I LIBERALI ALLA PROVA

    Col titolo "I liberali alla prova" la Stampa del 9 Gennaio pubblicava un articolo che a noi - e non a noi soli - è parso importantissimo. L'articolo - redazionale - essenzialmente diceva: "Finalmente è venuto in Italia il momento per tutti di parlare aperto e sincero, è venuto il momento per tutti i partiti di determinare senza dubbi e senza reticenze le rispettive posizioni di fronte al fascismo. La Stampa, rivendicando la sua qualità di foglio liberale, nell'imminenza della lotta elettorale, dice queste aperte parole, definisce per proprio conto, la posizione che il liberalismo autentico deve assumere di fronte al fascismo governante. Le formule "collaborazione disinteressata", "collaborazione per la ricostruzione nazionale", "indipendenti ma non oppositori" sono o contradditorie o vane: buone come battute d'aspetto e come espedienti dilatori, ma, nel momento in cui conviene ch'ogni viltà sia morta, insufficienti; la ricostruzione nazionale è ricostruzione fascista, indipendenza da fascismo non può essere che opposizione ai fascismo. La questione predominante in questo approccio di lotta elettorale, la piattaforma, per i liberali è una: autogoverno della nazione contro monopolio di governo e di stato da parte di un partito, stato liberale contro e invece di stato fascista: tutte l'altre sono chiacchiere. Noi vogliamo sapere quale scelgono, posti infra questi due cibi, il partito liberale italiano ed i suoi leaders. Attendiamo la risposta. La domanda la facciamo nell'interesse del partito liberale, più che nell'interesse dell'idea: l'idea, se anche sarà tradita dal partito liberale, vivrà ad ogni modo, raccolta e incarnata in altre forze; il partito liberale italiano, se perpetra il tradimento, sarà da considerarsi come cosa morta per sempre".





    Questo pare a noi si chiami parlar chiaro; questo pare a noi significhi mettere il partito liberale e i suoi leaders con le spalle al muro. La Stampa ha bene meritato del liberalismo, parlando come ha parlato. Noi non sappiamo se il Partito Liberale udirà il richiamo e se risponderà: noi non sappiamo se di fronte al tacere o al titubare dei leaders dei P. L. I. la Stampa tornerà all'assalto. Per intanto ne raccogliamo noi il richiamo e lo traduciamo noi nel nostro linguaggio, ad uso e servizio dei nostri amici e lettori.

    Il fascismo, in un anno di potere, non ha fatto altro che trasformare lo Stato Italiano da Casa degli Italiani in Casa dei Fascisti italiani: quello che ha fatto in modo precario e tumultuario, dopo il colpo di mano su Roma, s'accinge a fare ora in modo definitivo, tentando, dopo le elezioni totalitarie nei comuni e nelle provincie, l'elezione totalitaria per la Camera dei deputati.

    Teoricamente, l'unico modo di farla finita per via costituzionale con questa confisca dello Stato a beneficio d'una fazione, è quello di concorrere alla lotta elettorale, contrapponendo alla lista fascista una lista nazionale di maggioranza, la quale aspiri ad aver per sé quel tal 25 per cento, ed a sostituire poi legalmente nel governo della cosa pubblica gl'insorti dell'ottobre '23 ed i loro lacchè.

    Forza per tentare ciò l'hanno ora in Italia solamente i liberali: uomini, giornali, partito: i liberali d'Italia devono aver anche il coraggio di fare il tentativo.

    Praticamente perciò gli organi del Partito ufficiale debbono deliberare di scendere in lizza nel modo e con i propositi anzidetti; e prima di farciò deve il Partito Liberale, con un atto pubblico, chiedere assicurazione, da Chi codesto genere di assicurazione solo può dare, che nelle elezioni sarà garantita efficacemente la libertà e la sicurezza dei cittadini, e che, nell'eventualità di una vittoria liberale, le conseguenze di essa non saranno impedite con modi sul tipo di quelli adoperati, per esempio, a Fiume dai fascisti contro gli Zanelliani, vincitori nelle urne: i quali modi fu possibile colà adoperare solo perché lo Stato Fiumano non aveva una forza capace di assicurare il rispetto alle leggi.





