ESPERIENZA LIBERALE
La coltura dei popolari"Pochissimi membri del partito popolare oggi parlano eloquentemente una lingua straniera; i più non si sono mai allontanati dall'Italia o solo durante qualche giorno per un viaggio di nozze, un pellegrinaggio, un'esigenza professionale. Ma è ancor più caratteristico di questa assenza di contatto personale con l'estero - che non è poi in sostanza un difetto capitale - il fatto che nessuno tra i militanti del partito popolare ha prodotto mai, in nessun ramo, un'opera notevole spiritualmente. Alcuni hanno pubblicato eccellenti lavori tecnici o manuali di volgarizzazione economica o sociale; altri sono mirabili pubblicisti - come il marchese Crispolti - i più sono molto intelligenti, hanno una meravigliosa capacità di improvvisazione oratoria, che è del resto frequente nel loro paese: ma nessuno ha mostrato sinora doti di creatore nel mondo del pensiero". Così, sui popolari italiani, il cattolico Maurice Vaussard nel suo libro L'intelligence catholique dans d'Italie du XX siècle, (Paris, 1921). Separatosi dalla vita nazionale il cattolicismo italiano non ha avuto più nulla da dire. Erano vissuti cinquant'anni prima della Francia i nostri Blondel, Laberthonnière, Loisy (Gioberti, Manzoni, Lambruschini). La coscienza del nuovo popolo si esprime ormai secondo una logica anticattolica: la rivoluzione laica torna alle sue origini e genera una cultura idealistica, capace di pervadere di sé tutti gli atteggiamenti pratici e spirituali. La nuova filosofia laica diventa una fede, sa dire una parola sua, dare un indirizzo suo ai problemi della politica, dell'economia, della storia, dell'arte, della scienza. Diviso tra la posizione mistica e la posizione dualista il cattolico non si può inserire in questo sviluppo: la conciliazione scolastica non può generare coerentemente una cultura, una visione integrale dei problemi. Nella Rivista di filosofa neoscolastica; unico tentativo di revisione unitaria dei problemi cattolici stanno grossolanamente insieme l'empirismo di Gemelli, l'eclettismo di Olgiati, l'idealismo di Chiocchetti, il tradizionalismo e il misticismo dei vecchi. L'inquietudine filosofica di Anile è una perpetua contraddizione. Il cattolicismo di G. De Sanctis non si avverte nella Storia di Roma e di Atene. Tangorra per costruire un ottimo Trattato di Scienza delle finanze abbandona gli invecchiati principi dell'economia di Toniolo, la quale, dove difende una posizione cattolica, è piena di aberrazioni. Buonaiuti, pur senza uscire dalla mediocrità ad affermare una posizione originale di pensiero, si espone ad ogni istante ad una scomunica per il suo atteggiamento di ricerca e di insoddisfazione. Si vorrà ancora discutere dell'evidente fallimento di una scienza cattolica? È logico che anche il pensiero popolare, movendo da basi cattoliche, non possa esprimersi in opere di poderosa originalità politica. Teorizzare la politica è già un'eresia: Don Sturzo, Meda, Miglioli, Gronchi possono scrivere articoli e fare discorsi ma devono appagarsi di una vecchia teoria o meglio sottintenderla. Chi vorrebbe seguire le sorti di Murri per pensarne una revisione? Del resto anche in Francia i tentativi autonomi del pensiero cattolico furono condannati. Blondel si è salvato solo facendosi dimenticare. Il P. P. sorgendo senza una teoria ha accettato le abitudini dei costumi politici dominanti e ha rinunciato al mirabile sforzo, rappresentato dal cattolicismo, di guardare le cose politiche secondo una visione unitaria. Nonostante le tradizioni il P. P. non riesce quindi ad avere un programma: quello tanto decantato è un'antologia di problemi empirici con soluzioni ecclettiche che possono essere accolte dai più diversi partiti e studiosi e che non vi è alcuna ragione per chiamare popolari. La libertà della scuola è stata difesa dai liberali nel Risorgimento e rielaborata oggi da studiosi anti-cattolici come Gentile, Lombardo-Radice, Salvemini, Croce. Il decentramento è patrimonio dei federalisti e dei repubblicani? Il problema meridionale, il liberismo economico, la politica finanziaria anti-demagogica sono stati agitati e posti da vigorosi pensatori indipendenti del nuovo liberismo, come G. Fortunato, L. Einaudi, F. Papafava, A. De Viti de Marco, G. Mosca, G. Salvemini e gli altri scrittori della Voce e dell'Unità. Con questi plagi i popolari hanno rivelato il loro squisito tatto e il loro senso di opportunità, ma non hanno recato alcun contributo e tanto meno un atteggiamento proprio alla cultura politica nostra. La questione romana"Chi si faccia a considerare, da un punto di vista puramente storico e politico-sociale, l'autentica originalità del messaggio cristiano di fronte allo sviluppo e alla configurazione pubblica della religiosità preevangelica, dovrà riconoscere che esso è tutta nella separazione decisa ed assoluta dei valori religiosi dai valori politici, e nello sforzo vigoroso di creare un'associazione impalpabile di anime che non avesse nulla di comune con l'organizzazione visibile degli interessi terreni e degli ideali umani". (E. BUONAIUTI, Democrazie Cristiana, aprile). Venti secoli di storia dimostrano a tutti l'equivoco e l'errore del concetto del Buonaiuti. Non esistono visioni della vita, religioni, filosofie, che, svolte nella loro coerenza ed elaborate attraverso la lotta, possano rimanere estranee all'organizzazione politica. La Chiesa cattolica conobbe la sua missione umana e la sua intransigenza. La apoliticità si può ritrovare, sino a un certo punto, nei primi anni di elaborazione mistica e significa soltanto l'immaturità dei fedeli. Dalle prime lotte contro gli imperatori romani sino alle due lettere di Pio XI sulla Conferenza di Genova, la Chiesa segue una sua coerenza d'azione antitetica agli Stati, una sua politica teocratica. Contro Murri la tradizione sta con Pio X. Invece di vagheggiare idilliche conciliazioni è ora che ognuno prenda coscienza di sé e riconosca nello Stato l'antitesi di tutti i dogmi e di tutti i soffocatori di libertà. ANTIGUELFO.
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