ULTIME LETTERE SUL FASCISMO
I.Le conclusioni di un liberista.Caro Prezzolini, di questa tua lettera del N. 36 di Rivoluzione Liberale mi ha sorpreso sovra ogni altra cosa l'affermazione che "nessun ministero ha mai avuto un'eguale volontà di mostrarsi liberista", Così fosse! Io diventerei subito fascista per la pelle, convinto come sono che l'Italia sarà alla fine dei suoi guai solo quando avrà un governo capace di fare una politica liberista. Ma non vedo nel Governo di Mussolini il governo che io sogno, e non so dove tu attinga la convinzione contraria. Finora non c'è altra prova del liberismo del Governo che la dichiarazione del ministro De Stefani al senato: "Il governo è tendenzialmente liberista" - la quale dichiarazione è tutt'altro che tranquillante. Che significa quel tendenzialmente? Un giornale romano ha ricordato per l'occasione che Mussolini dichiarò già essere il fascismo tendenzialmente repubblicano per finire egli stesso monarchico; ma anche senza tener conto di questo precedente, quel tendenzialmente impensierisce, sembra il grido di un individuo imprigionato.Del resto, non c'è altra prova a testimonianza del liberismo governativo. Mussolini, nei suoi discorsi, non vi ha nemmeno accennato, e il ministro De Stefani ha concluso la sua dichiarazione (quella del tendenzialmente) pregando Einaudi di non volerne sapere di più. Mussolini e De Stefani saranno liberisti, ma mi sembra ce ne sia abbastanza. per essere sicuri che, almeno per un buon pezzo, non si mostreranno, coi fatti, liberisti. Ma se l'omissione di Mussolini e la dichiarazione di De Stefani non paiono a te prove sufficienti, eccotene delle altre. Quando incominciò la marcia su Roma dei fascisti io sperai che, riuscendo, essa avrebbe portato Mussolini al Governo, e sperai che, al Governo, Mussolini si sarebbe ricordato, almeno in parte, di essere stato vociano e unitario e che avrebbe fatto - tanto più che mi pareva avesse dalla sua l'indipendenza che era sempre mancata a tutti i Governi italiani degli ultimi tempi - una politica liberista. Non so bene perché, forse perché risale a quel fatto la mia amicizia con lui, mi pareva che il lato meno volu eroico, e anche un pochino e forse più di un pochino, non farsi vincere da scrupoli, per scemare la potenza della Confederazione dell'Industria. Vedi, io sento che attendendo come faccio, qui, in provincia, a un lavoro in apparenza umile, lavoro per l'Italia più di molti altri. Perché l'Italia possa esser fuori dei suoi guai, bisogna arrivare a raggruppare in una confederazione a parte tutte le industrie e aziende che non hanno bisogno e sono danneggiate dalla protezione doganale, una potente confederazione con molti giornali e una banca formidabile. Questo è il mio sogno e la mia ambizione. Altro che il tuo storicismo. Io vorrei sapere che cosa tranne che c'è stata la guerra, tu trovi di profondamente mutato tra l'Italia del 1908, quando nacque la Voce, e quella del 1911, quando nacque l'Unità, e l'Italia del 1922. Tuttavia non ho perduto tutte le speranze. Io non riesco a capacitarmi che si possa essere stati vociani o unitari senza che ciò abbia lasciato un solco profondo in chi fu vociano o unitario, senza che chi fu vociano o unitario avesse in sé qualche cosa di più forte d'ogni interesse e d'ogni ambizione. Perciò perdono ad Amendola il suo nittismo e mi attendo da lui molte cose, credo anzi che egli sia l'uomo di domani. Perciò spero che Mussolini, quando, dopo le elezioni, sarà più libero di quel che non sia oggi, una politica liberista tenterà di farla. Questo senza dubbio c'è di grande in Mussolini; che è capace della più nera ingratitudine. Il guaio è, vedi, che egli non ha capito quale importanza abbia per l'Italia una politica liberista. Tu sai che da questa e da poche altre cose - quasi tutte del resto che la Confederazione dell'Industria non può volere - dipende la soluzione del problema meridionale; e poiché l'ltalia, se nel Mezzogiorno è tutta agricola e rurale, nel centro e nel Nord é specialmente agricola e rurale, risolvere il problema meridionale è risolvere il problema dell'Italia tutta. Ma Mussolini ha promesso di risolvere il problema Meridionale. Come mai, se non dispone di mezzi per poterlo fare? ARCANGELO DI STASO.