    Programma della lista liberale, superfluo dirlo, "restaurazione piena dello stato liberale dopo e contro la bufera fascista"; su tale programma nessuna coalizione: la lista sarà liberale: si coalizzeranno se mai nell'urna su tale lista i voti anonimi di tutti gli elettori insoddisfatti degli altri partiti o collaboratori o oppositori a metà. Se gli organi ufficiali del P. L. I., dopo la provocazione della Stampa si ostinano a fare il morto, devono gli elementi liberali antifascisti, numerosi nelle sezioni più che non si creda, svegliarsi essi per i loro capi: reclamare adunanze porre chiara la questione, ad arma ad arma concitare cessantes, riecheggiare in oni modo questo la si decida, provocare dagli omenoni del partito, finalmente una chiara risposta.

    Se, neanche dopo questi ultimatum il P. L. I. si inducesse a mettersi per la via che sola gli resta per salvare il suo buon nome, allora quello che non fa il Partito devon fare gli uomini ed i giornali, cosidetti liberali-democratici, i quali finora han mantenuto decentemente fede alle loro idee di libertà e di democrazia. Quanto agli uomini il fatto solo che essi accettino d'essere compresi in una lista di opposizione liberale deve bastare per purgarli delle responsabilità che essi eventualmente si fossero assunte in passato con la loro o indulgenza o indifferenza o titubanza verso il fascismo delle varie ore che precedettero la marcia

    Si capisce che nel caso che accanto a questa lista liberale di opposizione ci fosse un'altra lista di liberali "fiancheggiatori", il maggiore accanimento dei liberali senza aggettivi, dei liberali puri, dovrebbe esser riservato nella lotta elettorale, per i liberali fiancheggiatori, i quali, a regola di giuoco, dovrebbero restare in terra dal primo fino all'ultimo.

    Questo come programma teorico.





    Quanto poi alla realtà pratica, noi di R. L. temiamo forte che di tutto questo non sia per avvenire un bel niente.

    Anzi, se non fosse stato dell'articolo della Stampa, forse, noi non ci saremmo neanche indotti a scrivere questa nota, che per molti dei nostri potrà magari anche aver sapore di candidissima, per quanto fresca, ingenuità.

    Ora che l'abbiamo scritta però ne siamo contenti come di un dovere compiuto.

    Dovevamo in coscienza, in questa occasione, noi che ci sentiamo liberali e che ci proclamiamo tali, dovevamo, prima di prendete altra deliberazione, rivolgersi a quelli che sono gli organi e gli uomini e i giornali accreditati del liberalismo, in un ultimo tentativo di rappresentare loro le responsabilità che essi hanno di fronte all'idea liberale e di fronte al paese liberale. Per un momento ancora, vincendo le nostre ben note diffidenze e ripugnanze, noi vogliamo credere in codesto liberalismo, anzi in codesti liberali: e per una volta ancora noi domandiamo a codesti liberali una parola la quale dissipi le nostre diffidenze e repugnanze e ci convinca che ancora in Italia ci sono degli uomini politici, militanti nelle file costituzionali, i quali sentono la gravità e la solennità del momento e son disposti, nell'istante supremo, a entrare in linea per combattere quella che, se è la prima, potrebbe anche essere l'ultima battaglia aperta, che si combatte col fascismo sul terreno della legge e della costituzione.

    Se invece l'unico risultato di questo nastro tentativo sarà quello di far sorridere di commiserazione i liberali ufficiali: leaders, direttori di giornali , uomini politici, ecc., e di far arrotare una volta di più i denti ai fascisti o ai filofascisti, allora noi dovremo concludere, una volta per sempre, che Dio, quelli che vuol perdere, li acceca e li indementisce; allora noi dovremmo concludere che non ci sono davvero più pericolosi fomentatori di disordini di quelli che si chiamano uomini d'ordine, e che l'unica speranza di veder, o prima o poi, o con le buone o con le cattive, ristabilito l'ordine vero, noi la dobbiamo riporre nei partiti e nelle idee cosidette sovversive, nelle idee e nei partiti chiamati del disordine.

A. M.