ESPERIENZA LIBERALE

La crisi ministeriale e la costituzione.

     La proposta del nostro Formentini (Rivoluzione Liberale del 19 febbraio) è ampiamente discussa sul Lavoro del 22 febbraio. Lo scrittore comincia col dimostrarci che il provvedimento invocato dal F. già viene altrove applicato.

     "Questa designazione del gabinetto da parte dell'Assemblea vige da ormai più di tre anni in parecchi Stati federali del Reich germanico, primo fra tutti in Prussia. Chi scrive seguì con attenzione i lavori dei Landtang Prussiano durante la crisi dell'aprile scorso, che si concluse con la elezione a presidente dei ministri di Prussia del cattolico Adamo Stegerwald. La Socialdemocrazia poneva ben chiare le sue esigenze per l'allargamento della coalizione governativa fino a comprendervi il Deutsche Volkspartei: queste esigenze essendo state rifiutate dal D. V. P., la Socialdemocrazia si staccò dalla coalizione, e i tre partiti di governo, Deutsche Volkspartei, Cattolici e Democratici designarono come Presidente lo Stegerwald, che fu eletto e compose il Ministero tuttora in carica".

     All'obbiezione che "il Ministero è oltre che un ramo dell'amministrazione, un membro del Consilium Principis e non si può pertanto imporre al Re un fiduciario eletto da altri" risponde con un'acuta disamina della finzione che in questo concetto si cela e dei limiti e dei risultati che nascono dalla pratica.

     "Finché ci sarà un re, nessun ritrovato costituzionale riuscirà ad evitare che i Ministri della Real Casa, i gentiluomini di Corte e magari il cameriere consiglino davvero il re assai di più di qualunque Consilium principis costituzionalmente legittimo, infinitamente di più di qualunque Gabinetto di Ministri a ciò qualificato. E allora tanto vale farla finita con una obbiezione fondata su una funzione di consiglieri della Corona, che i Ministri non compiono".

     Oppure nei casi in cui la esercitano, - esempio tipico Giolitti - riescono a pericoli e danni ancora più preoccupanti.

     "La carriera di Giolitti, dal punto di vista costituzionale, si può analizzare appunto in questo modo. Liquidazione del Consiglio di Gabinetto, come solo organo legittimo designato a dare collegialmente consigli della Corona. Accaparramento progressivo della confidenza del sovrano e delle funzioni sconosciute allo Statuto - di consigliere intimo e unico. Comparsa periodica dinanzi all'assemblea parlamentare, colla consacrazione carismatica di essere l'uomo fidato del re, colui che discende dalla montagna dopo aver parlato con Geova. E questo vecchio gioco minaccia di riuscire per la sesta volta!

     È estremamente difficile stabilire, in qual modo la designazione diretta del ministero da parte della Camera, proposta dal Formentini, possa reagire:

     1) sulle dittature personali di questo o quel parlamentare nel seno dell'assemblea; 2) sulle funzioni costituzionali del Gabinetto, che la lunga consuetudine giolittiana (e sonniniana) ha ridotto ad essere una semplice riunione di burocratici convocati a rapporto, riducendo insieme ad un cencio il R. D. del 1901. Ma appare assai verosimile che la designazione diretta avrebbe impedito a Giolitti, e impedirebbe a qualunque altro, di bluffer al gioco del poker parlamentare: cioè di comparire dinanzi al re per riscattarlo con il prestigio di essere il dominatore del Parlamento, e di comparire poi dinanzi al Parlamento con l'aureola di essere il fiduciario del re. Il gioco giolittiano, anzi l'escamotage giolittiano è tutto qui. Ebbene, la designazione diretta lo spezzerebbe: togliendo di mezzo la finzione del ministro consigliere della Corona, toglierebbe forsanche di mezzo la triste realtà del ministro sensale e mezzano della Corona, della Camera e di tutto il resto"





L'Università e l'internazionale.

     R. Tagore si occupa della necessità di riavvicinare l'Asia e l'Europa:

     "Bisogna trovare un punto di riavvicinamento in cui non esistano rivalità di interessi. Questo luogo è l'Università, in cui noi possiamo lavorare insieme alla ricerca della verità; dividerci il patrimonio comune e comprendere che in tutti i paesi gli artisti hanno creato forme di bellezza; gli scienziati scoperto segreti; i filosofi risolto dei problemi; i santi vissuto secondo il loro ideale, e tutto ciò non soltanto per la razza cui essi appartenevano, ma per tutta l'umanità".

     Dove non esistono rivalità di interessi non è possibile un riavvicinamento. L'unità si crea attraverso la storia che è storia di rivalità: la pura vuota unità è un presupposto dello spirito che non è possibile sviluppare. La vera unità è un risultato non mai raggiunto, una conclusione che si ricrea ogni giorno.

     La politica non si fa nelle accademie e non si fa nelle accademie neanche la cultura. Alla ricerca della verità lavorano gli individui singolarmente, nella propria intimità spirituale. Non è possibile dividere il patrimonio comune: ogni nazione comprende che in tutti i paesi gli artisti hanno creato forme di bellezza soltanto in quanto li studia, li fa suoi, li trapianta in altro terreno e li fa partecipare alla propria vita nazionale. Il genio appartiene all'umanità in quanto appartiene di volta in volta ad un popolo, a un organismo storico; gli altri popoli che lo comprendono non lo comprendono come astratta umanità, ma lo adeguano alle proprie esigenze, ne fanno un loro genio. Non esiste la cultura internazionale.





Scuola e burocrazia.

     Scrive Michele Cosenza nell'Educazione Nazionale (gennaio 1922) risorta finalmente vigorosa e nuova:

     "Spesso la scuola induce nella mente di chi si abitua al meccanismo dell'insegnamento una vera depressione della conoscenza intuitiva. Notate l'elasticità mentale e il potere di orientamento nella mobile e varia realtà della vita, come si trovano in un sensale qualunque; paragonate quelle attitudini con le stesse degli insegnanti che avevano colmato di zeri quel sensale quando egli era a scuola, e senza paura del sofisma del cum hoc, compiangete profondamente i maestri. La loro mente presenta i segni di una mancanza di tono, che è una vera malattia professionale. Si tratta di una mente precocemente senile".

     Verissimo. Questo è il punto centrale del problema etico della scuola. E bisogna risalirvi per esaminare la questione politica. Il concetto comune di scuola, vivo e vero nel Medioevo perché animato da un dogma, da una fede, da un'autorità è antitetico col mondo moderno. La scuola moderna (libera discussione, autoeducazione) vive fuori degli edifici scolastici, coincide con la vita: mentre la figura del professore si adegua a una funzione burocratica lo spirito non si può schematizzare.