanto si é venuta verificando con rapidità spaventosa una netta divisione nelle classi, considerate come categorie economiche: da una parte i grandi magnati dell'industria e della finanza, i latifondisti; dall'altra il popolo ridotto a condizioni di miseria inaudita. Le classi medie polverizzate, compresse, spinte con ritmo accelerato alla proletarizzazione, anzi all'abbrutimento ed all'abiezione. In Germania il problema centrale della rivoluzione è rappresentato dalle "riparazioni". Per ben comprendere l'atteggiamento tenuto al riguardo dai comunisti bisogna ricordare che in Germania, a differenza dell'Italia e di quasi tutti gli altri paesi d'Europa, essi ebbero sempre una posizione di governo, nel senso che riconoscendo la possibilità di un tentativo rivoluzionario, essi si preoccupavano di mantenere sempre un atteggiamento suscettibile di larghi sviluppi e di possibilità politiche immediate. Così di fronte al problema delle riparazioni riconoscendone le origini nel conflitto che portò alla guerra, e vedendolo quindi come un problema di forza, essi non affermarono mai che un governo soviettista si sarebbe rifiutato di pagare le riparazioni in ogni caso: ciò avrebbe fatto avendo la possibilità di affrontarne le conseguenze, cioè una ripresa della guerra. Solo i nazionalisti colla loro polemica negativa assoluta posson raccogliere le simpatie di larghi strati popolari (poiché è evidente che l'unanimità dei tedeschi aspirerebbe a non pagare per nulla): ma la loro tattica è temeraria.





    I comunisti seguirebbero pressapoco la politica di tutti gli altri partiti nel confronto del pagamento delle riparazioni: ma credono potersi procurare i mezzi occorrenti con tutta una serie di radicali provvedimenti a partire dalle espropriazioni delle grandi ricchezze, dei latifondi, delle divise estere.

    Il movimento comunista europeo per le sue origini organizzative e sopratutto per la dottrina che incarna, è l'espressione delle tendenze politiche del proletariato industriale. La composizione sociale tedesca offre un terreno naturalmente favorevole all'estendersi dell'influenza comunista. In nessun paese il numero degli operai qualificati, e capaci d'amministrare con successo l'economia socialista, è così grande.

    Il fatto si è però che queste condizioni non rappresentano un vantaggio esclusivo del P. C., ma proprio anche della socialdemocrazia. L'influenza di quest'ultima sui ceti proletari è ancora grande, sebbene nel corso delle quinquennali esperienze del potere sia molto scemata. Per la Germania è caratteristico un fenomeno che può riuscire quasi incomprensibile in un ambiente come quello del movimento proletario italiano. Il Partito Comunista Tedesco è erede in linea immediata delle più sane tradizioni socialdemocratiche. Tra il programma della socialdemocrazia fino allo scoppio della guerra, e la linea informatrice di quello attuale del P. C. non c'è contraddizione. La socialdemocrazia vedeva il problema del potere come una conquista da effettuarsi con forze di partito in nome del proletariato; considerava il movimento sindacale come massa di manovra; sul terreno parlamentare era intransigente. In embrione c'era già la tattica degli attuali Partiti Comunisti. Il revisionismo di Bernstein non riuscì a modificare questi dati.

    Differenze sostanziali tra socialdemocrazia e partito comunista in Germania esistono tuttavia sul problema della tattica. L'esperimento politico della socialdemocrazia non ha dato nulla agli operai, anzi ha tolto loro la possibilità di esercitare un effettivo potere attraverso le forme e coi mezzi legali. Chi può credere sul serio, dopo che lo Stato si é ridotto a dover fare i voleri della plutocrazia dì Stinnes o a non veder più rispettata neanche formalmente la propria autorità; chi può ancora credere alla possibilità dell'esercizio di un potere politico in difesa degli interessi proletari attraverso alle forme costituzionali del Reich?





    L'importanza e l'incapacità dei socialdemocratici di attuare il loro programma di difesa operaia dai posti di governo, costituisce un formidabile argomento a favore delle tesi estreme, cui si aggiunge l'amara constatazione della potenza raggiunta dalle forme di organizzazione autonoma di potere datasi dall'alta borghesia, e che passa nella letteratura comunista col nome improprio di "fascismo".

    I reazionari "han fatto ciò che non han saputo fare i socialdemocratici. Essi hanno a poco a poco trasformato lo Stato democratico in Stato fascista. Ormai, solo la distruzione di questo meccanismo statale, per mezzo della lotta rivoluzionaria, aprirà le porte alla dittatura proletaria" (Tesi del Cons. Naz. del P. C.).

