LO STORICISMO DI UN MISTICO.

    Caro Gobetti,

    Son lieto di avere scritto la mia proposta di una "Congregazione degli Apoti" prima del colpo di Stato. Non sarò così sospettato di aver cambiato opinioni dopo questo.

Punto primo: fuori della politica.

    Il punto sul quale insistevo allora ed insisto oggi, è sempre lo stesso: a noi non sta, a noi non conviene, a noi non è bello fare politica. O siamo storici, ed essere storici significa capire le ragioni di tutte le parti; o siamo politici ed esser politici significa sostenere le ragioni della propria parte. Siamo storici? E allora addio antifascismo netto. Io non capisco come ci si possa mettere contro il fascismo, se non si esce dalla considerazione storica. Il fascismo esiste e vince: vuol dire, per noi storici, che ha ragioni sufficienti per ciò. Non tutto può essere male, inganno, falsità, portato di singoli uomini. Per una mentalità storica il fascismo è qualche cosa di più profondo, complesso, importante di quello che appare nelle noterelle della R. L.. Come possiamo condannarlo in tutto e per tutto? Possiamo sì, ma a patto di rinunziare a capirlo. Vogliamo rinunziare? Vogliamo confonderci quest'oggi con la turba degli illusi che aspetta messianicamente dal Fascismo il rinnovamento d'Italia, che crede davvero l'Italia cambiata da quella che era nel 1919 e 1920, o con quegli altri illusi i quali pensano che si sarebbe potuto evitare il trionfo del Fascismo se il re avesse voluto, se Facta avesse fatto, se, Amendola fosse stato a capo di un Governo? Ciò che è, è razionale; e se vogliamo capire la razionalità è necessario non portarcene fuori col desiderio, col sogno, con l'imprecazione.

    Ai pochi che oggi "non le bevono", oggi più che mai conviene dare mostra di essere fuori di queste trappole politiche. Il dilemma è chiaro: o rinunciare a capire, o rinunciare alla politica. La politica vuole l'illusione propria, e la menzogna per gli altri, vuole l'adesione completa, la lirica dell'azione e non la critica e la riflessione e la limitazione.

Il Governo Fascista.

    Perciò io non mi sento di condannare ed approvare in blocco. In linea generale osservo che tra Facta e Mussolini non potrei esitare. Se Mussolini è un incompetente (ma il fiuta ce l'ha) Facta era forse un competente? La storia va verso i giovani, gli attivi, gli intraprendenti. Faremo proprio noi delle questioni di legalità?





    Il governo fascista è una necessità storica. Esso risponde a un movimento generale europeo, è ripercussione della reazione generale; è il sintomo del bisogno delle società occidentali di salvarsi dal confusionismo, dal nihilismo, dalla disorganizzazione russa (che sono in Russia una necessità storica; ma non da noi). Il fascismo non ha, con la sua violenza, distrutto che quello che noi avevamo distrutto col pensiero in venti anni di critica: la democrazia italiana. La quale non era esistita mai sul serio: democrazia di parole massoniche; democrazia senza scuole: democrazia senza carriera aperta ai migliori; democrazia senza masse; democrazia patteggiante coi preti; che razza mai di democrazia era questa? Perciò noi l'abbiamo svuotata del suo preteso contenuto; e il bastone fascista non ha distrutto che una tarlata impalcatura, un paravento fradicio. La violenza, noi lo sappiamo, non ha mai distrutto nulla; essa è sempre venuta a ratificare l'opera del pensiero. I fascisti, che sono ignari del pensiero, possono credere di avere compiuto quest'opera; ma non possiamo crederlo noi. Ora dovremmo noi lavorare contro il fascismo, in favore di quel vecchio, di quel fradicio, di quel tarlato che avevamo già criticato e dissolto? Il nuovo, da noi, non nascerà che sul Fascismo, come in Russia, non nascerà che sul Bolscevismo; correggendo, spiritualizzando, insinuandosi nei difetti e nelle deficienze intellettuali del Fascismo o del Bolscevismo. Noi non possiamo guardare al passato, ma al futuro; preparare la strada di chi verrà; appoggiare ogni apertura di vie nuove.

