ESAME DI STATO E LIBERTÀ DELLA SCUOLA
Osservava, or è qualche mese, il Monti su queste colonne, come, ogni qualvolta la Camera fosse sul procinto di discutere la questione della libertà della scuola, così impreveduti e realmente o in apparenza alla scuola del tutto estranei, sopravvenissero a mutare la situazione parlamentare e a mettere in forse la speranza di una pronta approvazione della riforma. Poche settimane dopo, proprio nei giorni, in cui il terzo progetto sull'esame di Stato doveva essere discusso e probabilmente approvato, la Camera abbatteva il Ministero Facta ed ogni discussione della legge veniva rimandata a tempo indeterminato. È dunque impossibile al Parlamento di trovare poche ore di seduta da dedicare alla scuola? E ancora una volta dovremo sentire l'antica storia dell'ignavia e della corruzione del Parlamento che rende vano ogni più ardito moto del Paese, come tutti sanno, generoso e grande? Noi di quella storia diffidiamo sempre un poco e una volta ancora ci chiediamo se quanto in linguaggio parlamentare chiamiamo inerzia ed intrigo non sia la traduzione esatta di quanto nel linguaggio del Paese chiamiamo incapacità. Ogni idea trova negli avversari il proprio limite e quindi la propria misura; ogni idea vale quanto si fa valere: è necessario perciò qualche volta cessare di accusare gli avversari, per quanto meschini essi possano essere ed esaminare non i loro torti, ma la propria debolezza. Il movimento che prese nome di Fascio di Educazione Nazionale, ed a cui sopratutto si devono gli odierni progetti di riforma, è nato con un vizio di origine che segretamente sminuisce quelli che parrebbero essere meravigliosi propositi. La lotta per la rottura del monopolio statale e per la libertà della scuola non nasceva da una scuola privata formatasi a poco a poco, che volesse veder riconosciuti i proprii diritti e la propria capacità di sviluppo, ma da un ragionamento, da una devozione, quanto mai nobile e filosofica, al concetto di libertà: era, insomma, una volta di più il programma di pochi uomini, per quanto mirabili e generosi, non una necessità fattasi sentire a poco a poco attraverso una esperienza. Alla critica perfetta, che quegli uomini facevano della scuola di Stato, corrispondeva una capacità di azione politica. Se per il momento potevano essere di ausilio le forze popolari, era necessario, non per un vano settarismo, ma per la coscienza di un fine diverso creare accanto ad essi una forza, una iniziale organizzazione politica. Saremmo noi stessi utopisti a chiedere dagli uomini del Fascio un'azione del tutto lontana da una presente possibilità: ma è importante notare questa mancanza per seguire le vicende politiche della riforma scolastica in questi anni. Osservazioni simili alla nostra scriveva sulla "Nostra Scuola" non è molto il Pellizzi: ma, benché esse non fossero senza acutezza, egli non avvertiva come questa insufficienza politica non fosse sanabile colla semplice iscrizione a un partito politico attualmente esistente. Un partito è un anticipazione dello Stato: come lo Stato egli non può creare una soluzione, che non sia posta almeno germinalmente nei termini offerti. Per attuare il programma del Fascio, mancato quindi il necessario svolgimento dal basso, non restava, al solito, che la riforma dall'alto. E quanto di meglio fosse possibile fare, si fece col progetto di Benedetto Croce. I problemi della scuola italiana si possono riassumere in due soli: uno di natura, diremo così, politico-sociale, quello del reclutamento degli insegnanti, l'altro di natura didattica, quello delle scuole normali e professionali. Col progetto dell'Esame di Stato, come era stato pensato dal Ministro Croce, si tentava veramente di stringere le fila alla scuola di Stato, di porre un serio ostacolo al continuo affluire di una classe insegnante, sempre più scadente, composta di persone prive di qualsiasi spirito d'iniziativa, desiderosa di uno stipendio fisso, per quanto misero, di cui sempre si lamenta, pronta ad accontentarsi anche quando questo le venisse dimezzato. Una concorrenza di scuole non può essere creata dallo Stato: colla legge delle classi aggiunte lo Stato faceva quanto era possibile dalla sua parte per migliorare le proprie scuole e rendere del tutto immaginario un tentativo di concorrenza. Il progetto di oggi, dopo l'infelicissimo del Ministro Corbino, che rovesciava addirittura i concetti del Fascio, è quindi una transazione. Privato di quello sulle classi aggiunte, il progetto sull'Esame di Stato perde gran parte della sua importanza politica, per ritenere un valore puramente tecnico. Non la libertà della scuola, noi avremo domani, ma un monopolio temperato: lo Stato conserverà tutta le sue scuole con tutti i mali presenti, le scuole cattoliche oggi esistenti continueranno abbastanza felicemente, grazie alla loro situazione economica, messa in luce dal Salvemini. Riesca il progetto a superare il mare infido della Camera (ed io stesso me lo auguro) o venga travolto come i precedenti, importa che noi sotto l'etichetta di "Esame di Stato", non crediamo di trovarvi il risanamento della scuola. Una scuola libera si avrà in Italia, non per l'insegnamento classico, ma per l'insegnamento professionale: nelle nostre città industriali potranno sorgere queste scuole, modellandosi sulla fisionomia di ognuna e servendo a quella riforma della scuola tecnica, che lo Stato sembra incapace di fare. Sarà dunque stata vana l'opera del Fascio di Educazione Nazionale! Nonostante l'apparente insuccesso, l'aver raccolto un gruppo di insegnanti intorno a due giornali, aver iniziato la formazione di una coscienza della scuola in loro e nel paese, é un'opera questa che, per quanto modesta, ha il suo valore politico e che sopravviverà, qualunque siano le vicende dei progetti ministeriali. m. f.
|