POSTILLE
Bonifichiamo!Nel Corriere della Sera dell'8 novembre l'on. Marescalchi propugna l'impiego da parte dello Stato di forti capitali nelle bonifiche le quali danno non solo il 70% d'interesse, ma salute, ricchezza e potenza all'Italia, perché, se fra cinque anni potranno aver termine le bonifiche ora in corso, e se fra dieci anni potessero esser bonificati anche gli altri territori, ancora in attesa di redenzione, l'Italia ricaverebbe almeno 25 milioni di quintali di quei cereali che oggi deve comprare all'estero con immane sacrificio della nostra valuta e del bilancio. Scomparirebbe quasi del tutto la malaria, sorgerebbero nuove industrie di trasformazione della canapa, della bietola, della patata, troverebbero stabile proficua occupazione innumeri famiglie; il patrimonio zootecnico assurgerebbe ad entità almeno doppia; e tutto un nuovo fiorire di vita, un pulsare di industrie e di commerci, preparerebbe all'Italia salute, ricchezza, potenza. La visione del M. è indubbiamente suggestiva, ma ha il torto di essere troppo suggestiva. Infatti lo scrittore fa di ogni erba fascio, ed esamina il problema dello sfruttamento delle terre paludose senza fare una distinzione doverosa tra le bonifiche settentrionali e le meridionali. Nel nord il terreno acquitrinoso è originato da piene fluviali, specialmente primaverili, ed è suscettibile di un reddito scarso, quale è quello della caccia, della pesca e delle vegetazioni palustri. Come avevo già avvertito in queste stesse colonne, la scienza idraulica deve tener conto solo dell'altimetria e del coefficiente idrometrico dei terreni: non appena attuati i piani idraulici, l'idrovora vale a mantenere prosciugati i terreni e ad affiorarli in istato coltivabile. Si ha così un forte reddito attivato dal nulla e, trattandosi di lavori in fondo facili da eseguirsi in paesi dove la ricchezza è diffusa, è naturale si verifichi il fatto che meraviglia l'on. M., che il contributo dello Stato in confronto alle somme spese dai privati stia nel rapporto di 1 a 4 e che allo Stato la bonifica dei terreni frutti il 70% dei capitali prestati al finanziamento dell'impresa, perchè - è un'ottima osservazione dello stesso scrittore, comprovata dai fatti - se lo stato offre un contributo di 295 lire l'ettaro per una volta tanto alle zone dell'Alta Italia da bonificare, ne ritrae oggi ed in perpetuo 195 lire di utili all'anno per maggiore introito di imposte e tasse. Nell'Italia meridionale invece lo Stato può servirsi scarsamente dell'iniziativa privata perché questa non può disporre di capitali ingenti e perché i lavori sono troppo complessi. Una bonifica dei terreni "alla ferrarese" è inutile, perché lo straripamento dei fiumi e dei canali che si ripete tutti gli inverni e il lavoro distruggitore delle acque sotterranee che produce quelle frane di cui i detriti sono trasportati a valle, sconvolgono i progetti meglio studiati. Né la proprietà si sente di invocare la sostituzione di un'agricoltura più progredita al latifondo, perchè l'alto profitto della pastorizia e il raccolto dei cereali reso faticoso dal disordine del regime climaterico - vera causa, insieme alla minore fertilità della terra, dell'inferiorità economica del mezzogiorno - rendono dubbiosi i proprietari sul vantaggio di trasformazioni e di un nuovo regime, che per essi si confonde e si incupisce nel pauroso spettro di asprezze fiscali. E, fino a che nell'Italia meridionale si compiranno bonifiche pure e semplici del terreno senza preoccuparsi di migliorare il regime idrico della montagna - che è il solo arbitro dell'esistenza dei lavori di bonifica - l'esperienza di centinaia di anni insegna che non un argine rimarrà in piedi di fronte alla pressione travolgente degli elementi, e nemmeno una lira impiegata dallo Stato potrebbe rendergli quell'interesse del 70% che ai tre milioni concessi negli anni scorsi ha reso la bonifica di Isola di Ariano. Oggi che lo Stato minaccia di stramazzare sotto un cumulo di debiti inverosimile, è meglio non spendere nemmeno un soldo nel mezzogiorno (è un meridionale che parla in questo momento, con accorata voce) piuttosto che perdervi dei milioni, perché la semplice bonifica del piano dell'Italia meridionale sarà sempre in balia delle frane e delle alluvioni che la travolgerebbero..... G. STOLFI.
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