LETTURE POLITICHE
L. TROZCHI - Terrorismo e comunismo - Milano, Società Editrice "Avanti !", 1922. Contro l'astrattismo dell'intellighenzia slava, da Radiscev a Tolstoi, Trozchi afferma, per primo in Russia, una visione liberale della storia. Alla concezione della storia come prodotto delle libere attività umane Trozchi è giunto attraverso la cultura marxista. Nella concezione marxista c'è la possibilità di superare fecondamente l'astrattismo intellettualistico che vizia la posizione dei pensatori slavi vanamente tormentati intorno all'astratto dissidio di slavofilismo e di occidentalismo. Slavofili e occidentali movevano nello stesso modo da pregiudizi hegeliani, di un Hegel interpretato misticamente, quale fu per esempio l'hegelismo italiano del Vera. La missione redentrice attribuita alla Russia da Comiacov e da Dostoievschi; l'importazione, presentata da Bielinschi e da Herzen come rivelazione, delle idee illuministiche europee nell'oscurantismo slavo concludevano per due diverse vie a far perdere la visione della realtà, a ignorare le condizioni popolari, a rivestire di una funzione politica una classe intellettuale, nutrita di valori mistici, sognante il mito della pura razionalità, miserevolmente priva di ogni capacità d'azione. Atei o nemici della Chiesa ordinata, questi intellettuali non erano riusciti a formulare una critica della vecchia teocrazia e la loro religiosità non si realizzava in nulla di concreto, ma si perdeva in messianica aspettazione di palingenesi morale. La morale non s'intendeva come atto pratico, sociale, che socialmente conta in quanto ha di concreto, e per dire la parola, di politico, ma rimaneva un'astratta purezza formale da contemplarsi. Morale che ha la sua redenzione fuori di sé (Tolstoi, per es. Resurrezione) e perciò è intimamente falsa (inadeguata, sterile). Una salda coscienza dei valori dell'economia dapprima intesi addirittura deterministicamente e materialisticamente, fu il primo fondamento per la negazione della teocrazia, sviluppatasi fuori delle condizioni reali della vita russa, cristallizzatasi in una funzione accentratrice, capace di distruggere ogni attività e di mantenere schiavi i cittadini. Lo sforzo di Trozchi pensatore è tutto volto a considerare il problema religioso come mera questione politica; nella quale considerazione egli spera di dissolvere la mistica logica dell'indifferentismo chiesastico, costringendola ad una esplicazione concreta, che praticamente dovrebbe esserle fatale. "Il socialismo materialistico", dice Trozchi in una sua polemica contro il Masarych "è in sostanza per gli operai la prima forma di vita soggettiva - di vita per loro stessi". La critica che gli intellettuali hanno opposto alla teocrazia russa s'è perduta in una visione mistica e negatrice, dei valori e della realtà. In Russia, terra feconda di tutti i misticismi, il pensiero deve farsi astrazione, i valori ideali devono diventare inafferrabili nebbie. Anche Kant trapiantato in un ambiente slavo diventa affermazione di misticismo (esempio: Masarych). Trozchi comprende che per stroncare il misticismo alla radice bisogna distruggere la filosofia (pseudo-filosofia) e affermare una concezione materialistica della vita. La storia è creata dagli individui. Perciò l'individuo non deve perdersi in un sogno di fantastica trascendenza, di quietistica contemplazione, ma deve prendere coscienza della propria responsabilità. "Di che cosa soffre il nostro contadino russo? Dell'assenza di individualità ossia di ciò che è stato precisamente decantato dai nostri populisti reazionari, di ciò che ha glorificato Tolstoi in Platone Carataief: il contadino si dissolve nella sua comunità e si sottomette alla terra. È evidente che il socialismo non si può fondare sui Platone Carataief, ma sui lavoratori che pensano, dotati di spirito d'iniziativa e di coscienza della loro responsabilità". Bisogna sviluppare ad ogni costo lo spirito d'iniziativa nell'operaio. L'individualismo della classe operaia non è in contraddizione con la solidarietà e la collaborazione fraterna" (Terrorismo e Comunismo, cit.). Pensiero solido e cosciente del proprio valore storico tanto che si pose nettamente in contraddizione coll'astrattismo tolstoiano. La visione di Trozchi s'è fatta nettamente volontaristica ed ha lasciato da parte il nucleo materialistico e fatalistico che vizia la concezione della storia in Marx. Con questa concretezza egli si è posto il problema della rivoluzione, conscio che nella vuota aspirazione anarchica della Russia anti-zarista ci sarebbe stata la possibilità di introdurre un principio di vita e di realizzazione solo quando si fosse creata una classe dirigente capace di imporre una disciplina e di intendere i valori dello Stato, facendolo Stato di cittadini. Contro il riformismo di Kerenski, che operava in Russia con il cervello di un democratico all'inglese, Trozchi teorizza la dittatura del proletariato come governo che non nasce dall'indifferenziato popolo, ma da quella parte di popolo che sente la responsabilità pubblica; e nel consiglio di fabbrica vede l'organo essenziale che può condurre operai e contadini ad una esperienza politica, sempre commisurata alla loro crescente maturità. In un paese a tipo slavo, dove accanto alla teocrazia vive da secoli un sentimento libertario meramente anarchico che non si è potuto mai realizzare in una coscienza salda dei valori individuali è perfettamente legittima e profondamente liberale tutta la critica del Trozchi alla metafisica giusnaturalistica dei democratici. Vano è predicare l'uguaglianza filosofica ed astratta quando nella storia soltanto un'uguaglianza, empiricamente determinata, momento per momento, può avere efficacia reale di forza politica. Il mito democratico, creazione contingente della Rivoluzione francese, fu validissimo sostegno alla polemica antifeudale, ma non può avere effetto di consensi in un popolo che appena si sta formando e che ancora non crede universalmente al valore individuo. Trozchi vagheggia uno Stato in cui la libertà non sia proclamata per legge, ma sia conquistata dai cittadini, nella stessa misura in cui singolarmente ne possono avere responsabilità. Di fronte agli astrattismi egalitari (che in Russia a ragione son da chiamarsi, più francamente, reazionari) questo è fecondo principio di quel liberalismo che intende la storia come vivente risultato (sempre imprevedibile e trascendente i singoli) di quanto gli individui operano, di quanto ciascuno può recare all'opera solidale dell'umanità: concorso operoso che non si valuta a priori per un processo di astrazione, ma pragmatisticamente conta in quanto si realizza. Con questi principi spiega il Trozchi la sua concezione di liberalismo e ne vede un esempio concreto nel sistema operaio di lavoro volontario dei sabato e delle domeniche comuniste. Per questi principi afferma con una decisione che non deve lasciare dubbi la funzione degli intellettuali come forza viva della civiltà. E all'organizzazione dell'industria con direzione e responsabilità collegiale difesa dai socialisti oppone il sistema dell'unico direttore. Tutta la Rivoluzione russa, nella sua intima dialettica, promovendo la costituzione di una democrazia agricola, rovesciando l'autocrazia e il mir, creando uno Stato nel quale il popolo ha fede, perché lo sente come opera propria, è dunque essenzialmente un'affermazione di liberalismo. Soltanto per necessità tattiche e per esigenze storiche quest'opera feconda di liberalismo, in un paese come la Russia, patria del mir, adoratrice di ogni forma di comunità, deve prendere il nome e talvolta anche le apparenze di opera socialista. L'educazione di un popolo non si può rifare in pochi anni: le folle rinunciano spesso alla sostanza pur di conservare nomi cari. Spetta allo storico affermare la verità al di sopra delle contingenze politiche. PIERO GOBETTI.
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