    La Germania è il paese d'Europa in cui il proletariato ha raggiunto il maggior livello di educazione industriale e politica. I comunisti contano, come abbiamo visto, su questa maturità; ma per il successo della rivoluzione c'è un altro fattore caratteristico ed essenziale che preoccupa grandemente ed influisce sulla tattica dei partiti proletari della Germania. Le ripercussioni economiche del disastro militare, l'egoismo della plutocrazia finanziaria e l'impotenza dello Stato democratico nel frenarne le conseguenze, hanno provocato quel rapidissimo processo di proletarizzazione dei ceti medi che costituisce uno dei fenomeni più importanti dello stato di malessere in cui la Germania economica oggi si trova. Il disagio, l'irrequietezza degli strati piccolo-borghesi, sospinti verso la miseria, ed agitantisi per conservare le proprie posizioni, si esprime con crisi e sussulti che rendono ancor più caotico il campo degli orientamenti politici.





    I comunisti cominciarono in modo serio a preoccuparsi del problema di avvicinarsi alla massa piccolo-borghese dopo l'occupazione francese della Ruhr, e la prima chiara manifestazione dell'orientamento deciso fu il discorso di Carlo Radek all'Esecutivo allargato dell'Internazionale Comunista (tenutasi a Mosca nel giugno u. s.) in memoria del giovane nazionalista Schlageter, fucilato dai francesi, per aver compiuto atti di sabotaggio nella zona occupata. Radek seppe tratteggiare magistralmente la psicologia di buona parte della gioventù piccolo borghese, spostata, nazionalista non per veduta politica; ma per naturale aspirazione al ritorno di quella situazione che permetteva loro una vita migliore, ignara delle speculazioni che la plutocrazia opera sulla sua generosità e sul suo sangue; ma sopratutto seppe dimostrare con grande efficacia che il dovere dei comunisti non è di combattere come nemici questi illusi, che lottano in buona fede, e disperatamente, veri "Pellegrini del nulla", ma di dimostrare loro l'errore di considerare il proletariato come plebaglia, la rivoluzione come rovina di tutti i valori morali. Tale linguaggio dovette riuscire ben nuovo a molti di coloro che all'ortodossia dell'intransigenza ultralassalliana sarebbero disposti a sacrificare ogni possibilità di successo politico; ma tutti furono costretti a prendere in considerazione la logica con cui Radek riuscì a identificare il problema tedesco con la causa del proletariato.

    Di fronte al falso nazionalismo speculatore dell'alta borghesia Radek chiede "alle masse onestamente patriottiche, le quali vogliono lottare contro l'invasione imperialista francese: - come intendete combattere, su chi volete appoggiarvi? La lotta contro l'Intesa è guerra, anche se fatta senza cannoni. E una guerra non si può fare, se all'interno v'è ribellione. Si può tenere una minoranza in iscacco; ma la maggioranza del popolo tedesco è composta di lavoratori; i quali debbono lottare contro la carestia e la miseria che la borghesia tedesca ha imposto loro. Se gli enti patriottici tedeschi non si decidono a far propria la causa della maggioranza della Nazione, per formare un solo fronte contro il capitale dell'Intesa e contro quello della Germania, la via seguita da Schlageter sarà stata una via che conduce nel nulla. Solo quando la causa tedesca diventi causa del popolo tedesco, solo allora essa conquisterà al popolo tedesco amici attivi. La situazione dei lavoratori intellettuali richiede questa unità, e soltanto vecchi pregiudizi ne impediscono la realizzazione. Noi crediamo che la grande maggioranza delle masse che hanno un sentimento nazionale non appartengano al campo del capitalismo, bensì a quello del lavoro. Noi vogliamo trovare, e troveremo, la via che ci congiunge a queste masse".





    I socialdemocratici finsero di non capire il valore del nuovo indirizzo del Partito comunista e parlarono di un'alleanza tattica tra quest'ultimo ed i Partiti nazionalisti. Ma Radek, polemizzando, precisò ancor meglio gli scopi che i comunisti si proponevano: "Il fascismo (termine impropriamente usato nella letteratura comunista per indicare ogni movimento di destra) raccoglie larghe masse della piccola borghesia proletarizzata. Se si vuole combatterlo, bisogna combatterlo politicamente; il che si può fare soltanto aprendo gli occhi alla piccola-borghesia che soffre sotto il giogo del capitale, mostrando ad esse che il capitale non è responsabile soltanto della loro miseria materiale, ma anche della miseria nazionale della Germania".

