IL FASCISMO E LA COSTITUZIONE

    Come si è detto siamo assai lieti di presentare ai nostri lettori col pensiero di Novello Papafava un bell'esempio di stile e di sentimento conservatore. Nelle attuali vicende é inevitabile che i conservatori si trovino naturalmente alleati coi liberali, anche rivoluzionari, almeno per le questioni pregiudiziali.


    Da quanto precede e assumendo come fondamento del pensiero liberale i vecchi e noti principi sopra ripetuti, risulta chiaramente quale sia la massima ragione del dissidio o per lo meno della diffidenza che divide i liberali dai fascisti. I liberali credono in un determinato metodo politico, hanno una teoria delle forme di governo, ossia un determinato concetto dello Stato. Ora il fascismo, oltre ad essere arrivato al governo con un metodo rivoluzionario, dimostra un grande disprezzo o per lo meno una grande incomprensione per il concetto liberale di Stato.

    Prima di tutto, per il liberalismo costituzionale, il fascismo è gravato dal peccato originale della marcia su Roma. Il fascismo è arrivato al governo non mediante regolari elezioni, ma con una imposizione violenta, con una marcia armata sulla capitale. Questo fatto costituisce una aperta violazione di quel metodo politico, che abbiamo detto essere uno dei cardini dello Stato liberale, ed è il primo formidabile colpo, il primo profondo strappo allo spirito del nostro Statuto. L'intervento sovrano e la successiva votazione della Camera ne ha salvato ancora la lettera, ma, di fatto, noi oggi viviamo in un periodo in cui lo Statuto è per lo meno sospeso. Il voto della Camera dato sotto la minaccia della occupazione violenta e della trasformazione della medesima in un bivacco di camice nere, non ha nessun valore morale. Lo stesso fascismo non nasconde la sua origine antilegalitaria quando si vanta di essere sorto da una rivoluzione; dunque non deve meravigliarsi della disapprovazione, dei liberali costituzionali. E almeno il fascismo dimostrasse di volersi redimere dal peccato di origine giustificandolo con la eccezionalità del momento, e manifestando il desiderio di rientrare nella legge dello Stato liberale, ma invece il fascismo si vanta d'aver rovesciato lo Stato liberale per sostituirvi lo Stato fascista. Ma che cosa è questo Stato fascista? Nessuno lo sa. Ed in questo consiste il merito ed il difetto principale del fascismo. Dichiarare di possedere una nuova grande verità salvatrice, e non dire mai esattamente in che cosa consista, è un ottimo sistema per eccitare l'entusiasmo delle folle che amano credere e detestano la riflessione critica. Ed appunto questa è una delle massime ragioni del successo del fascismo. Ma è naturale che chi possiede un cervello ragionante chieda, prima di aderire allo Stato fascista, che cosa si voglia significare con questo nuovo termine. Le teorie dello Stato e le forme fondamentali di governo non sono poi infinite. Abbiamo i governi dispotici, le monarchie liberali costituzionali e le repubbliche democratiche. I governi dispotici possono essere tanto monarchici quanto aristocratici, ossia il potere può essere in mano tanto di un individuo quanto di una casta. Ma ciò che caratterizza i governi dispotici, è che governati e governati formano due caste nettamente separate e che, mentre al potere sovrano dei governanti non è posto alcun limite, i governati non hanno alcun diritto politico. Nelle monarchie liberali invece, tanto il sovrano quanto i sudditi sono vincolati da una legge che regola appunto i diritti e i doveri politici comuni, ponendo dei limiti al potere sovrano e concedendo ai governati determinati diritti politici. Nelle monarchie più liberali, l'iniziativa politica è lasciata massimamente ai rappresentanti dei sudditi ed il sovrano é essenzialmente il custode ed il garante della legge fondamentale dello Stato. Nella forma di governo democratica repubblicana, la sovranità risiede esclusivamente nella volontà popolare ed il capo dello Stato è investito del potere sovrano soltanto in quanto è designato dalla volontà della maggioranza dei governati. Quale nuova forma di governo vuole instaurare il fascismo?





