NOTE DI POLITICA ESTERA.

    Scrivevo tempo fa, su R. L., che, dall'armistizio in qua, tutte le volte che, in politica estera, ci fu in Europa qualcosa di importante e di serio da trattare e da concludere, tutte le volte (tranne Genova: ma quella non fu cosa né seria né importante) in Italia si ebbe, nelle forme più diverse, uno straripamento di nazionalismo, che valse a tenere il nostro governo o impedito o impotente o assente.

    E anche ora, l'ultima piena del nazional-fascismo si produce nell'imminenza della conferenza di Losanna, e fu tanto più veemente, quanto più grave era il momento della nostra politica estera.

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    Ora in Italia; "tutti pendono dalla bocca di Leófilo", ma fuori d'Italia si decidono davvero, i destini d'Europa, e d'Italia.

    Con la calata di Kemal su Smirne tutti i risultati della guerra dei cinque anni sono stati rimessi in discussione; l'unico a veder giusto è stato, nell'occasione, Lloyd-George, co' suoi propositi di resistenza a oltranza; ma oramai era troppo tardi e lui stesso, forse, era convinto dell'inutilità del suo impuntarsi; ad ogni modo, quel che è certo è che a Mudania furon buttati a mare due buoni terzi dei frutti della vittoria dell'Intesa.

    E adesso è in ballo l'altro terzo.

    La Turchia ristabilita vincitrice in Europa, vuol dire la Bulgaria rifatta fiduciosa d'una sua anche prossima rivincita; il ritorno in Europa e la rivalutazione delle sue antiche alleate del Sud, assicurano e sollecitano l'Ungheria, internamente consolidata e già pronta a tutto; la Russia, che proprio ieri ha rifatto la voce grossa con la Rumenia a proposito della Bessarabia, è disposta anche a rinunziar, per ora, alla libertà degli Stretti, pur di rientrare nella politica europea, riservandosi, se mai, di ritentar per altre vie la discesa al mare caldo; dalla Baviera giungono sempre più inquietanti le notizie d'un imminente colpo di Stato, con cui, Monaco, rifatta monarchica, inizierebbe il moto di ricostruzione dell'Impero germanico, che avverrebbe, questa volta, dal Sud anziché dal Nord come l'altra volta.





    Col ristabilirsi effettivo d'una quadruplice tedesca-magiara-bulgaro-turca, rafforzata dall'adesione della Russia, voi vedete dove se ne vanno i frutti della vittoria; voi vedete quale sia per esser la sorte della Rumenia, dell'Austria, della Polonia; voi potete pensare a quel che si prepara per le Intese, grandi e piccole, e per l'Italia.

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    Appunto: che farà l'Italia in questo ballo indiavolato, che sta per ricominciare in Oriente, e sull'uscio di casa nostra?

    I movimenti kemalista, bavarese, ungherese, sono tutti movimenti nazionalisti, anzi movimenti prettamente fascisti; i rapporti che corrono fra essi e il fascismo italiano sono noti; la fortuna del colpo fascista in Italia ha, per segni evidenti, incoraggiati e spronati i nazionalisti di Angora, i fascisti Ungheresi e Bavaresi; forse, mentre scrivo, altri colpi consimili si stanno compiendo; forse, siamo alla vigilia di avvenimenti, per i quali si romperà, forse, altra cosa che il trattato di Sèvres.

    Nei movimenti di riscossa che si preparano, quale sarà la posizione dell'Italia fascista?

    A rigore l'Italia nazional-fascista deve, negli avvenimenti in corsa e in quelli imminenti, porsi risolutamente a fianco degli stati nazionalfascisti dell'Oriente, della Balcania, e della Media-Europa. A rigore deve l'Italia nazional-fascista coglier l'occasione propizia per mettere a posto il regno S. H. S., preso alle spalle da Ungheresi e Bulgari; deve ripensare a Tunisi mentre la Francia ripensa al Reno; deve insomma Roma fascista, tentare, come Angora, come Budapest, come Monaco, la sua rivincita.


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    Naturalmente, il Fascismo, salito al potere, si guarderà bene dal fare la benché minima parte delle bestialità che diceva prima, quando parlava di politica estera, e avrà, come unica preoccupazione, quella di mostrarsi savio, corretto, educato; si soffregherà con l'Intesa, rabbonirà la Jugoslavia, farà il cipiglio fiero con Angora, con Budapest, con Monaco.

    Con ciò otterrà in primo luogo, com'è naturale, di alienarsi per sempre le, sia pur poco lusinghiere, simpatie di quei fascismi e nazionalismi forastieri, senza riuscire in pari tempo a far cadere le tanto giustificate diffidenze della Francia, dell'Inghilterra a del regno Serbo-Croato-Sloveno.

    Ad ogni modo, Intesa grande e piccola, e Stati vinti e revanchisti seguiteranno più che mai a sbrigare i loro affari senza contare né sull'appoggio né sull'opposizione dell'Italia, la quale sarà per loro più che mai la malfida, la enigmatica, o, meno melodrammaticamente, la potenza in cui l'unica cosa che si fa e si decide in piazza è proprio quella che, unica, dovrebbe essere alle influenze della piazza gelosamente sottratta, cioè la politica estera.

    E se domani, che Dio non voglia, i problemi di politica estera si dovessero risolvere, anche da noi, con una mobilitazione ad una guerra, la cosa più facilmente prevedibile nell'Italia fascista sarebbe lo scoppiare d'un conflitto di competenza fra 1'esercito irregolare fascista e l'esercito, diciamo così regolare. "Tocca a te", "no, tocca a te", e frattanto chi ne toccherà, ha una gran paura, che sarà la povera Italia.

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    Ma, anche escludendo la possibilità d'un così triste caso, il fatto certo sarà sempre questo: che proprio in materia di politica estera, cioè nell'unica materia in cui il fascismo vantava un suo proprio programma, proprio qui il fascismo non potrà altro fare che quello che da quattro anni van facendo i governi d'Italia: esser rinunciatario per forza non volendo esser ragionevole per amore, oscillare fra le potenze ex-alleate e le potenze ex-nemiche, rendersi a Dio spiacente ed ai nemici sui, raccogliere all'estero niente altro che mortificazioni e ripulse e motteggi.

    E così anche qui, specialmente qui, sarà apparsa la tragica inutilità di quella enorme iperbole che fu il fascismo, il quale dopo una tensione di quattro anni, ha perpetrato la prima rivoluzione violenta della terza Italia, solamente per lasciare come prima involuti tutti i problemi essenziali della vita italiana.


AUGUSTO MONTI.