POSTILLE
Vedi Bologna e poi MoriLe agitazioni di Bologna, dal recente e famoso decreto Mori in poi (decreto e Prefetto sinora non sconfessati) hanno fatto versare fiumi d'inchiostro. Su questo tema sono state svolte infinite variazioni, come interpretazione dei fatti stessi. Vediamo di accennare quelle dei principali interlocutori. 1. Liberisti. - Il Governo, organo dello Stato (giuridico) deve garantire la libertà di tutti i cittadini nel campo economico, il libero mercato d'ogni merce, e così della merce lavoro. Nessun monopolio. La lotta economica, attraverso i suoi esperimenti, che si chiamano crisi, emigrazioni, fallimenti, ecc., risanerà tutto in un nuovo equilibrio. 2. Democratico-sociali. - Il problema non è soltanto formale. Va guardato nel suo contenuto economico particolare. In pratica, la sistemazione creata dalle organizzazioni dei socialisti nel Bolognese alla questione della mano d'opera è la più perfetta sinora escogitata. Noi non possiamo assistere con l'impassibilità ottimistica di un economista puro, scientifico osservatore di fenomeni in vitro, a questa tragedia, per attenderne la fatale soluzione. Affermiamo che, in tanta miseria, oggi la soluzione monopolistica data dai socialisti è la migliore. Non si può spazzarla via di colpo. Il governo ha agito saggiamente, per prevenire conflitti, garantendo la permanenza di quell'assetto in attesa d'una nuova soluzione (che potrebbe essere quella dell'annunciato ufficio di collocamento di Stato della mano d'opera, col quale si avrebbe una libera concorrenza, con una autorità moderatrice neutrale). 3. Fascisti. - Il monopolio socialista non è risultato di una vittoria economica e tecnica, del più atto ed agguerrito, conquistata mercè concorrenza in campo libero. È il risultato dei favori (giolittiani) e nittiani del Governo asservito ad una parte. Ora il Governo deve cancellare parzialità così commesse. Lo Stato siamo noi, perché lo Stato è nazionale e noi soli siamo patrioti e ci organizziamo inalberando il tricolore anziché la bandiera rossa, e gridiamo Viva l'Italia e non Viva Lenin. Faremo anche la rivoluzione, per difendere lo stato. Intanto, salviamo l'Italia. 4. D'Annunzio. - Schiavisti agrari! Nazionalisti ! Io parlo con Cicerin e con D'Aragona. Io vi dico: Bolognesi, la discordia sembra oscurare e abbattere anche la fronte della più sana giovinezza. Trionfi la Patria! Viva sempre e su tutto l'Italia! 5. Socialisti. - Macchè Stato e non Stato! Sotto questa crosta di vocabolario politico, i fascisti fanno una lotta che è tutta economica. Essi difendono gli interessi dei padroni contro quelli dei lavoratori. Se no, perché incendierebbero cooperative e sedi di organizzazioni socialiste? In nome dello Stato, come si spiegano queste cose? Anch'essi fanno la lotta di classe. E allora siamo pari; anzi no, perché noi lo diciamo. Se noi ebbimo Nitti dalla nostra, essi hanno ora la Guardia Regia e la P. S. (l'assenza della G. R. e della P. S.) dalla loro. 6. Nazionalisti. - Lo Stato über alles. Lo Stato è la Nazione. La Nazione sola esiste, la classe non esiste. I fascisti affermano la Nazione, i socialisti la negano. Dunque lo Stato giuridicamente costituito, lo Stato di fatto, il Governo deve garantire la libertà a coloro che riconoscono lo Stato; verso quelli che lo negano, verso i suoi nemici, no, esso non ha alcun obbligo di tutelarne la libertà; anzi, all'opposto, deve combatterli senza quartiere. 7. Certi liberali. - Lo Stato, lo Stato di cui parla la Filosofia - tirata in ballo, poverina, a proposito ed a sproposito - lo Stato, se è vero che è - come dite - una categoria dello spirito e non una "ideologia", lo Stato siamo tutti. Anche i negatori dello Stato sono, come possono, e magari contro loro volontà, nello Stato. Se non altro come involontari collaboratori alla formazione dello Stato che sarà domani, al di là delle loro intenzioni e forse delle previsioni di tutti. Se anche essi si illudono di negarlo, negando lo Stato d'oggi, essi ne fanno in realtà una affermazione lontana, immanente. Non col bastone e con le bombe a mano vincerete quel che c'è di idea in essi, e che - poco o tanto - ci deve pur essere, se son uomini. (o vorreste rinnovare nella politica interna i furori intesisti che, per la politica estera, facevano proclamare a taluno, sedicente filosofo, che il "Tedesco non è uomo"?). Non già sopprimendo violentemente questi nemici li conquisterete alla vostra idea dello Stato. La realtà storica non si lascia tutta ingabbiare nelle vostre formule. Voi siete Stato, sì, ma non voi soli. ***
I primi hanno ragione. Ma anche i secondi - o buon Manzoni! - anche i terzi, quarti, quinti... Tutti hanno ragione. Allora, hanno tutti torto? Chissà! Tutti affermano lo Stato; ciascuno ben inteso, a modo proprio. Vogliono tutti, in fondo, la stessa cosa. E perciò sono nemici giurati: come il Papa e l'Imperatore nel Medio Evo. Tutto starebbe a mettersi d'accordo su un punto che cosa è lo Stato? Qui est veritas? A Bologna dicono: Mooh! A Bologna non vedono più in là del prefetto comm. Mori. Il gran gesto dei pezzi grossi locali fu quello di "troncare ogni rapporto coll'autorità prefettizia locale, comunicando direttamente col Governo". E il Governo... rimandò il Prefetto nella sua Sede. In quest'aria umida ed afosa tutto prende un aspetto, tutt'al più, di tragicommedia. A descrivere la politica bolognese, al di qua - o... al di là? - dei significati profondi, "immanenti", della cronaca, ci vorrebbe, piuttosto che un politico, un umorista. L. EMERY.
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