LA VERITÀ ECONOMICA

Robinson protezionista.

     Se v'è un argomento cui si attagli perfettamente la sentenza del Pantaleoni sulla facilità con cui ogni generazione dimentica le verità economiche apprese dalla precedente e ne ripete gli identici errori, questo argomento è la questione doganale. Possiamo quindi, sicuri di fare cosa utilissima, riprodurre in parte qualcuno dei divertenti e acuti apologhi con cui, settantacinque anni fa, Federico Bastiat battagliava per il libero scambio.

     Quello che qui traduciamo e riduciamo intitolato "Autre chose" è fra i meno conosciuti:

     -Spiegatemi il meccanismo e gli effetti della protezione.

     -La cosa non è facile. Prima d'affrontare il caso complesso, bisognerebbe studiare il fenomeno nella sua più semplice manifestazione.

     -Prendete pure il caso più semplice che volete.

     -Vi ricordate come fece Robinson a fabbricare una tavola, pur essendo sprovvisto di sega?

     -Sì. Abbattè un albero, e poi con la sua ascia tagliò il fusto a destra e a sinistra, sinché lo ridusse allo spessore d'un asse.

     -E ciò gli diede molto lavoro?

     -Quindici giorni filati.

     -E durante questo tempo di cosa visse?

     -Delle sue provviste.

     -E che cosa capitò alla scure?

     -Si smussò tutta.

     -Benissimo; ma probabilmente non sapete che al momento di dare il primo colpo d'ascia, Robinson vide una tavola gettata dall'onda sulla riva.

     -Che fortunata combinazione! E naturalmente corse a prenderla!

     -Fu il suo primo movimento: ma poi si arrestò ragionando così:

     "Se vado a raccogliere quella tavola, ciò non mi costerà che la fatica di portarla, il tempo di discendere e di risalire la spiaggia.





     Se invece faccio una tavola con la mia scure, prima di tutto mi procurerò del lavoro per quindici giorni, in secondo luogo consumerò la scure, e poi consumerò le mie provviste: terza sorgente di lavoro perché occorrerà sostituirle. Ora la ricchezza sta nel lavoro. È chiaro che io mi rovinerei andando a raccogliere la tavola naufragata. Quel che importa si è di proteggere il mio lavoro personale, e anzi, adesso che ci penso, posso crearmi un lavoro addizionale, andando a respingere in mare col piede quella tavola!".

     -Ma questo ragionamento era assurdo.

     -Sia pure. Non è meno assurdo quello che fa ogni nazione che si protegge con la proibizione doganale. Essa respinge la tavola che le è offerta in cambio di un piccolo lavoro allo scopo di fare un lavoro maggiore: e perfino nel lavoro del doganiere vede un guadagno. Il lavoro del doganiere corrisponde alla fatica compiuta da Robinson per respingere nei flutti il dono che gli volevano fare. Considerate la nazione come un essere collettivo, e non troverete fra il suo ragionamento e quello di Robinson un atomo di differenza.

     -Ma Robinson non vedeva che poteva consacrare il tempo risparmiato a fare qualche altra cosa?

     -Quale altra cosa ?

     -Fintantoché l'uomo ha dei bisogni e del tempo, ha sempre qualche cosa da fare. Non sono tenuto a precisare li lavoro che Robinson poteva intraprendere.

     -Ad ogni modo, ecco il sistema restrittivo e proibitivo nella sua più semplice espressione. Se sotto questa forma vi pare assurdo, ciò dipende dal fatto che qui le due qualità di produttore e di consumatore si confondono nello stesso individuo.

     -Passate dunque a un esempio più complicato.

     -Volentieri. Qualche giorno dopo, Robinson incontrò Venerdì e si misero a lavorare insieme. La mattina cacciavano per sei ore, e ne ricavavano quattro panieri di selvaggina. La sera coltivavano l'orto per sei ore, ed ottenevano quattro panieri di legumi.

     Un giorno una piroga toccò l'Isola della Disperazione; e ne scese uno straniero, che tenne loro questo discorso:

     -Generosi isolani, io abito una terra molto più ricca di selvaggina di questa; ma dove è sconosciuta l'orticoltura. Mi sarà facile portarvi ogni sera quattro canestri di cacciagione, se mi cederete in cambio solo due panieri di legumi.





     -Che te ne sembra ? - chiese Venerdì a Robinson.

     Robinson. - Se accettiamo, siamo rovinati. Schiacciati dalla concorrenza, la caccia sarà per noi una industria perduta.

     Venerdì. - Che importa, se avessimo la cacciagione?

     R. - Teorie! Non sarà il prodotto del nostro lavoro

     V. - Ma sì che sarà il prodotto dei nostro lavoro, perché per averla bisognerà dare dei legumi!

     R. - E allora che cosa ci guadagneremo?

     V. - I quattro cesti di selvaggina ci costavano sei ore di lavoro. Lo straniero ce li dà in cambio di due cesti di verdura che ci costano solo tre ore. Ecco dunque tre ore che restano a nostra disposizione.

     R. - Dì piuttosto: tre ore sottratte alla nostra attività. Questa è precisamente la nostra perdita. La ricchezza sta nel lavoro, e se noi perdiamo un quarto del nostro tempo, noi saremo meno ricchi di un quarto.

     V. - Caro amico, tu stai prendendo un granchio tremendo. Ugual quantità di cacciagione, ugual quantità di legumi, e tre ore disponibili per soprammercato: se questo non si chiama progresso!...

     R. - E che faremo di queste tre ore?

     V. - Faremo qualche altra cosa.

     R. - Ah, ti ci ho pescato! Tu non sai precisare. Qualche altra cosa! Si fa presto a dire.

     V. - Pescheremo, adorneremo la capanna, leggeremo la Bibbia...

     R. - Utopie! Sei sicuro che faremo questo a preferenza d'altro?

     V. - Ebbene se non avremo necessità da soddisfare, ci riposeremo. Ti par niente riposare?

     R. - Ma quando si riposa si muore di fame. Straniero, perché la vostra proposta possa venire accettata, occorrerebbe che noi fossimo ben sicuri di due cose: primo, che la vostra isola non fosse più ricca di selvaggina della nostra, perché noi vogliamo lottare ad armi uguali; secondo, che in quest'affare voi ci perdiate. Perché dovendo esserci in ogni baratto chi guadagna e chi perde, noi resteremmo imbrogliati nel caso che l'imbrogliato non foste voi. Che cosa avete da rispondere?

     -Nulla, disse lo straniero. E scoppiando a ridere, saltò nella sua piroga".

    (FREDERIC BASTIAT)
(Sophismes economiques. 848; cap. XIV).

     Non altrimenti i moderni Robinson del dopo guerra vorrebbero spezzare le già scarse comunicazioni fra popolo e popolo, e ridurre il mondo ad un vasto Arcipelago della Disperazione, in cui ciascun selvaggio, accovacciato nel suo isolotto e scarsamente nutrito di magra selvaggina e di meschini legumi, guatasse sospettoso ogni abitante dell'isolotto vicino, reo di volerlo inondare di più grasse lepri, e di più saporiti fagiuoli.

Paolo Vita Finzi.