NOTE DI ECONOMIA

La fine di un monopolio

    Fra i risultati più notevoli dell'ultima settimana di agitazione, va annoverato, dal punto di vista economico, il nuovo ordinamento del lavoro nel porto di Genova e negli altri porti principali della penisola.

    Com'è noto il lavoro dei porti é stato finora riservato ad un gruppo di privilegiati che avevano avuto la fortuna di essere iscritti nei ruoli del Consorzio di Genova o che, appartenendo alle Cooperative degli altri porti, solo recentemente avevano visto riconoscersi un privilegio analogo a quello dei compagni di Genova. Come conseguenza del monopolio, e per la pressione esercitata sulle Autorità statali o sugli Enti locali, il costo delle operazioni, pur non raggiungendo di regola le cifre indicate recentemente in qualche giornale, ha però superato di parecchie volte gli aumenti ragionevolmente ammissibili in base al diminuito potere di acquisto della moneta, fatto che, aggiunto agli altri aspetti della crisi economica, ha contribuito a ridurre il traffico marittimo. Un tentativo d'infrangere il monopolio era stato felicemente compiuto a Napoli dove elementi inquadrati dal fascismo si erano affermati nonostante la lotta violenta della Federazione dei Lavoratori dei Porti e la tradizionale condiscendenza del Governo. L'esempio di Napoli è stato, ora, imitato a Genova ed altrove, con il risultato di spezzare il monopolio della Cooperativa unica e di riaprire la concorrenza fra le varie cooperative composte del personale iscritto nei ruoli.

    In sostanza non siamo ancora dinanzi ad una vera e propria libertà di lavoro, in quanto che il lavoro è sempre riservato agli inscritti nei ruoli; ma mentre prima o col turno o con la cooperativa unica i lavoratori godevano di un monopolio assoluto, ora senza il rispetto del turno sono esposti all'azione della concorrenza dei loro compagni di ruolo. E' innegabile, dunque, che l'azione fascista questa volta ha ottenuto un successo di carattere liberista, ma si deve aggiungere che è ancora incerta la sua portata definitiva perché gli interessi delle masse portuarie spingono ad un indirizzo di prevalente protezionismo di classe ed il loro passaggio al fascismo non potrà non ripercuotersi sullo svolgimento della tattica del partito.





    L'episodio, che ha culminato con le dimissioni del Sen. Ronco da Presidente del Consorzio, costituisce a mio giudizio una brillante conferma delle leggi economiche che non consentono lunghe e insostenibili deviazioni, e dimostra la impotenza dei sindacati per mantenere indefinitamente le posizioni di privilegio conquistate per la debolezza degli elementi constrastanti. II colpo che ricevono in questi giorni le organizzazioni ne compromette l'esistenza. Anche se riusciranno a superare la crisi, i lopo dirigenti dovranno avere imparato che, anche quando i governi per paura o desiderio di quieto vivere subiranno supinamente i ricatti con i quali si vuole vedere sanzionata una situazione di privilegio, la realtà economica, in una forma o nell'altra riesce, presto o tardi, a ripristinare 1'equilibrio turbato.

La statistica

    Se la nostra burocrazia centrale avesse un po' più di pudore di quello che mostra e se gli uomini di governo avessero una maggiore consapevolezza delle funzioni dello Stato, l'Italia perderebbe un primato alla cui conquista si è lanciata con risultati superiori alle più legittime aspettative: alludo al primato del ritardo con cui vedono la luce le nostre pubblicazioni statistiche. Salvo casi eccezionali dovuti alla persistente solerzia di qualche funzionario dello stampo antico, l'anno al quale le nostre statistiche si sono tenacemente attaccate è il 1918,quando non è addirittura il 1913. Il 1919, il 1920, il 1921 ed a momenti il 1922 sono trascorsi invano, e la affannosa ricerca di dati di un periodo vulcanico come l'attuale, deve restare insoddisfatta dinanzi all'inerzia dei Ministeri che non credono opportuno comunicare i risultati della rilevazione fatta compiere dagli uffici provinciali.

    Chiunque si metta ad esaminare uno qualsiasi degli aspetti della vita economica o politica del paese, deve superare difficoltà incredibili per procurarsi dei dati relativamente recenti; se pubblicazioni private come quelle notissime dei professori Bachi e Mortara non ci dessero notizie preziosissime, bisognerebbe qualche volta rinunciare a sapere che cosa sia successo, dal punto di vista statistico, dopo l'armistizio. Spesso i dati dell'Italia Economica e delle Prospettive non bastano perché si ha bisogno delle fonti, ed allora bisogna fermarsi al 1918!

    Ora, si domanda se tutto ciò sia degno di un paese civile, e sia tollerabile in uno Stato che spende oltre 5 miliardi all'anno per la burocrazia. È possibile che non ci sia un Ministro fra i tanti che si succedono all'industria, al lavoro, negli altri Dicasteri, che non abbia la forza di riordinare un servizio così importante ed il cui buon funzionamento è assolutamente indispensabile in un periodo come l'attuale? Si troverà un uomo capace di dotare l'Italia di un servizio per lo meno uguale a quello di qualsiasi staterello d'Europa?


EPICARMO CORBINO.