    L'opinione comune di gran parte delle masse, opinione in parte giustificata dai precedenti polemici, era che il P. C. fosse un partito putchista, per cui sarebbe stata minima l'influenza della propaganda diretta. Esso ricorse allora alla tattica di assumere sempre l'iniziativa in tutti i movimenti in difesa degli interessi più immediati e particolari degli operai, dei contadini, della piccola-borghesia; contando in tal modo di giungere ad una penetrazione e conquista graduale della massa "senza ostentare a quali finalità politiche la sua azione mirasse". Il fulmineo disgregamento della compagine economica, la brusca caduta di ogni equilibrio sociale, offrirono all'azione dei comunisti un ambiente favorevolissimo. E' inutile rilevare la differenza sostanziale che passa tra la tattica dei comunisti tedeschi ed il malinteso massimalismo, vizio organico del movimento proletario italiano e di vari altri paesi. Il P C. T. voleva "tenere le masse sempre in fermento", non come tattica permanente, o per il partito preso dell'opposizione, ma per servirsene ai fini di un programma concreto e di possibilità immediate.

    La forma più caratteristica in cui si espresse la tattica dei comunisti fu il movimento dei Consigli di fabbrica che venne a trasformare una fitta rete di istituti d'origine sindacale in strumenti di lotta contro la burocrazia inamovibile delle organizzazioni operaie e spesso in sovieti embrionali. I comunisti sono giunti a controllare i Consigli esistenti in oltre 2000 località della Germania, ivi comprese le maggiori città. Bisognerà vedere però se i comunisti sapranno al momento opportuno affrontare i rischi dell'esperimento rivoluzionario. I recenti avvenimenti di Sassonia consigliano al riguardo qualche riserva.





    La partecipazione dei comunisti al governo della Sassonia deve essere vista alla luce della tattica generale seguita dal P. C. Da tempo erano in corso trattative tra Partito socialdemocratico e comunisti per realizzare quel fronte unico che fu ed è nei programmi di tutte le frazioni proletarie, ma che non è seriamente nei desideri di tutti. Nel caso tedesco l'urgenza degli avvenimenti consigliò una tregua delle piccole rivalità partigiane. Le trattative ufficiali tra i due Partiti fallirono, ma degli accordi avvennero per iniziativa del Partito comunista tra i comunisti e la sinistra socialdemocratica, divenuta ormai maggioranza di fatto con programma di lotta contro il fascismo. Bisogna tenere nel dovuto conto che uno dei maggiori elementi di debolezza dei comunisti tedeschi è rappresentato dalla deficienza delle armi di cui essi possono disporre.

    L'armamento del proletariato in una Germania demilitarizzata si presenta come un problema, concreto di impossessamento di depositi e di distribuzione di armi. La tipica organizzazione poi dello Stato tedesco e la disuguale distribuzione della popolazione operaia in vari governi offrono alle forze rivoluzionarie basi diverse di raccolta e d'inquadramento: minime in Baviera o nella Prussia orientale, massime in Sassonia, Turingia, Slesia, Ruhr (Terracini).

    La partecipazione dei comunisti al governo sassone rispondeva al programma generale che tratteggiammo più innanzi, ma il fine più immediato di essa era "di assicurare alle centurie ormai formate, le armi di cui ancora mancavano. Gli arsenali dello Stato di Sassonia avrebbero dovuto essere i primi del proletariato tedesco" (Terracini).

    Quasichè i sospetti dell'alta borghesia non finsero già un pericolo sufficiente per il nomale sviluppo di un programma così importante, i comunisti - i quali, anche nelle condizioni migliori sono trascinati, dalla necessità della propagando forse, a svelare con minuziosa cura tutti i loro propositi, così da renderli più difficilmente eseguibili - si incaricarono di confermarli. "L'entrata dei comunisti nel governo sassone non sarebbe giustificata se garanzie sufficienti non fossero date, che lo Stato sassone si appresta a servire la classe operaia, armando decine di migliaia di operai contro il fascismo bavarese e pangermanista, epurare l'amministrazione degli elementi borghesi, prendere immediate misure economiche d'ordine rivoluzionarie contro la borghesia" (Zinowief).





