ANTOLOGIA
Togliamo da un articolo di Pierre Hamp sulla Nouvelle Revue Française: "La Francia basando il suo ragionamento sulla giustizia d'obbligare la Germania a riparare le distruzioni che ha compiuto, la Germania cercando di evitarlo e di riservare la propria fortuna a detrimento della Francia; hanno tuttavia un interesse comune sul quale i loro sentimenti non permettono d'intendersi. Cercando reciprocamente delle ragioni di guerra in pretesti storici, erano nell'errore, cercando delle ragioni di pagamento in prove di giustizia esse sono ancora nell'errore: non nell'errore spirituale, ma nell'errore materiale. Occorre ch'esse ragionino sulla sola idea di profitto comune. La Germania deve riparare la rovina della Francia che deve aiutare la Germania a rifarsi ricca... Mai la fatalità dell'associazione ha talmente smentito l'idea di lotta". L'assurda contraddittorietà dei fini d'una politica diretta, per usare la frase di un finanziere americano, a segare la gola della mucca che si vuol mungere si rivela finalmente anche ad occhi francesi, e piace notare come anche in Francia s'incominci a porre la questione dei rapporti internazionali su di un piano di realtà e di necessità. La tradizione politica francese sbocca fatalmente in un patriottismo egoistico e violento che privo d'un contenuto universale, non può contare se non sulla forza: la Francia dei piccoli capitalisti e dei piccoli agricoltori lotta per una egemonia in Europa che ha carattere strettamente nazionalistico conservatore; né si può pensare con qualche convinzione ch'essa sia per gettare Poincaré ed il patriottismo anti-germanico per quello che il nostro articolista, auspicandolo, chiama Mirabeau e il patriottismo umanitario: quelli hanno per sé il sentimento e gli apparenti interessi della nazione; questi, privi del loro storico contenuto rivoluzionario rappresentano anche per i francesi un vacuo ideale, cui non bastano per ora a rendere concreto e agente gli interessi di Loucheur e compagni. Ma se la Francia non pare destinata a farsi essa banditrice e profittatrice del nuovo ideale della solidarietà delle nazioni e debba anzi continuare la sua politica sulla linea attuale, è pur necessario ch'essa si renda conto delle imprescindibili necessità, che la realtà oppone alla sua azione, e agisca contro quel dominante spirito giuridico che, terribilmente astratto nella sua chiarezza, le ha riposto in braccio, come dice lo Hamp, lo scudo di Giovanna d'Arco incidendovi, sotto il fatidico "Dieu et mon droit ", il nuovo motto per la Germania: pagami! La generica interdipendenza delle nazioni è un concetto che la storia d'oggi s'incarica di provare sempre più chiaramente: la prova del vantaggio che deriverebbe alla Francia dal non opprimere troppo la nemica, se non per altro, come salta agli occhi di chiunque, ai fini delle riparazioni è destinata ad ottenere sempre maggior successo a mano a mano che svanisce la speranza clemenciana di fondare sull'inadempienza tedesca il diritto, sulla debolezza tedesca la possibilità di un'egemonia militare francese. Le condizioni della Francia sono quanto mai tragiche e dure: per una parte essa comincia a sentire di non esprimere più un'idea che le consenta di proseguire la sua gloriosa tradizione europea: l'umanità vuole una fede, dice Pierre Hamp,1a Francia non è capace che di carattere... Tutta la sua psicologia è di resistenza all'invasione, non di propagazione d'una filosofia; per l'altra parte essa si ritrova impotente a dominare con la forza gli avvenimenti. In queste condizioni l'arrendersi al riconoscimento della contagiosità della miseria è per lei un'utile necessità, ridurre la propria politica essenzialmente su dei termini di vantaggio economico sarebbe un grande passo avanti sulla via della risoluzione dei gravi problemi che la travagliano. EDOARDO RAVERA
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