LETTURE DI ECONOMIA

        MANN - Problemi e tecnica dell'esportazione d'oltremare - Treves, Milano, 1922 - L. 4.

        Una delle principali basi del prestigio di uno Stato presso un popolo straniero è l'entità e la forma della sua esportazione d'oltremare, e in generale dell'esportazione all'estero dei prodotti della sua industria. Lo Stato che manda all'estero con assiduità e con potenza di organizzazione i prodotti in cui si specializza, dati i caratteri vari che possiede per cui certe industrie attecchiscono tenacemente e rigogliosamente in esso, dimostra di essere ordinato internamente, dimostra che in esso si lavora con intelligenza e si progredisce, e quindi acquista stima presso i popoli di altri stati, i quali misurano assai da questi indizi il grado di considerazione in cui un certo stato deve essere tenuto.

        L'organismo della esportazione italiana d'oltralpe è assai meschino. Intanto in Italia non tutte le industrie che potrebbero vivacemente e stabilmente fiorirvi hanno avuto finora l'impulso che in altri stati ricevettero. Si tratta, in sostanza, di industrie che non assumono, né possono assumere, proporzioni gigantesche ma che tuttavia potrebbero recare un grande beneficio economico al paese. Così è certo che la nostra produzione agraria, che è la maggiore fonte della ricchezza italiana, e che dovrebbe perciò attrarre 1e maggiori cure della popolazione e, per quanto sta in esso, del governo, è molto trascurata. L'industria enologica comincia a mettere radici appena adesso, ed appena ora pare che i produttori abbiano volontà di mettersi sul serio a lavorare in comune allo scopo di mandare all'estero pochi determinati tipi di vino con caratteri costanti e perciò tali da guadagnarsi la simpatia e la fiducia dello straniero. L'olivicoltura invece di andare avanti regredisce; la bachicoltura fa una vita molto grama; nella produzione e nel commercio degli agrumi la Spagna ci lascia dietro di un bel tratto e si potrebbe andare avanti e vedreste che la fila non è breve.

        Non solo; ma il popolo italiano ha attitudine a lavori di una certa arte, di una certa finezza e, diciamo pure, di una certa complessità: ed ha ripugnanza per i lavori monotoni, volti alla produzione d'un certo oggetto sempre eguale, senza difficoltà, anzi io ritengo che il carattere generalmente turbolento dell'operaio italiano, che lavora nelle grandi officine moderne, sia dovuto alla violenza che fa al proprio carattere e alle proprie attitudini, sperperando, le proprie energie in lavori che non gli procurano nessuna soddisfazione, a causa della loro monotonia.





        Da noi si cerca di far progredire artificialmente proprio quelle industrie che sono meno compatibili coi caratteri principali dell'economia italiana.

        Ad ogni modo, ammesso che la guerra abbia dato all'industria italiana un impulso sia pure folle, sia pure cieco, ma forte non poco, bisogna vedere se i suoi prodotti trovano uno sbocco non dico nei mercati interni, ma nei mercati stranieri. Ora, è riconosciuto che per procacciare e mantenere questi sbocchi, è necessaria una poderosa e moderna organizzazione del commercio straniero, specialmente ove questo sia volto ad affermarsi rigorosamente sui mercati più lontani. Si può dire, senza timore di esagerazione, che l'Italia manca di una simile organizzazione.

        In passato vi erano industrie italiane, il cui prodotto finiva nei magazzini delle case commerciali di esportazione tedesche, e andava in giro pei mercati del mondo come merce di fabbricazione tedesca. Cosa significa questo? Significa che in parecchi casi la merce italiana era tale da competere valorosamente colle merci straniere somiglianti, ma non poteva conquistare con un proprio nome i mercati lontani appunto per la mancanza di una organizzazione dell'esportazione.

        Il Mann, dopo aver notato e illustrato queste circostanze; esamina le varie forme con cui questa organizzazione può crearsi; e da tale esame passando a ragionare di qual forma la produzione italiana possa più proficuamente valersi, non esita a rilevare che essa sia quella delle case commerciali di esportazione. Le quali sono organizzazioni indipendenti dalle industrie. Esse assorbono il prodotto di queste; e la loro funzione essenziale è quella di collocare tale prodotto nei mercati stranieri, valendosi di tutte le conoscenze che sono a loro portata, e che devono procurarsi perché sono indispensabili all'esercizio della loro funzione. Conoscenze di natura assai delicata, minuziose, che si estendono dal clima e dalla configurazione di una regione, ai più triti pregiudizi e vizi di un popolo; e tali perciò da esigere nella persona o nella istituzione che le ricerca requisiti particolari, che il privato industriale, soverchiato dal lavoro della produzione e dell'esplorazione del mercato vicino non può avere. Vi sono bensì dei sindacati industriali che riunendo insieme le forze di più industrie, riescono a guadagnare una particolare autonomia anche per ciò che riguarda i1 commercio d'oltremare; ma essi richiedono una disciplina rigorosa nei loro membri; e giustamente il Mann, in considerazione appunto della psicologia del nostro popolo, indisciplinato per natura e amante della propria indipendenza, ritiene che sia meno conveniente questa forma rispetto all'altra già accennata.

        Il libro è pure ricchissimo di notizie tecniche sul credito all'esportazione, e sulla costituzione interna delle case commerciali di esportazione. Libro sgombro di inutili chiacchiere; o di viete norme, buone da relegarsi in inutili trattati di ragioneria, esso merita di esser letto e diffuso.


BERNARDO GIOVENALE