    È inutile ricercare se lo schiacciamento del tentativo comunista in Sassonia sia dovuto anche, ed in quanta parte, agli errori tattici compiuti. Il Partito Comunista, specie in una situazione come quella tedesca, non può evitare certi errori.

    Prima che i tre rappresentanti del P. C. nel ministero presieduto dal socialdemocratico di sinistra Zeigner (Boettscher, Brandler e Heckert) riuscissero ad ottenere la minima parte del loro programma, cogliendo a pretesto un conflitto ad arte provocato col governo sassone, Stresemann, coll'appoggio dei ministri socialdemocratici del Reich (Schmidt, Sollmann e Radbruch), faceva invadere la Sassonia e la Turingia dalla Reichwehr, coadiuvata dalle squadre nazionaliste ("Baviera e Impero", Lega Oberland, Reichsffagge, ecc.) venute dalla Baviera, mentre i due Stati ribelli venivano isolati in un vero blocco alimentare.

    La situazione, dopo il fallito tentativo di Sassonia, non è molto mutata. I comunisti rielaborano la propria tattica e si preparano. Sono anni ormai che si susseguono tentativi ed esperimenti, e laboriosi travagli di revisione. Ad ogni sosta le discussioni riprendono vivaci, e spesso, quando sopraggiunge impreveduto un rapido colpo di scena, il Partito si trova impreparato ad affrontarne le conseguenze.

    Questo per il movimento comunista di tutto il mondo. È vero che le condizioni specialmente favorevoli della Germania dovrebbero influire anche su questo elemento non ultimo della situazione rivoluzionaria tedesca; ma è pure significativo che si manifestino tuttora i più aspri dissensi in seno al Partito Comunista, p. e. sul mancato tentativo di approfittare dell'acuirsi della situazione in Sassonia per impegnare in nome proprio una battaglia decisiva, sui rapporti colla sinistra socialdemocratica, sulle responsabilità per il putsch di Amburgo, ecc.





    Che la difesa della Germania possa ormai solo più esser compito del movimento proletario è dimostrato da mille fatti. Non si può prevedere quali forme e quali sviluppi potrà assumere quest'opera di rinnovamento nazionale che attende la Germania. Guerra di rivincita, rivoluzione vittoriosa. Il nazionalismo francese minaccia un'emigrazione forzata al cimitero di venti milioni di tedeschi, secondo certe lugubri previsioni. Ma questi venti milioni di tedeschi opporranno un tentativo di resistenza disperata. Un popolo come quello tedesco, uno Stato come la Germania, non possono ridursi ad un livello di colonia africana.

    Lo spirito tenacemente unitario dei comunisti tedeschi è dimostrato da quella magnifica capacità di resistenza di cui diedero e danno prova i minatori della Ruhr. Ed oggi che quasi tutti i partiti tedeschi cominciano ad orientarsi verso la tesi del separatismo legale, i grandi capitalisti patteggiano coi militari francesi, e la stessa socialdemocrazia propende per la rinuncia se pur larvata, all'integrità del Reich, solo il Partito Comunista si mantiene su di una linea di immutata intransigenza nella difesa nazionale.

    "Il P. C. T. ha mostrato con la sua campagna contro il trattato di Versailles e contro l'abbandono della Ruhr, che esso è il solo Partito nazionale di Germania. Il P. C. prenderà contatti con la Reichswehr e la marina, con la polizia e con le organizzazioni nazionaliste e porrà loro l'alternativa di scegliere tra lo smembramento dei Reich, il disonore nazionale e la lotta per una libera Germania del lavoro".

    Il Partito comunista dice qualcosa di più ancora: "Quando ingaggeremo la battaglia per la dittatura del proletariato, noi prenderemo nelle stesso tempo l'impegno di combattere per il ritorno della Renania e della Ruhr sottratti all'imperialismo francese; della Baviera, della Prussia orientale minacciata dalla Polonia, ecc. all'unità di un nuovo Reich tedesco, paese del lavoro libera Germania dei Soviet"!

    Per chi sappia comprendere tutto il valore che è in queste affermazioni, apparirà chiaro che non solo i comunisti si avviano ad una radicale revisione della propria tattica, in tutto il mondo, ma che ciò può avere per la Germania ripercussioni immediate, e permettere forse il raggiungimento di risultati che il "massimalismo" ha impedito nei primi anni del dopo-guerra.

    La Germania coi suoi avvenimenti interni potrà insegnare molte cose agli operai di tutto il mondo.

ANDREA VIGLONGO.