    Fino ad ora non è stato possibile saperlo. Ma, attenendosi ai discorsi degli uomini ed agli articoli della stampa fascista, è lecito il sospetto che Stato fascista significhi Stato più o meno larvatamente dispotico. Benito Mussolini è il duce, ed il fascismo é l'aristocrazia che detiene il potere; l'uno e l'altro esercitano la sovranità perché hanno saputo conquistarla con la forza della rivoluzione e perché sanno mantenerla con la forza di una propria milizia. La forza armata è dunque la base giuridica dello Stato fascista. Questa teoria non é certo nuova ed esprime una concezione dello Stato rozzamente dispotica. Naturalmente l'assolutismo fascista ricerca la sua giustificazione, oltre che nel semplice atto di forza, nel possesso di una assoluta verità di cui appunto il fascismo e specialmente Benito Mussolini sono gli unici depositari e che essi devono spargere ed imporre in Italia per salvare gli Italiani. Salvare il prossimo anche contro la volontà del modernismo è sempre sita l'idea fissa di tutti gli aspiranti tiranni. E infatti nel discorso di Firenze del 19 giugno abbiamo sentito l'on. Benito Mussolini proclamarsi unico interprete e depositario della nuova religione della Patria. "Può fallire la carne umana, ma non già il mio spirito, che è animato da una verità religiosa e umana, la verità della patria. Da quando il fascismo italiano ha alzato i suoi gagliardetti, acceso le sue fiamme, cauterizzate le piaghe che infettavano il corpo della nostra Patria, noi italiani ci sentiamo orgogliosissimi di essere italiani. Noi ci comunichiamo in ispirito con questa nuova fede". Dunque ci troviamo di fronte ad una nuova dogmatica religione con i suoi sacramenti e con il suo capo infallibile. Chi non ama la Patria secondo i dogmi di Benito Mussolini e secondo i riti da lui fissati, è un eretico che va consegnato al fuoco purificatore dei moschetti della milizia nazionale. Senza entrare nel merito della questione del valore e del significato delle religioni, è noto che le religioni dogmaticamente organizzate derivano la loro legittimità dal fatto di ritenersi depositarie della rivelazione della assoluta e trascendente verità divina. Ora su quale rivelazione l'on. Benito Mussolini fonda il suo dogma della patria? Da quale divinità è stato unto? D'altra parte non mi pare che la filosofia del suo collega Giovanni Gentile sia la più adatta per fondare una nuova religione rivelata. Ora se l'on. Mussolini non deriva la sua autorità da una esplicita e diretta manifestazione della volontà divina, dovrà finire col derivarla dalla umana volontà dei cittadini italiani.





    Abbiamo visto come per il liberalismo, entro i limiti posti dai principi della convivenza sociale garantiti dallo Stato, l'autorità politica del governo (a parte la sua ultima origine metafisica) non possa manifestarsi che col consenso della maggioranza dei governati. Infatti anche secondo la più stretta interpretazione del nostro Statuto nel quale è scritto semplicemente che il Re nomina e revoca i ministri, anche volendo negare alla Camera dei Deputati il diritto di rovesciare i ministeri, non si potrà mai escludere la Camera dei rappresentanti della nazione dal potere legislativo. In una parola nessuna proposta di legge può diventare legge se non col consenso della maggioranza dei rappresentanti dei cittadini. Questo è il principio assoluto espresso dalla lettera ed implicito nello spirito dello Statuto liberale, principio che non ammette doppie interpretazioni. Teoricamente, un ministero che abbia presentato una legge respinta dal Parlamento può restare in carica, ma ciò che è certo e ciò che conta, è che quel progetto di legge non può più convertirsi in legge. Il Re può sciogliere la Camera e appellarsi al Paese con nuove elezioni in un limite di quattro mesi, ma anche se non vi è una precisa disposizione scritta, è ovvio che i ministri del Re di fronte alla eventuale opposizione della nuova Camera o dovranno dimettersi o dovranno rinunziare al loro programma, poiché non vi può essere una legge che non sia approvata dalla Camera, e sarebbe assurdo riappellarsi al Paese per interrogarlo nuovamente proprio sulla questione che il corpo elettorale ha già giudicata. Una insistenza del Re o un nuovo scioglimento della Camera sarebbe la negazione stessa del sistema rappresentativo ossia dello Statuto. Ecco perché la logica conseguenza del regime costituzionale è il governo di gabinetto nel quale i consiglieri della corona devono contemporaneamente godere della fiducia del Re e del Parlamento.





    Infatti se il governo non può far passare una legge senza l'approvazione delle Camere, la dignità degli stessi ministri, a cui è stata rifiutata una legge, vuole che questi si dimettano. Insomma se il Re ha in teoria il diritto (art. 7) di rifiutare indefinitivamente la sanzione di un progetto di legge presentato dalle Camere, le Camere hanno il diritto di rifiutare indefinitivamente l'approvazione di un progetto di legge presentato dal governo.

