POLEMICA FASCISTA
Signor Direttore, La "Rivoluzione Liberale" del 28 Maggio, dedicata allo "studio del fascismo", parlando del mio volumetto "Il fascismo: dati, impressioni, appunti " dice che io, pur volendo restare al disopra della mischia ho "grossolanamente messi insieme fatti inesplicati (sic!) o incompleti, cosicché il libro che non ha pensiero è inutile anche come documento". Ignorando la statura di chi ha scritto questo giudizio di esecuzione, mi è difficile apprezzare tutta la mia piccolezza quale risulterebbe dal giudizio medesimo. Poiché però debbo ritenere che la "Rivoluzione Liberale" sia un'alta e nobile tribuna di studi e non una meschina cattedra di presunti superuomini raccoltisi per sopravalutarsi a vicenda, col dottorale vituperio dei dissenzienti dal loro credo, rilevo e denunzio la disonestà e l'ingiustificato veleno dell'anonimo critico. Potrà, la succinta monografia richiestami dal professor Mondolfo, essere modestissima cosa, ma il suo esame deve, comunque, ispirarsi a quella probità senza la quale le recensioni assumono il "ruolo" di spedizioni punitive sotto forma di "imboscata". Il mio studio sul fascismo si chiude al 23 agosto dello scorso anno, quando il fascismo era tuttavia un "movimento" e, sopratutto necessitava stabilirne il sorgere e lo svilupparsi in confronto dell'ambiente e dei fatti che l'avevano strettamente accompagnato. E così, io a fatica - perché la vasta letteratura fascista è venuta dopo - ho allora cercato di ricostruire il "fenomeno" ricorrendo a fonti di diversa intonazione, con una obbiettività che solo un risoluto settario è capace di contestare. Se il mio critico avesse aperto il fascicolo V, avrebbe visto con quale cura - nell'ambito del limitato spazio concessomi dal Mondolfo - ho tentato di coordinare gli elementi fornitimi da giornali, atti parlamentari, monografie, ecc., ecc.; cosicché il fascicolo stesso contiene tanti dati quanti nessun altro lavoro - sul tema - ne contiene, neppure adesso, nel quotidiano dilagare di dissertazioni, di tutte le specie, intorno al fascismo. Dov'è mai la "grossolanità" in quest'opera compiuta come si poteva, postillata da scrupolose citazioni, lumeggiata dalle osservazioni personali, di dentro e fuori il Parlamento, cosicché nell'orbita almeno del periodo del suo manifestarsi, il fascismo è sempre accostato alle condizioni del giorno? Certo che non ho dato fondo all'universo, e non ho composto una severa monografia storica impeccabile (e nell'opuscolo lo dico), ma certo, pure che nessuno ha riunito, pel momento un sì esteso ed organico materiale, di guisa che l'affermare che l'opuscolo è inutile persino come "documento" è affermare cosa, che, essendo evidentemente non vera, la si afferma sapendola falsa coll'atteggiamento offensivo dei burbanzosi fatui e cattivi. Circa poi al difetto di pensiero, accetto la "frase" se si tratta del pensiero che sarebbe piaciuto al mio "Minosse " o di quel pensiero ultra-sociologico, prolisso che confonde le elucubrazioni arci-ideologiche, filosofiche, in sostanza inconcludenti, colla spiegazione viva, reale, non scolastica né accademica dei fatti. I richiami sistematici a teorie generali; gli immaginarii addentellati esteriori con questa o quella dottrina, questa o quella situazione politica, sono, nel maggior numero dei casi, sforzi intellettuali, o romanzi, locché ci dà conto dell'insuccesso al di là degli articoli e dei libri, di taluni scrittori eleganti, efficaci, acuti, magnifici espositori di strategia a tavolino, inetti a guidare quattro uomini ed un caporale sul terreno tattico! Il fascismo, sino al 23 agosto 1921 io l'ho capito ed illustrato nella sua genesi e nei suoi coefficienti, sebbene non abbia creato la dottrina scientifica o simili del fascismo..., e sono orgoglioso di non essermi smarrito in quel "pensiero" che il mio malevolo recensore, scambia pel... "pensiero", e noi, vecchi piemontesi, battezziamo con una locuzione non troppo signorile ma scultoria: "sôn tute bale". Dev. ADOLFO ZERBOGLIO. ***
Pisa, 31 maggio 1922. P.S. - Nello stesso numero della Rivoluzione Liberale nell'articolo "Letture sul fascismo" da Lei firmato, accennando a me, Ella scrive "Anche per il caso letterario (?) di Adolfo Zerboglio, deputato al Parlamento, non occorrono speciali approssimazioni di psicologia perché si resta nell'introduzione del problema(?)". Il mio volumetto è stato redatto quando io non ero, come non sono più "deputato". (ma è firmato con tanto di On.!). Anche questa sua imprecisione, ha, perdoni, qualche significato: ma ciò che mi preme notare è che io non comprendo il senso del suo periodo. Dipenderà da che son un... senza pensiero..., e qui si affaccerebbe un lungo discorso che svolgerò altrove, o, chissà le esporrò a voce, se avrò, come spero, l'occasione prossima di venirla a conoscere personalmente. a. z.
