LETTURE

E. FUETER: La storia del secolo XIX e la
guerra mondiale. Rielaborazione italiana con aggiunte di Fausto Nicolini. Bari, Laterza, 1922.

     Non è come vorrebbe essere, un tentativo di storia, una considerazione superiore e serena di fatti che si sono visti negli anni scorsi con animo e superficialità di partigiani. È possibile oggi - per uno storico - scorgere nella Germania la causa unica della guerra? Non è questo un errore di esclusivismo analogo a quello che si trova in Shaw accusatore dell'Inghilterra? La poca serietà e profondità del F. appare soprattutto nell'esaltazione che egli fa della pace di Versailles.

     Sono studiati invece con una certa acutezza i fenomeni agrari dell'ultimo cinquantennio; il latifondismo tedesco e le sue relazioni con l'industrialismo, il predominio dei grandi proprietari ungheresi nel governo dell'Austria.

G. PENTIMALLI: Alfredo
Oriani, La Voce, Firenze, 1921.

     Chi scrive queste note ha di Alfredo Oriani una visione diversa da quella del P. e la spiegherà a suo luogo. Le lodi di accuratezza fatte a questo libro sono del resto ben giustificate. Ma l'ardore e la simpatia del P. di rado giungono sino all'intimo della personalità studiata: l'esame resta talvolta meramente esterno, un'esposizione, un riassunto e nulla più. Le valutazioni procedono dal Croce con spunti di originalità; ne esce fuori la psicologia di Oriani, non il processo di formazione del suo pensiero, non la sua elaborazione stilistica. Bene ha posto il Pentimalli il Matrimonio come punto di superamento e di nuova ispirazione all'O.; ma bisognava mostrar come idealmente e stilisticamente vi fosse implicita la Lotta politica. Studiate le opere partitamente il critico non giunge a una visione sintetica perché non ha scorto i limiti e l'originalità del pensiero dell'O. - dai quali scendono nettamente i caratteri dell'arte, e dei romanzi stessi. Ma queste sono questioni particolari che si possono onestamente discutere solo con citazioni e analisi accurate. Le quali verranno altra volta. Qui presentando il libro del P. non si può che professar simpatia per gli ottimi criteri della sua divulgazione.





G. NOFRI-F. POZZANI: La Russia
com'è
con prefazione di FILIPPO
TURATI. Bemporad, Firenze, 1921.

     Un libro che non ha più bisogno di réclame, un libro popolare in cui sono riassunti molti fatti interessanti e che il Bemporad ha fatto bene a perfettamente pubblicare. Un libro che per le conseguenze avute in Italia ha bene svelate le miserie del socialismo italiano.

     Qual è la coscienza storica di Nofri, Pozzani, Turati? Costui rimprovera alla Rivoluzione Russa fenomeni di medioevalismo: che cosa più medioevale della sua dommatica fede nella democrazia che egli astrattamente oppone al Soviet, nato in Russia per specifiche esigenze storiche?

     La Russia com'è è la vera Russia? Esiste la Russia com'è? Per Nofri e Pozzani la Russia com'è è la Russia come si vede, come essi la vedono.

     È lecito identificare la verità con ciò che si vede? con ciò che vedono Nofri e Pozzani? Intanto rimanendo nell'oggettivismo conoscitivo più ingenuo Pannunzio vede qualche altra cosa e non c'è ragione perché non intitoli anch'egli il suo libro La Russia com'è se il titolo pretenzioso vuol dire la Russia come si vede, come la vede e G. Pannunzio. É proprio il caso di concludere: Così è (se vi pare). E il signor Ponza (Nofri-Pozzani) e la signora Frola (Pannunzio) e la signorina Dina (Filippo Turati) ci rappresentano invero la più piacevole delle commedie. Senonché la verità che non esiste nell'opinione, che perde la sua assolutezza nelle chiacchiere dei curiosi, impreparati, incompetenti, allegri, pettegoli, ciechi per proposito dell'occhio destro o sinistro, esiste e si trova nella storia. Ecco la Russia com'è, che non importa andare a vedere a Mosca o Pietrogrado, perché è quella che non si vede, quello che bisogna cercare nella propria capacità di intendere.

     Nofri - Pozzani - Turati non hanno mai approfonditi i problemi dialettici della storia che non son fatti nè per dare collegi elettorali, nè le equivoche popolarità che solo garantisce ai gesuiti disonesti il riformismo mezzano tra la borghesia e il proletariato: essi scrivono per ragioni pratiche; essi hanno un solo compito: liquidare la rivoluzione e le forze spontanee, instaurare sugli italiani il nuovo regime della tutela. Con questo ideale che promette a tutti felicità sono mossi a demolire il mito russo e a bestemmiare sull'eroismo di sacrificio dei governanti bolscevichi per soffocare, con gli allettamenti di un utilitarismo bestiale e antimarxista, i primi tentativi autonomi delle masse popolari italiane. Il colpo è riuscito per nostro disdoro. Questa la sapienza dei Nofri e Pozzani: e parlare di verità storica in queste condizioni è fare oltraggio alla scienza.

     Gli artifici dei due scrittori sono del resto ben grossolani. Mossi dalla premessa che la rivoluzione russa dovesse instaurare il socialismo le rimproverano di non esservi riuscita. Definiscono il Soviet organo di democrazia per poi meravigliarsi che non vi siano rispettate le leggi del parlamentarismo. Valutano la lotta dei bolscevichi contro gli altri socialisti parolai e reazionari secondo principi inerti di filantropia. Ma di questi concetti una volta svelato l'equivoco iniziale sarebbe inutile fare una critica particolare.

P. G.