ESPERIENZA LIBERALE
Fascismo agrario.Rivendicando il significato nazionale del Fascismo, R. Murri nega che siano entrati elementi economici a determinarne le direttive. "È da piccola gente cercar piccole origini e gretti motivi ad una così vigorosa e vasta riscossa nazionale nelle regioni d'Italia nelle quali più audace e brutale era stata la minaccia comunista rivoluzionaria". L'amico Murri ha studiato il fascismo da Roma ed ha potuto agevolmente sovrapporre ad alcune chiacchiere parlamentari, più o meno precise il suo schema dello Stato laico. Come ci spiega il Murri che il fascismo sia essenzialmente prevalso in regioni agricole dove "la minaccia comunista rivoluzionaria" era inesistente o limitata a forme infantili come quelle descritte dal Panzini nel suo ultimo romanzo? In queste regioni il tipo di organizzazione politica dominante era un socialismo burocratico, edonistico e parassitario con mentalità piccolo-borghese, che raccoglieva braccianti e mezzadri in lotta contro i proprietari: il fascismo è un elemento valido della lotta politica italiana in quanto contribuisce alla risoluzione e al chiarimento di queste situazioni regionali. Dove la lotta politica avrebbe potuto suscitare forme e ideali grandiosi per la presenza di avversari reali, dove Grandi avrebbe trovato il mondo delle sue speranze rivoluzionarie, il fascismo non ha mostrato le armi. A Bologna, a Ferrara, a Novara, in Toscana, a Mantova, in Veneto, il Fascismo s'irrigidisce nell'eredità di una riscossa padronale. A Milano arma gli esasperati della guerra e gli avventurieri della borghesia intellettuale contro il goffo turatismo. Ma a Torino i comunisti non conoscono avversari: durante l'occupazione delle fabbriche i fascisti restano incerti e silenziosi e anche nei mesi seguenti non sanno che cosa opporre al mistero del mito già quasi infranto. Accanto alle officine della Fiat-Centro anche le attuali parate di forza non concludono alla violenza perché si sente istintivamente dai fascisti stessi che la violenza sarebbe vana contro un'idea che non è morta in un anno di silenzio. Di fronte al mito comunista il fascismo resta agrario e rivela la sua insufficienza ideale. Fascismo e rivoluzione."Il Fascismo ha salvato l'Italia da una rivoluzione" (A. MARCELLO: Il Fascismo, ne Lo Spettatore, febbraio, pag. 221). Nessuna indagine, nessuna elucubrazione può sintetizzare il significato del fascismo meglio di queste parole. Il Fascismo è stata la reazione contro la rivoluzione. Legittimo e vittorioso dove la rivoluzione era debole e loquace e ipocrita. È questa "legittimità" innegabile della reazione che ci riempie l'animo di tristezza. Il fascismo è stato il termometro della nostra crisi, la misura dell'impotenza del popolo a crearsi il suo Stato. Ma appunto perciò diventa ingenuo chiedere al Fascismo un programma positivo di ricostruzione: questa può essere una preoccupazione personale di Mussolini, ma il fascismo come tale ha esaurita la sua missione nel mettere a nudo la malattia nazionale, nello svegliare tutte le forze imprecise e anacronistiche obbligando la rivoluzione a guardare in faccia i suoi problemi, tutti riassunti in un centro solo. Il fascismo ha evitato in parte l'equivoco che era riuscito nel Risorgimento; ha liquidato Serrati, ma si trova impotente di fronte alla doppiezza di Turati. Gli spiriti inquieti e pensosi guardano oltre per domandarsi: la prova sarà stata feconda? le difficoltà avranno temprate le masse? Fascismo e Nazione.Dal "mancato impiego di volontà di forza e di ordine da parte dello Stato è sorto il fascismo; è sorto così spontaneamente e fatalmente che discutere in merito, lodarlo o biasimarlo, è del tutto vano e puerile. Quelli che si erano tenuti in disparte, diffidando e disprezzando, intervennero quando videro in pericolo la nazione per la quale avevano combattuto, e furono essi di fatto lo Stato che reagiva e si difendeva, in luogo di quell'altro Stato ufficiale che non sapeva più farlo." (R. Murri: Lo Stato e i partiti politici nel dopo guerra, Roma, 1921, pag. 111). Questo è l'argomento principe dell'apologia fascista. Ma è strano che uno spirito colto come il Murri non ne veda l'equivoco. La guerra ha generato una crisi di orgoglio e una negazione di tutte le misure negli spiriti. Piccoli individui hanno avuto l'illusione attraverso un'esperienza eccezionale, di difendere e incarnare l'originalità di un popolo o di un mondo. In realtà nessun partito può sostituire lo Stato, a nessun movimento sociale può spettare la funzione del coordinamento delle volontà e del rafforzamento della coesione degli spiriti, perché queste sono funzioni che non hanno organo, e si realizzano per impulsi di lotta e di consenso in un processo tutto immanente. Nel movimento operaio non v'era e non v'è nulla di antinazionale; il monopolio dello spirito nazionale ad una classe o a un partito è una di quelle grossolane falsificazioni che nascono e prosperano solo dove la cultura politica s'è fermata al più ingenuo candore. Invero la volontà statale è un processo e un risultato a cui le iniziative soltanto e gli sforzi diretti collaborano: il fascismo è stato storicamente più fecondo e più utile (s'è spiegato in qual senso) dove ha assunto una posizione precisa nella lotta politica agraria, che in tutte le sue confusionarie teorie patriottiche le quali hanno essenzialmente contribuito a isolare e a svalutare i modi della disciplina tra le masse. E da chi mai lo Stato ha bisogno di difendersi, fuorché nelle relazioni tra gli Stati? Forse che la coesione dei popoli s'insegna coi catechismi? La politica delle leghe ferraresi e bolognesi non era nefasta perché ignara delle corradiniane dichiarazioni di principio, ma perché economicamente disastrosa e parassitaria. I feudatari del ferro sono parimenti dannosi e parassiti anche se li difende Alfredo Rocco con l'idea nazionale. Opponendosi ai leghisti con criteri riformistici o fantastici il fascismo non si libera dalla loro demagogia. ANTIGUELFO.
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