II.Ho seguito la "Rivoluzione Liberale" fin dalla sua nascita, perché mi è parsa rispondere alla necessità di riviste storiche che diano all'Italia quella maturità politica che le è mancata durante la guerra europea; e ho fermato maggiormente su di essa la mia attenzione, dall'avvento del fascismo al potere, essendomi trovato per la prima volta in ideale disaccordo con essa. Vuole permettere a me che mi onoro di essere modesto crociano, di dare poche parole di contributo alla divergenza di idee tra Lei e Giuseppe Prezzolini in proposito? Ella ben appella storicismo di un mistico lo atteggiamento del Prezzolini, perché questi in fondo, ha una concezione hegeliana della storia e della politica, che lo porta in sostanza all'accettazione mistica del fascismo. Perché le sue riserve sono apparenti quando egli afferma che "il fascismo porti con sè la sua condanna nell'uso della violenza, nell'assenza di critica, nella incapacità di studiare e di discutere, nel metodo dittatoriale". Se infatti egli avesse ben inteso le correzioni apportate dal Croce allo Hegel si renderebbe conto che l'azione (e quindi la politica che appartiene a quel mondo) è creatrice, non è mai cieca, perché porta necessariamente in sè una critica; e tale critica è negli eventi e nelle necessità storiche di cui gli uomini non sono che simboli. Ma lo storicismo che Ella contrappone al Prezzolini, è, a mio parere, scettico, quando, in nome di una storia che si fa, nega al recente noto storico, di cui Mussolini è simbolo, un qualsiasi valore, attenendosi alla ormai vieta ideologia e distinzione di popolo e borghesia che le fa mettere su di un piano diverso la rivoluzione operaia, che sarebbe aspirazione di un popolo e l'entrata di forze nuove nella storia, e la rivoluzione fascista, che sarebbe semplice palingenesi della piccola borghesia. Ora a me pare di scorgere in ciò un residuo del dualismo di neutralismo ed interventismo, sorpassato dagli eventi storici, e di cui è conseguenza naturale il movimento fascista. Ci sarà ben in detto moto un processo degenerativo, o futuristico, ed è appunto da cercare in quella democrazia demagogica in cui Ella afferma il fascismo assommarsi col dannunzianesimo, tanto più se si guardi all'intrinseco bolscevismo od anarchismo che porta nel suo seno il palingenetico ed apocalittico democratismo operaio dannunziano. Ma crede Lei che ad esso non si accompagni un processo costruttivo il quale si esprime appunto nella personalità mussoliniana in certo senso antitetica alla d'annunziana. Se Ella non lo vede o non ci crede, dimostra appunto di essere in ciò uno scettico, e forse per motivi contingenti psicologici che io avevo in comune con Lei, e che mi sono sforzato di superare; ma la verità è che noi siamo entrati in una fase superiore che ben si può appellare inizio di "rivoluzione liberale". Se la storia è creatrice, se la storia non ha binari obbligati, se la politica si assomma, nell'ideale combattente della vita, che rappresenta la conquista più alta del pensiero moderno, e che nobilita il di Lei coraggioso atteggiamento, a me pare innegabile che il moto mussoliniano era una necessità storica, dialettica, che Mussolini potrà non riuscire a incarnare debitamente per deficienza individuale, ma che non può non essere della storia che si fa. Inoltre, se per la legge della continuità storica, io vedo, come Lei, dei nessi tra Giolitti e Mussolini, non mi sento affatto di poter affermare assolutisticamente che non vi siano tra essi differenze sostanziali: una differenza sostanziale sta tra essi e il fatto che il primo fu prigioniero e perciò vittima del parlamentarismo, e il secondo ne è il trionfatore; e una conferma maggiore se ne ha nel fatto che se nel primo vi fu demagogismo nel secondo non ve n'è affatto. E c'è sopratutto in quest'ultimo, una fede che presuppone una religione, e che, comunque, è potenzialmente correttrice di ogni enfatismo programmatico: la fede nella disciplina e nell'utilità sociale, che il nuovo periodo storico iniziato richiede. Popolo e borghesia sono parole di fronte a cui questa concreta realtà che si fa strada e che il di Lei pensiero intrinsecamente non rinnega; e Mussolini, quale simbolo di tale realtà, può benissimo dire: "battezzatemi" come volete, ma io sento di essere al di sopra di queste astrazioni. Mi creda, egregio direttore, suo GIOVANNI CASTELLANO.