    Questa reciproca limitazione del diritto di iniziativa delle Camere e del Sovrano, da alla nostra costituzione quel geniale carattere di conservatorismo elastico che dovrebbe garantire la continuità dello Stato pur nel variare delle condizioni storiche. Se negando alla corona il diritto di rifiutare la sanzione delle leggi si toglierebbe ogni significato dell'istituto monarchico, togliendo alle Camere il diritto di rifiutare l'approvazione alle leggi si colpirebbe a morte il sistema rappresentativo. E i veri liberali devono difendere questo sistema ad ogni costo. Nell'ambito dello Stato liberale non si può ascendere al governo senza essersi acquistata la fiducia della maggioranza dei cittadini. E' questione di principio; i liberali anche se approvassero totalmente l'opera dell'on. Mussolini, fino a tanto che egli non governerà con la approvazione di una legale maggioranza di una legale Camera dei Deputati legalmente eletta dal popolo italiano, non potranno dichiararsi soddisfatti. Il liberalismo rimprovera al fascismo sopratutto il metodo col quale esso è salito al potere. L'essere giunto al potere con l'imposizione violenta invece che con la persuasione, pone il fascismo in un irriducibile antagonismo con la vera coscienza liberale. Mi si risponderà: cosa fatta capo ha. Ma ora che cosa si vuol fare? La gravità della situazione attuale dipende dal fatto che lo stato di fatto non coincide con lo stato di diritto. La legge costituzionale è ancora in vigore ed il governo è giunto al potere e vi si mantiene con un metodo essenzialmente anticostituzionale ossia con una rivolta armata e con una milizia propria. Solo la monarchia mantiene ancora unito per un filo questo mistero della dualità statale. Ma una simile situazione 'non può durare. O lo stato di fatto si adegua allo stato di diritto, o lo stato di diritto si adegua a quello di fatto. O l'onorevole Mussolini rientra col suo fascismo nella perfetta legalità, o deve trasformare la costituzione in senso dispotico. Nel primo caso egli avrà la fiducia o per lo meno la leale accettazione delle coscienze liberali, nel secondo caso l'irriducibile ed assoluta avversione. Ma in ogni modo è necessario uscire al più presto dall'equivoco. Nella patria di San Tommaso e di Dante un governo che si fonda sulla palese contraddizione non può durare ed il senso giuridico degli italiani, notoriamente eredi di quella Roma che ci tramandò non soltanto delle aquile, ma anche delle leggi, non può ammettere che la forza armata sia la giustificazione della autorità politica.





    L'on. Mussolini non può ripetere per molto tempo: io governo perché ho la milizia nazionale. O egli deve passare il Tevere per farsi dare (se gli riesce) la sacra investitura da Pio XI (unica autorità dell'unica religione che in Italia si ispiri ad un netto concetto di divinità trascendente) o egli deve appellarsi a libere elezioni per trarre la legittimità del suo governo dal libero consenso del popolo italiano. Ora, siccome anche per la Chiesa non invano sono passati il decimonono ed altri "stupidissimi" secoli, non è molto probabile che Pio XI voglia dichiarare il fascismo legge politica divinamente rivelata per il governo d'Italia. E perciò l'on. Mussolini non potendo appellarsi al diritto divino, deve accontentarsi di quello elettorale. La immanente e personale convinzione di rappresentare l'eticità dello Stato non è un sufficiente fondamento di diritto costituzionale!

    L'errore teorico fondamentale del fascismo consiste nel confondere Stato e Governo, per cui l'opposizione al governo fascista è considerata come opposizione allo Stato, ossia un diritto è confuso con un delitto. Secondo la lettera e lo spirito della nostra costituzione se non è lecito essere avversari dello Stato è lecito essere avversari del governo, purché l'opposizione si manifesti in quelle forme e con quei mezzi che sono consentiti e garantiti dalla legge. Ora l'on. Mussolini è capo del Governo e non capo dello stato e il fascismo è un partito della nazione e non la nazione, e perciò si può essere avversari dell'on. Mussolini e del fascismo senza essere per nulla avversari dello stato e della Nazione, ossia l'opposizione elettorale e parlamentare al fascismo è perfettamente legittima. Nella distinzione tra Stato e Governo e nella regolare mutabilità dei governi nella immutabilità dello Stato, consiste il principio fondamentale delle monarchie liberali. Fino a tanto che il fascismo non avrà compreso questo principio, liberalismo e fascismo non potranno mai intendersi.

NOVELLO PAPAFAVA