NOTE DI ECONOMIA

    L'on. Salandra ha presentato una proposta di nomina di una Commissionissima per la riduzione delle spese statali. Non ne mettiamo in dubbio le buone intenzioni ma dobbiamo manifestare la nostra sorpresa per la ingenuità della proposta stessa, che viene da un navigato parlamentare, o per 1a sua semplicità qualora si pretenda abolire di fatto il Parlamento e dare origine ad una forma di governo assoluto, sia pure in via del tutto transitorio infatti: o la Commissione si dovrà limitare a fare delle proposte, ed allora l'unico risultato positivo che se ne caverà sarà quello di pagarne le spese di funzionamento, o dovrà agire direttamente e tagliare seriamente sulle spese, ed allora eliminerà il Parlamento.

    Io non dico che il secondo risultato non sarebbe ottimo; credo però che un Parlamento che non ha la forza d'impedire l'aumento delle spese, difficilmente si spoglierà dei suoi poteri per arrivare alla riduzione di quelle attuali. Una tale capitolazione sarà solo possibile quando una forza esterna nuova riuscirà a imporla con un movimento politico di carattere prettamente rivoluzionario, e ciò pur non potendosi del tutto escludere, sembra però alquanto prematuro. Perché l'on. Salandra ed i suoi amici, in luogo di proporre delle Commissioni che non servono a nulla, non iniziano un movimento serio alla Camera dei Deputati imponendo, con tutte le forme possibili ed occorrendo con un ostruzionismo sistematico ed ininterrotto, una politica di economia? Quale atteggiamento intende egli assumere dinanzi al vergognoso provvedimento proposto per la ritenuta sugli interessi dei titoli di Consolidato al portatore che rappresenta una forma larvata di fallimento dello Stato?

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    È indice di quella mania portuaria che sta facendo sprecare centinaia di milioni in opere di cui non è dimostrabile nè l'urgenza, nè la necessità, nè la convenienza, e che è uno degl'infiniti episodi di disgregazione economica del nostro Paese, anche Roma vuole essere unita al mare e vuole avere il suo porto, e come tutte le città italiane non si preoccupa del costo di quello che domanda: da quando in qua del resto Roma ha avuto di queste debolezze? C'era una volta da fare un impianto elettrico importantissimo e la città fu incitata ad entrare nel Consorzio relativo per i bisogni della sua azienda elettrica. La testardaggine di non so chi impedì che Roma entrasse e si oppose a che la concessione fosse fatta ad una Società: in conclusione l'impianto non si fece più perché concessionario non poteva essere il Comune di Roma.





    Ora si deve costruire il porto di Ostia perché qualche buon quirito (la cittadinanza non se ne cura neppure ed il Mondo se ne addolora!) vuole sentire l'odore dell'acqua salata romana; che il costo delle opere sia assai elevato non vuol dire proprio nulla: semo o non semo romani. Tanto più che Pantalone paga la metà della spesa e pagherà anche l'altra metà perché il Governo trova sempre qualche mezzo per sanare il deficit del bilancio della Capitale, e così con qualche cosa di assai vicino ai 300 milioni di spesa Roma avrà il suo porto che assorbirà poi diecine di milioni di spesa annua di manutenzione se non vuole a sua volta essere assorbito dalla spiaggia.

    Al Senato si è fatto qualche obiezione alla opportunità di questa spesa discutibile anche dal punto di vista tecnico: l'origine della opposizione? La rivalità degli altri porti, secondo il Mondo. Così parlerebbero a Roccacannuccia, e Roma dimenticando di essere la Capitale parla allo stesso modo. Ma per il porto di Roccacannuccia trecento milioni sono troppi!

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    Abbiamo avuto anche noi un ribasso nel tasso ufficiale dello sconto: dal 6 al 5,50 quale ripercussione di quello avvenuto negli altri mercati monetari. L'avvenimento è passato quasi inosservato, ma merita un commento, ed un commento sfavorevole. Ci sono è vero delle ragioni a favore della effettuata riduzione, ma ce ne sono di più forti per deplorarla. C'è sopratutto il bisogno di capitale straniero a cui bisognerebbe offrire ottime condizioni di impiego e sicurezza nel pagamento dell'interesse. Tasso dello sconto alto, dunque, e pedate ai vari Ministri delle Finanze che credono di potere imporre di far credito allo Stato come si impone la discussione del progetto sul latifondo.

    E i bisogni delle industrie? dice qualcuno. Io non so che cosa resti del risparmio che in Italia si accumula dopo l'assorbimento che ne fa lo Stato col debito fluttuante; ho l'impressione che debba restare ben poco. È perciò proprio per i bisogni delle industrie che ci vorrebbe un afflusso di capitale straniero. Se costa caro, se ne serviranno solo quelle industrie che rendono, ma qualcuno se ne servirà. Invece così non si potrà fare uso del capitale nazionale e non se ne trova di altro. Intanto l'on. Bertone ha presentato un progetto di legge per favorire l'impiego di capitali esteri in Italia: non credo che sia utile, ma non ne sarebbe nemmeno utile il ritiro. Servirebbe di più il ritiro di Bertone dal Ministero.


EPICARMO CORBINO