III.Dall'entusiasmo di Lemmonio Boreo.Caro Gobetti, Le mando insieme a questa la penultima copia che mi resta dell'Ignoto Toscano. Colgo quest'occasione per domandarle come mai si è messo a dare in tante cantonate riguardo al Fascismo nella sua Rivoluzione Liberale. Fui giorni fa a Roma, chiamato da Mussolini, ed ebbi occasione di parlare con gli amici nostri Amendola e Prezzolini, i quali.sono pure in disaccordo con lei in gran parte. (Questo dalle ultime lettere che ho ricevute non risulterebbe. Per la storia!). Lei tratta Mussolini come uno dei soliti politicanti, mentre egli è il solo uomo capace di dare all'Italia un governo degno dei tempi. Dovrebbe riflettere che se così non fosse io per esempio non sarei suo amico. Del resto egli vuole ciò che vuole lei, in fondo, e attuerà molte idee sue e dei suoi amici. Ha già cominciato. Voi altri giovani idealisti mi parete troppo infatuati di dialettica e di teorismi, ciò che vi fa critici spietati, mentre altri muovono la materia storica, e nel senso che volete. La dialettica e la logica sono cose bellissime, ma quando si rivelano in forma artistica in un sistema-rappresentazione di un mondo. Come in Croce, per esempio, e in Gentile per non parlare che d'italiani. Guai però se si volesse modellare la storia e la politica sugli schemi e nelle matrici della filosofia! L'idea politica emerge dal fatto: il quale è un prodotto - lo concedo - d'idee, ma non di una sola idea. D'idee commiste a sentimenti, a interessi, ecc. Ora il Fascismo è uno di questi fatti grandiosi e spontanei. L'idea che lei vi cerca senza trovarla è implicita in esso, nel suo successo. Col tempo diverrà esplicita: la dottrina, si delineerà via via. E' una fiumana (torba se vuole e disordinata, piena di detriti e lordure e cadaveri) la quale sta cercando il suo corso formandosi il letto. Le persone di alta cultura devono imporle degli argini. Mi pare che si abbia la tendenza in Italia, a creare dei letti dove non arriverà mai l'acqua. È intanto meglio un fiume senza argini ancora che non un alveo ben arginato e tracciato ma secco. Spero che i fatti che stanno avvenendo faran riflettere lei ed i suoi amici, e modificheranno il loro modo di vedere e quindi il loro atteggiamento verso questo fenomeno tanto nostro italiano e tanto promettente. Saluti cordiali ARDENGO SOFFICI. I lettori capiranno perché non li abbiamo voluto privare di questa bella pagina di Soffici e delle argomentazioni sottili del Castellano. Ma la questione resta quale noi l'abbiamo posta. In realtà dà ragione nel modo più matematico alle nostre previsioni. Lavoriamo dunque per il futuro.
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