UOMINI E IDEE
Abbiamo amato ed ammirato Luigi Ambrosini nella prima Voce; trascinati forse (ce ne avvediamo adesso) più che dai suoi meriti personali, dalla vicinanza che lo legava a spiriti a noi fratelli: Prezzolini, Papini, Salvemini, Slataper, Serra. Per noi Ambrosini è vissuto anche dopo come vociano: l'abbiamo posto in quel movimento e abbiamo accettata la valutazione indiretta che da quella classificazione scaturiva. In realtà l'intelligenza di Ambrosini è più brillante che solida, e come tale più significativa nei suoi anni giovanili, quando s'esprimeva con franca esuberanza, che nella maturità, la quale gli ha recato la pesantezza e i ritegni dell'uomo arrivato, ma non la profondità di pensiero. L'intelligenza di Ambrosini cimentatasi nei campi più diversi non è mai anelata oltre una dignitosa superficialità e una mediocrità misurata. Come polemista politico non possiede mai, non dico la potenza di Missiroli, ma neppure la precisione e la lucidezza di Amendola. Come prosatore di rado ha un'individualità propria: conquista il lettore per motivi pratici non per limpidezza espressiva. Come uomo d'azione s'è piegato a tutti gli artifici meschini del politicante, ma ha avuto il torto grave di non riuscire neppure così. Come pensatore della storia contemporanea non è mai riuscito a capire qualcosa di più che il Giolitti della Banca Romana e del trasformismo. Come uomo di coltura ci dà l'impressione che, con minore acume, scimmiotteggi Prezzolini. Come critico d'arte ha avuto ottimi spunti, che parevano quasi originali, ma sono morti con Renato Serra. Qualche efficacia dicono che abbia come scrittore per i fanciulli, ma anche qui con molta fretta. Resterebbe lo storico: Ambrosini ha scritto infatti eccellenti articoli di rivalutazione e di presentazione per alcune figure del nostro Risorgimento, ma le sue analisi hanno piuttosto valore come interpretazioni psicologiche di crisi personali, che come visioni storiche. Egli non è temperamento, sintetico e dopo le ottime critiche al Cavour del Ruffini non è riuscito mai a darci un Cavour suo, tanto che oggi bisogna deporre alfine ogni speranza. Luigi Ambrosini è uno dei rappresentanti della crisi del nostro mondo critico; è il fallimento dell'ingegno, la dissoluzione dell'anarchismo intellettuale, che non è riuscito a crearsi né un sistema, né una cultura. Luigi Ambrosini anche così inespresso e fallito ci è caro perché rappresenta il nemico che abbiamo in noi, il pericolo presente a tutti noi ricercatori di esperienze spirituali: Ambrosini ci è fratello perché rappresenta il momento negativo della nostra dialettica interiore. Il segreto della disgregazione dell'intelligenza di L. Ambrosini è nella mancanza di una solida coscienza morale: questo è l'insegnamento che viene da lui e del quale lo dobbiamo, come individui, ringraziare. ***
Il futurismo non è più futurista nel momento in cui diventa una scuola, una meccanica. I futuristi, come scuola, sono sempre stati passatisti ossia ripetitori. Creando i futuristi anche Marinetti ha preparato il tramonto della sua inesauribile e, diciamo pure, geniale vivacità: in Marinetti caposcuola c'è già lo spettro del passatismo. Reagendo al mondo borghese egli non lo supera, non crea un mondo antitetico ad esso: resta un isolato, il promotore di un donchisciottesco episodio di dilettantismo letterario. Nel suo isolamento deve cercare un successo pratico attraverso mezzi artificiosi. Il futurismo non ha eco alcuna nella vita sociale se non a prezzo di questa transazione: il futurismo per la sua violenza sopratutto esteriore si inserisce nella tradizione e nel corso dei fatti solo attraverso uno sforzo più o meno arbitrario e capriccioso: onde il suo presentarsi talora come un vero e proprio movimento canagliesco e di mala vita. Ha contribuito a liberarci dall'estetismo, ma intrinsecamente è ancora un episodio di estetismo. Perciò Marinetti vive in un ambiente spirituale artificioso e disorganizzato, assolda tutta la plebaglia degli intellettuali disoccupati e privi di una coscienza morale. Ma questa camorra, questa banda di malaffare è intrinsecamente legata ai principi stessi dell'assunto: l'inebbriato Marinetti deve ripetersi come tutti i predicatori e ripetendosi ha bisogno di sentire almeno le risonanze dell'eco. ***
Scrive G. Prezzolini in un acuto studio sul Giornalismo italiano: "... le tribune più o meno libere dei giornali (in fatto di letteratura sono assai libere) hanno ormai una importanza maggiore della scuola. Nella scuola si parla a cinquanta persone, dal giornale si parla a cinquantamila di cui cinquemila sono in grado di capirvi. Il sistema orale decade davanti a quello scritto. Gli stessi professori sentono che un loro articolo ha più risonanza che una loro prolusione, ed alla stampa ricorrono non soltanto per completare le magre risorse del loro stipendio, ma anche per colmare la scarsa diffusione dell'insegnamento scolastico. Un tempo era il giornalismo che chiedeva in certi casi il riconoscimento ufficiale all'Università; oggi direi piuttosto che avviene l'opposto: è l'Università che chiede al pubblico del giornale il suo riconoscimento nazionale". ***
E. Giovanetti stanco di Satyricon vuol trasformare la Rivista di Milano nel vecchio S. Giorgio e si dispone con un nuovo programma intellettuale alla conquista dell'Oceano ossia delle vere qualità imperiali della nostra razza. Don Chisciotte è sempre vivo: ma forse il critico d'arte avrebbe qualcosa a ridire. ***
Anche nella prefazione alla seconda edizione dell'Europa senza pace (Bemporad 1922) Nitti evita una precisa dichiarazione sul problema del riconoscimento della Russia. Egli vuole evidentemente propiziarsi gli ambienti della corte e dell'esercito (scontentati al tempo di Fiume) i quali temono nella Russia la protettrice degli Slavi del Sud. Il nuovo Nitti, che si appresta a difendere le tradizione regie nel problema adriatico, è dunque chiaramente il successore di Giolitti come confidente e consigliere segreto della Corona. ***
V. Pareto ha ricavato dall'inesauribile Sociologia un nuovo articolo, sul fascismo, (La Ronda 1922, n. 1). Riportiamo la conclusione che è affascinante! "il fascismo ha conveniente sede in una classe numerosa di fatti analoghi che sono essenzialmente transitori, che possono avere intrinsecamente temporanea importanza ma che rimangono secondari e subordinati ai grandi fattori dell'evoluzione sociale di cui talvolta possono essere indizio; ed allora acquistano estrinsecamente (sic!) importanza per lo studio e la previsione di fenomeni sociali. Il critico
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