UOMINI E IDEE

PANTALEONI.

                                                                          Roma, 10 giugno 1922.

    Egregio Signore,

    Su "La Rivoluzione Liberale" richiama la mia attenzione 1a Sua di maggio con la quale mi ringrazia per "l'autorevole adesione ", per il "cordiale appoggio", cosa questa dimostrataLe con l'aver "trattenuto le copie della Loro Rivista Settimanale ".

    Lei è lieto di potermi "iscrivere tra gli abbonati" e di "annoverarmi tra gli amici del Suo lavoro".

    E mi invita a mandarle L. 20.

    Io penso che L. 20, in questo caso, mi dànno il diritto di rispondere alle varie cosine che ella mi scrive.

    In prima linea devo dirle che non mi sono accorto dell'arrivo della Sua "Rivoluzione Liberale". Non ho il tempo per stare attento a tutto quel che mi giunge per posta.

    Cercando tra le carte non ancora cestinate ho trovato il n. 4 giugno ed ho letto le cinque colonne e mezza di Suckert, che mi sono riuscite indigeste come un chilo di pane K.

    Poi ho visto un primo preposto a un articolo sui "Lineamenti teorici introduttivi" del problema militare.

    Lei non può immaginare il mio sgomento: una "introduzione ", e "teorica" per giunta, e di soli "lineamenti": un primo al quale farà seguito, per lo meno, un secondo!

    Ma, caro Signore, neanche se Lei regala a me 20 lire, anziché volerle da me, ho tempo, trovo piacere, ricavo un profitto intellettuale se leggo consimile roba. Proprio l'A. ha un nome infelicissimo ! Stia attento a non perdere la sua "i" in una polemica.

    Ma, poi devo dirle anche questo: dalla Sua lettera vedo che sono collaboratori suoi Salvemini, Missiroli, Prezzolini! Ed è quanto basta perché io non voglia stare dove stanno loro, collaborare dove collaborano loro, leggere ciò che scrivono questi messeri.

    È da un pezzo che ci conosciamo, essi ed io, e che ci siamo sempre trovati in campi opposti. E ci siamo detti quello che avevamo da dirci.

    Le accludo L. 20 a patto di non ricevere più "La Rivoluzione Liberale" e Le interdico nel modo più formale di spacciarmi presso altri come sostenitore, aderente o collaboratore.


    Ossequi.


M. Pantaleoni.



    Il prof. M. Pantaleoni è servito.

    Interdirci nel modo più formale di spacciarlo, ecc., è cosa inesatta perché si interdice solo andando contro un desiderio o un proposito altrui e noi non abbiamo mai desiderato spacciare M. P. come "sostenitore, aderente e collaboratore" non essendo usi a spacci siffatti. Dobbiamo, per appagare le fantasie di M. Pantaleoni "spacciarlo presso altri" come non collaboratore: e la pubblicazione della sua lettera lo soddisfa ad usura dimostrando tale sua qualità esplicitamente ed implicitamente: il suo stile non corrisponde infatti a quella misura che qui si vagheggia.

    Il professor Pantaleoni scherza: ma non vorremmo poi che ci fosse troppa involontaria ingenuità quando egli pronuncia i suoi giudizi e lancia i suoi motti.

    Il professore Pantaleoni si sdegna perché s'avvede di avere verso di noi un debito di venti lire: pagandolo si vuol sfogare: mentre dovrebbe incolpare sé stesso che è cattivo amministratore e non trae profitto dagli insegnamenti economici che pur va impartendo da tanti anni.

    Non vogliamo insistere su questi allegri fatti personali. Ci basti notare il caso Pantaleoni che ha il suo posto nella storia dei costumi. Egli va diventando il dogmatico di sé stesso: allo studio ed all'esame s'ostina a sostituire uno scherno buffo e una leggerezza che sono a doppio taglio. È credibile che la posta non gli porti più nulla di nuovo. Egli dovrebbe essere un docente universitario, un educatore: ma non ha più nulla da imparare: tiene le sue caselle pronte e ciò che non può intendere vien riferito al pane K. Fuori di Vita Italiana e del Patto di Londra si trovano soltanto esecrabili messeri come Salvemini, Missiroli, Prezzolini! E con questi messeri egli non mantiene discordia d'idee, ma la rigidezza intransigente della divinità colta in fallo, della debolezza ingenerosa.

    Per nostra pace, i modelli di carattere non sono tutti come M. Pantaleoni e perciò noi ne possiamo parlare serenamente e metterlo sin d'ora al suo posto nella storia: le sue nuove prose, umoristiche, gli atteggiamenti bizzosi e spiritosi non ci faranno dimenticare il Manuale di economia pura e gli Scritti vari di economia. Egli può ben scialacquare e divertirsi e perdersi in cose vane: nel 1910 il suo bilancio si chiudeva con fortissimo avanzo.





D'Annunzio

    Parlare con D'Aragona, Baldesi, Cicerin, Sturzo - annunciare che si va verso il socialismo di Stato e concedere la sola intervista ufficiale chiarificatrice al Corriere della Sera - parlare con fraccaroliano spirito e leggerezza di Cicerin: ecco tutti i numeri per sembrare in Italia un grande politico. Gli italiani pensano sempre il politico molto vicino al commediante. Non per nulla amano il Conte di Cavour nel... Tessitore.

    Gabriele D'Annunzio adora tra i metodi d'indagine l'inchiesta diretta. Ma l'intende in modo assai curioso: "Per mezzo di questi colloqui rigorosi io ora conosca di tutto il movimento operaio e marinaro, e contadino, assai più di quanto abbia appreso da letture faticose ed infide. E risparmio quest'occhio che troppa presto si stanca e s'appanna"! La beffa al "buon dantista" D'aragona non poteva essere più arguta né più meritata. Ma che cosa crede di conoscere G. D. del movimento operaio? D'Aragona e Baldesi, villan rifatti, conoscono il movimento operaio come i contabili conoscono l'industria, come il tipografo conosce le poesie che stampa.

    "Io parlo ai miei operai nel mio giardino. Li faccio sedere. Io rimango in piedi". G. D. ragiona da perfetto schiavista. Sa essere umile e democratico, ma a patto di poter subito osservare: - vedete come sono umile, come vi degno della mia confidenza? E sono Gabriele D'Annunzio!

    La mente di G. D. è rudimentale; non gli è dato comprendere nulla della realtà politica. Per lui la Stato di Fiume può trattare con la Russia dei Soviet - lo Statuto della Reggenza è il comunismo - andare coi comunisti non esclude che si possa andare con Baldesi. - È in ciò popolano: e perché non capisce, perché si ferma alle apparenze e alle idee grossolane perciò è popolare. Fu politico nel '15 quando la politica si confondeva col patriottismo. Oggi del movimento sociale intende una parola: pacificazione e non capisce che anche per realizzare la retorica questa volta occorre diplomazia.

    Il Senatore Albertini, con la consueta prudenza, ha saputo neutralizzare l'amena letteratura d'annunziana e mentre gli avventurieri e i disoccupati intellettuali si attendevano un proclama del Comandante nelle Battaglie Sindacali o un articolo di fondo nell'Avanti! lo ha messo al suo posto e gli ha dedicato quattro colonne: ma nella terza pagina al posto della varietà e della letteratura. E ha mandato Simoni, non Borgese,Emmanuel ad intervistarlo.


p. g.