SONNINO e DI SAN GIULIANO
Rileggendo, nel volume pubblicato quest'anno dai Fratelli Treves, i "Discorsi della guerra" dell'on. Salandra, si è colpiti nel "Discorso del Campidoglio" del 2 giugno 1915 da un accenno all'azione politica dell'on. Di San Giuliano, che nel 1915, in tanta piena di eventi, passò quasi inosservato. "Il Governo italiano - diceva l'on. Salandra il 2 giugno del 1915 - la cui linea non ha mutato, e mi piace dirlo ad onore della memoria dell'illustre amico e collega, il cui solo rimpianto innanzi alla morte fu di non aver veduto il giorno, da lui ardentemente auspicato delle rivendicazioni nazionali". E l'accenno del 1915 è confermato in una nota al volume di quest'anno ,in cui l'on. Salandra scrive: " Il marchese Di San Giuliano aveva pienamente compreso che nella grande conflagrazione i più vitali interessi del paese erano impegnati, e che era suonata l'ora storica del compimento dell'opera del Risorgimento: egli aveva iniziata la preparazione diplomatica dei fatali eventi futuri". In queste affermazioni c'è una verità e c'è un equivoco. La verità è che il marchese Di San Giuliano vide immediatamente, dopo la dichiarazione di neutralità, che l'Italia non poteva tenersi estranea alla guerra provocata dall'"ultimatum" alla Serbia, e che il problema della integrazione nazionale era divenuto improrogabile. L'equivoco è che "la linea di condotta del Governo non abbia mai mutato", quasi che la politica dell'onorevole Sonnino sia stata una continuazione della politica dell'on. Di San Giuliano. La verità è che l'on. Di San Giuliano, iniziando nell'agosto del 1914 gli scambi di idee con l'Intesa, poneva fin dal primo momento come condizione preliminare perché l'Italia intervenisse nella guerra, l'impegno dell'Inghilterra e della Francia a concentrare il massimo sforzo militare contro l'Austria-Ungheria; e questa idea ritorna insistentemente in tutto il carteggio del settembre 1914. Mentre l'Italia - spiegava l'on. Di San Giuliano in una nota del 15 settembre - deve considerare come suo avversario l'Austria-Ungheria, per l'Inghilterra e per la Francia, invece, l'avversario è la Germania: occorrono perciò impegni precisi fra l'Italia e l'Intesa riguardo alle operazioni militari da condurre contro l'Austria. E il 17 settembre ripeteva che " l'Intesa non deve voler risparmiare l'Austria ". E il 19 settembre esigeva tassativamente che la flotta anglo-francese facesse un grande sforzo per appoggiare la campagna serbo-montenegrina contro l'Austria, dopo di che si sarebbe potuto avere l'intervento dell'Italia. Inoltre proponeva, in una nota del 25 settembre, che le Potenze dell'Intesa antigermanica si garantissero a vicenda nel dopo guerra, per un congruo periodo di tempo, il nuovo assetto territoriale conseguito nella vittoria, mediante un accordo difensivo per il mantenimento dello "stato quo". Per l'Italia, nella stessa nota del 25 settembre del 1914, domandava come confine il "displuvio principale" delle Alpi ed il Quarnaro. Su la Dalmazia, di cui si era cominciato a parlare da una decina di giorni da alcuni giornali, non aveva idee definitive, nonostante che nell'agosto il ministro russo Sazonof l'avesse offerta all'Italia per attirarla alla guerra: voleva evitare un urto con gli Stati del Sud: era incerto se esigere alcune isole dell'arcipelago dalmata, e quali. Ad ogni modo, riteneva necessario iniziare conversazioni con la Serbia (nota del 6 ottobre 1914). L'on. Di San Giuliano morì il 16 ottobre 1914; e dopo un breve interinato dell'on. Salandra, venne al Ministero degli esteri, il 5 novembre del 1914, l'on. Sonnino. Ora, il sistema di idee dell'on. Sonnino era assolutamente agli antipodi con quello dell'on. Di San Giuliano. Infatti l'on. Sonnino non pensava in nessun modo ad un'alleanza destinata a garantire anche per il dopoguerra a tutti gli alleati i frutti della vittoria. Per l'on. Sonnino, la guerra fra l'Italia e l'Austria non aveva nessun legame permanente con la guerra fra la Triplice intesa e gli Imperi centrali. Era "la nostra guerra" come faceva dire dai giornali a lui fedeli, che si combatteva accanto alla guerra generale senza confondersi con essa. L'Italia era una "alleata provvisoria" dell'Intesa antigermanica: alliée pour le moment, come diceva a Parigi un nostro diplomatico. E per il dopo guerra si riservava piena libertà di azione. Meno che mai l'on. Sonnino pensava ad esigere uno sforzo decisivo interalleato contro l'Austria come condizione preliminare all'intervento dell'Italia nella guerra. Era convinto che la guerra sarebbe finita al più tardi, entro l'autunno del 1915, e che sarebbero bastati all'Italia per condurla a termine 4o milioni di sterline, cioè un miliardo, - preso a prestito in Inghilterra: nel febbraio gli venne il sospetto che 40 milioni di sterline non bastassero, e che fosse meglio chiederne... 50! Non occorreva, quindi, far partecipare gli "alleati provvisori" alla "nostra guerra". Né era il caso di proporsi come programma di guerra, un eccessivo indebolimento dell'Austria. Ancora nel dicembre del 1916, on. Sonnino definiva come una follia il piano del generale Cadorna e di Bissolati di concentrare le forze dell'Intesa per un attacco a fondo contro l'Austria, perché "la venuta di truppe alleate sul nostro fronte avrebbe compromesso le nostre direttive di politica estera". Quanto ai limiti delle "rivendicazioni nazionali" non occorre ricordare il contenuto del Patto di Londra. E quanto ai rapporti con la Serbia, è noto che l'on. Sonnino non volle mai venire a trattative; anzi si oppose tenacemente ad ogni proposta che tendesse a far conoscere ufficialmente alla Serbia il contenuto del Patto di Londra, anche quando il documento era diventato il segreto di Pulcinella. Queste fondamentalissime differenze di orientamento fra l'azione diplomatica iniziata dall'onorevole Di San Giuliano e quella condotta a termine dall'on. Sonnino, sono rimaste finora incognite. Né gli accenni contenuti nel volume dell'on. Salandra sembrano diretti a far la pace su di esse. Ma l'equivoco merita di essere una volta per sempre, eliminato: e per rispetto alla verità storica, e perché restino ben definite le responsabilità personali di coloro che hanno contribuito a stabilire il programma diplomatico della guerra italiana nella crisi mondiale. La memoria dell'onorevole Di San Giuliano è gravata con troppi errori per gli anni, che hanno preceduto e preparato la guerra europea, perché si debba appesantirla anche con le responsabilità dell'on. Sonnino e dell'on. Salandra. Il quale, invece di affermare, che la linea di condotta del Governo non ha mai mutato dall'on. Di San Giuliano all'on. Sonnino, farebbe opera preziosa per la cultura politica del paese nostro, se ci spiegasse per quali motivi la condotta del Governo subì dall'uno all'altro ministro un mutamento così radicale. Il problema merita di essere risolto. GUSTAVO SALVEMINI
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