Adolfo Zerboglio - per il quale noi continuiamo ad avere la stima che merita un antico collaboratore de La Voce - ci viene abituando da qualche tempo a certi curiosi casi letterari che egli professa candidamente di non intendere. Adolfo Zerboglio invece è certo letterato di mestiere se ha potuto scrivere ne La Gazzetta del Popolo del 30 marzo una recensione del suo Fascismo intesa non a nuovi rilievi o riconfermare ideali, ma ad una pacifica propaganda libraria. Come non pensare - per indulgenza - a una figurazione retorica quando egli scrive di sè: "Adolfo Zerboglio è, in certo modo il cittadino italiano, fuori rango, non cieco ed ignaro degli errori fascisti, ma grato al "fascismo" di aver contribuito a salvaguardare l' Italia dalla follia bolscevica, richiamando i partiti estremi sul terreno della realtà, e mettendo in maggior valore materiale e morale la Nazione e la Patria. Io resto assai contento di quello che or ora ho battezzato modestamente "diario"... le mie striminzite 45 pagine sono dense di citazioni e di richiami. Io non ho taciuto sugli eccessi fascisti, ma non ho dimenticato le giornate nelle quali i saggi a che ora sentenziano dignitosamente su quegli eccessi, tremavano per la proprietà e per la vita, e gridavano anch'essi: Eja, Eja, Alalà! Meno trascendentale filosofia, minori declamazioni, e meno oblio, questi mi paiono i titoli positivi dei miei "Dati, impressioni ed appunti"? Noi abbiamo per Adolfo Zerboglio troppa amicizia per continuare su questo terreno personale e chiedergli ragione e precisione nelle sue frettolose spedizioni antifilosofiche che non vediamo perché debbano dirigersi contro noi che ci professiamo modestamente storici e studiosi dei fatti contemporanei. Per giustificare la sua lettera egli dovrebbe dimostrarci: I) che il suo libro ha un valore documentario ossia può e deve essere documento indispensabile e insostituibile per chi voglia fare la storia del fascismo. 2) che nel suo libro c'è un pensiero originale e personale. Ma egli non può dimostrare nè l'una cosa nè l'altra. I) perché i documenti del fascismo sono infiniti; nell'agosto 1921 non era possibile ordinarli in archivio e benché A. Z. ne abbia citati diligentemente alcuni lo storico dovrà ancora risalire alle origini ( Popolo d'Italia, Ordine Nuovo, Avanti!, Critica sociale, ecc.) e non si potrà accontentare delle sue citazioni necessariamente (non gli vogliamo fare un rimprovero) frettolose. Il suo libro documenta i suoi atteggiamenti. Ma appunto perciò dicevamo non essere necessarie speciali approssimazioni di psicologia (indagini ulteriori della sua personalità) Perché egli non ha avuto nel fascismo posizione dominante ed originale: è restato un episodio laterale di intellettualismo borghese assai diffuso. 2) perché il pensiero del suo volume è il risaputo concetto che il fascismo valga per l'opera sua patriottica e per la compiuta difesa dello Stato o della Nazione - concetto che era già un luogo comune nell'agosto 1921 - e che Zerboglio ci deve ammettere trovarsi generalmente espresso in tutti i quotidiani democratici e pseudo liberali. Ma egli ha pur visto come nel nostro numero sul fascismo noi abbiamo tentato di questo concetto una critica rigorosa che era inutile ripetere discorrendo di lui. Certo è che anche nel sintetico giudizio de La Rivoluzione Liberale si dimostra matematicamente che A. Zerboglio non poteva, per la sua preparazioni e per il momento scelto, spiegare la genesi dei fascismo -ma doveva scriverne appena in modo grossolano (come accade di tutte o quasi 1e compitazioni, anche se son fatte da uno spirito fine) la cronaca materiale. Fu un'anticipazione, un tentativo di lavoro; e ormai i fatti ne hanno limitata la validità. E Zerboglio ne è conscio e chiama il suo libro diario, che è un termine ignorato dalla politica e classicamente letterario e psicologico. Egli sa, e lo ha scritto, che storia e pensiero nel senso validissimo che noi vi attribuiamo si trovano per esempio, a proposito del Fascismo, più in Missiroli, o in Grandi, o in Mondolfo che nel suo libro. Perché dunque coltivare anacronismi pseudo autoctoni e continuare il broncio all'innocente "pensiero"? p. g.
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