Giovanni Gentile

    Non essendo politico, io mi riservo il diritto di giudicare ogni uomo del ministero fascista, ogni atto del ministero fascista, ogni resultato del ministero fascista. Io non obbedisco alle necessità pratiche del Fascismo o dell'Antifascismo. E non vedo, per esempio, perché mai devo cambiare d'opinione rispetto al Gentile.





    Il Gentile è quello che era. Andato al Ministero fascista sostiene un programma che ho sempre desiderato per l'apertura delle vie del futuro: l'Esame di Stato. Egli sale al ministro per realizzarlo. Non a idealisti ed a storici si deve insegnare che oggi soltanto per mezzo del fascismo l'esame di Stato può diventare realtà. Non ho affatto protestato contro l'alleanza di Croce con il Partito Popolare, non so perché dovrei protestare centro l'alleanza di Gentile con il Partito Fascista. Soltanto i partiti, con la loro cecità, con la loro intransigenza o transigenza, con i loro uomini dotati di fiuto, possono realizzare certi programmi che ci stanno a cuore. Gentile ha fatto bene, secondo me, a prendere quel posto di responsabilità, come faceva bene Amendola a tenere il suo, a resistere, a volere applicata la legge. Soltanto a noi - storici - è dato di poter considerare la ragionevolezza degli opposti.

Valori superiori.

    Soltanto ponendoci da un punto di vista superiore alla politica, che possa dare ragione ai migliori, ai puri, ai veri rappresentanti di ogni parta in contrasto, noi potremo compiere quella collaborazione al paese della quale parlavo, e che non può essere soltanto scuola, come vuole l'amico Monti, e tanto peggio una scuola soltanto di contadini o di operai; io, per mio conto, sarei ben lieto di una scuola di borghesi, direttori di industria, capitalisti intelligenti e preveggenti, agricoltori esperti, e tutti quanti aperti alle grandi correnti dello spirito. Noi dobbiamo parlare agli Italiani fondandoci su valori superiori a quelli della pratica e della passione politica, universali, umani. Perciò non saremo contro un partito ma contro tutti i partiti. Ciò non vuol dire che dobbiamo essere accomodanti. Saremo anzi sgradevoli, e tanto più quanto ci varremo di ragioni di cui i partiti di solito non si valgono, e di ragioni tratte da un mondo al quale i partiti non sogliono arrivare. Noi saremo contro il Fascismo, come saremo stati contro il Comunismo, per le sue deficienze ideali.





Contro il Fascismo.

    Gli atti del governo fascista mi paiono, in massima, ottimi. Non ho mai creduto, neppure per un momento, che Mussolini volesse fare le politica imperialista annunziata nei suoi discorsi. In quindici giorni essa ci avrebbe portato alla guerra con tutti e a una umiliazione penosa, nella quale non soltanto la fortuna del Fascismo ma anche quella d'Italia, sarebbe andata in fumo. L'essenza della politica consiste spesso nell'ingannare, e Mussolini è capace di applicare il Trattato di Rapallo con maggior onestà e fedeltà dei Governi precedenti, coprendo la sua azione col patriottismo e con i nomi di alcuni ministri,notoriamente contrari al Trattato (*).

    Per il resto nessun ministero ha forse mai proposto e voluto con eguale energia e rapidità riforme a noi care. Nessun ministero ha mai avuto una eguale volontà di mostrarsi liberista. Nessun ministero è più adatto a risolvere il problema burocratico. Nessun ministero è più risoluto a liberarsi da spese inutili. Il ministero patriottico fa ingollare al Senato l'abbandono della retorica riparazione (retorica per noi, ma redditizia per i cantieri) della Leonardo. I ministeri non patriottici non vi erano riesciti. Io ho fiducia di quello che farà De Stefani. Il programma economico del Fascismo mi pare buono. Gli uomini, sono più giovani e più decisi. C'è una volontà di rinnovamento e di miglioramento che appare chiara ad ogni persona imparziale. Io non posso che approvarlo.

