UOMINI E IDEE

    Il giornalismo è un momento della vita ideale da cui una visione dialettica dello spirito non può prescindere. Il giornalista come scrittore che scrive di ciò che non conosce, che si fa in tre giorni un'esperienza dove altri elabora la specializzazione di tutta una vita, rappresenta l'agilità dello spirito che muove alla conquista dell'infinito sapere, che prende coscienza dei modi di attività del pensiero più complessi e diversi. Il giornalismo è dunque il momento della prima effettuazione della possibilità e la risoluzione della mera potenza in un atto che nella sua imprecisione e complessità è ancora la fotografia della potenza. La maturità e l'organicità, dato questo atteggiamento dello spirito, vengono, non per un processo di limitazione, ma attraverso una corsa all'approfondimento. Il giornalismo aiuta dunque l'affermarsi di una visione integrale e complessiva della vita, si oppone alla fredda e falsa specializzazione, rappresenta in ogni attimo dello sviluppo la coerenza dell'infinito mondo storico che si deve studiare con la conquistata unità spirituale da cui lo si considera.

***

    Accanto a questo giornalismo ideale esiste un giornalismo pratico; di professionisti che ne è la franca contraddizione. C'è il giornalista... che non cerca gli approfondimenti successivi. Quello che non raggiunge il sistema. Che resta sempre infante, saccente, che non studia più perché deve scrivere, non pensa perché deve chiacchierare al caffè, non legge perché deve fare l'intervista.

    Tal quale il professore che non s'affatica il cervello perché ha già da fare la lezione e non pensa perché preferisce arrotondare lo stipendio.

    Che cosa significa per la nostra cultura il fatto che quando si dice professore o giornalista il pubblico pensa soltanto alle due figure decadenti qui disegnate?

***

    Scrive troppo! ecco una frase con la quale spesso ci si libera dal giudicare seriamente uomini che non riusciremmo a svalutare discutendoli.

***




    Arnaldo Fraccaroli resterà pur sempre la figura più caratteristica (e più cara alla maggioranza) della stoltezza giornalistica borghese. Fraccaroli è l'idiota che non s'avvede di esserlo e, su tutti i mercati, vende e magnifica come merce sana la sua dappocaggine. Ma è più plebeo di un commerciante perché non ne ha la disinvoltura e la doppiezza. L'incapacità di ironia verso sé medesimo lo fa goffo : rimane il trastullo sgangherato e grossolano di chi lo osserva ed è condannato a essere perpetuamente il burattino di sé stesso, a vedere sempre riflessa in ciò che scrive e in ciò che lo circonda la propria sciocchezza.

    Socialmente è la figura del viaggiatore che non si ferma; osservatore impenitente, per il quale il conoscere si confonde col vedere dal finestrino del treno. II suo libro è la pellicola, il suo pasto il giornaletto umoristico. Se Fraccaroli leggesse Kant, ci ritroverebbe ad ogni riga una freddura: egli non può smentirsi, bisogna che rida ad ogni istante, superficialmente della propria superficialità. La sua materia è internazionale - senza realtà. I fantasmi visti materialmente, con gli occhi, dal finestrino del treno svaniscono quando la fantasia estetica li voglia precisare. Invece di canzonare questa sua incapacità di esprimersi Fraccaroli resta dogmatico, impettito nella sua impotenza, ma tra le risa della platea ci sono pure e ci saranno gli scrosci dell'ironia e della beffa.

***

    L'amicizia di Vittorio Emanuele Orlando ed Angelo Musco: la più sintetica espressione della Sicilia di Nasi nella penisola, i rappresentanti dell'Italia chiacchierona, teatrale, lazzarona, e sentimentale, che conoscono gli stranieri. Il cortigiano e il suo pagliaccio (un Gran Collare e un Gran Cordone). La lagrimuccia vale la risata in terra di mimi: ai liberti le decorazioni sotto la sacra custodia delle leggi democratiche.


Il critico.