    Ma dove il Fascismo manca, e dove noi dobbiamo criticare e completare il Fascismo, e preparare ciò che prenderà il posto, è il lato del pensiero. Il fascismo non pensa. Il fascismo è la politica di una generazione di sport e di guerra. Questo è il suo carattere, il suo merito, e insieme la sua limitazione. E' ciò per cui ha prevalso di fronte ai vecchi inattivi; e ciò per cui morrà, perché la pura azione è morte dello spirito, meccanicità. Il Fascismo porta con sé la sua condanna nell'uso della violenza, nell'assenza di critica, nella incapacità di studiare e di discutere, nel metodo dittatoriale, in una sola parola. Il Fascismo può dare, per il momento, il benessere al popolo italiano. Ma i popoli, come le persone, non vivono di solo benessere; e talora sacrificano il benessere alla loro attività; alla loro autonomia. L'uomo preferisce errare con la testa propria che far bene con quella altrui. Il metodo dittatoriale che si è inaugurato per tutto il popolo italiano, da Sua Maestà al più umile dei sudditi, se continuasse a lungo porterebbe alla diseducazione completa.





    Il Fascismo e Comunismo sono, secondo me, non soltanto 1'epressione di uno stesso movimento sociale, ma anche 1'espressione di uno stesso romanticismo politico, cioè di una stessa ineducazione politica; ciò che ha reso possibile il passaggio di masse intere dal rosso al tricolore, poiché le masse, con il loro istinto, hanno sentito che non mutavano profondamente.

    La rivoluzione che noi potremmo fare in Italia è troppo profonda; per essere a paragone o in contrasto con quella fascista. Ed è meglio non parlarne nemmeno, ora.

    Il nostro compito è rimaner pochi, fra pochi, con pochi, per preparare le poche persone che, dinanzi alla barbarie che sale, sia sotto forme comuniste che fasciste, negatrici del pensiero, dell'individuo, della libertà, della personalità umana, sapranno salvare la civiltà contemporanea, conservandola con il sacrificio e la rinunzia personale; per il quale scopo oggi è forse più tempo da conventi, che da rivoluzioni.

La Rivoluzione Liberale.

    Queste sono le mie divergenze dell'atteggiamento di Gobetti. Al quale però, in un momento come questo, in cui tutti si dichiarano per vigliaccheria fascisti, non posso non mandare un saluto di simpatia e di rispetto per le coraggiose dichiarazioni che ha fatto. Tutto ciò è antistorico; ma è bello. E anche i gesti rientrano nella storia.


GIUSEPPE PREZZOLINI.

    

(*) Ho scritto ciò dieci giorni prima del discorso alla Camera. Ho sempre preveduto che il migliore modo per fare ratificare gli accordi di Santa Margherita era di presentarli con le firme di Thaon di Revel, Federzoni, Di Cesarò, ecc.




    Invece di confutare Prezzolini, al quale abbiamo esaurientemente risposto nei numeri scorsi, si tratterebbe di caratterizzare qui certe questioni psicologiche e di discutere con qualche ironia la curiosa deformazione dell'identità hegeliana di reale e razionale intesa dal nostro amico con franco spirito di conservatore e in termini che ci lasciano fortementi dubbiosi sull'idea che egli si è fatta, di storia e di politica. La storia nostra è storia che si fa e non simbologia di matematici; l'ascesi del disinteresse non esclude la profezia e le antitesi psicologiche. Invece Prezzolini non fa che constatare l'avvento del fascismo e accettare su di esso i luoghi comuni della Tribuna o del Mattino. Mette grossolanamente in uno stesso piano rivoluzione operaia e... rivoluzione(!) fascista senza vedere che da una parte c'è l'aspirazione di un popolo e l'entrata di forze nuove nella storia, dall'altra, c'è la palingenesi della piccola borghesia. La democrazia demagogica, caro Prezzolini, non è morta: è diventata il fascismo sommandosi con il dannunzianesimo. Nessun storico non esaltato riuscirà a scorgere delle differenze sostanziali tra Mussolini e Giolitti. Ci troviamo per una volta, davanti, il blocco completo dell'altra Italia, l'unione confusa di tutte le nostre antitesi, il simbolo di tutte le malattie ed ecco che Prezzolini diventa hegeliano per teorizzarli. Bisogna consolarci pensando alla feroce stroncatura, o alla beffa allegra che della lettera di Prezzolini avrebbe fatto il direttore della Voce.


p. g.