IL PROBLEMA DEL LATIFONDO

    Abbiamo insistito presso il nostro amico Eugenio Azimonti perché egli ci parlasse in R. L. di politica agricola. E. Azimonti, autore di un libro mirabile: Il Mezzogiorno agrario qual'é, settentrionale innamorato del Mezzogiorno e rimasto in Basilicata come agricoltore a dirigere l'Azienda agricola dell'Alta Valle dell'Agri è, prima di tutto, una figura singolare di uomo. La sua fisionomia di scrittore e di agricoltore ricorda Stefano Jacini: il suo liberalismo agrario, la sua esperienza di pratico hanno una linea spirituale che s’inserisce nella tradizione cavouriana.

    Siamo lieti di poter offrire ai lettori, per sua cortese concessione, una lettera inedita che egli scrisse a Luigi Einaudi nel gennaio dello scorso anno sul problema del latifondo.

    "Il senatore Einaudi, ci dice l’Azimonti, aveva fatto anche il mio nome in uno degli articoli che in quel tempo scrisse sul Corriere della sera, sostenendo la tesi che le terre dei latifondisti si dovessero pagare, espropriandole, al prezzo di mercato, contrariamente all'opinione nostra (mia, di Serpieri, ecc.). La questione del latifondo è per ora seppellita, ma non è morta, rinascerà per forza, massima se continueranno gli impedimenti all'emigrazione. Lei sa la mia convinzione in materia. Credo poco all'utilità di un intervento diretto; credo molto all'efficacia di misure indirette; ma quando mai si dovesse intervenire una legge di pochi articoli che demandasse ad Enti locali (quelli esistenti o altri da crearsi) la facoltà di operare credo sia per essere la migliore soluzione. Io sono - da quando scrivo ed opero nel Mezzogiorno – un convinto regionalista. Noi altri italiani, purtroppo, non riusciamo ad intenderci, perché non ci conosciamo, il Paese nostro essendo proprio come l'abito di Arlecchino.

    Ora la questione del latifondo non può avere che soluzioni regionali e direi quasi localmente anche più ristrette.

    Ma, a parte la faccenda della terra, c'è ora sul tappeto la questione doganale, la quale ha pure molti nessi con la questione della terra nel Mezzogiorno. In materia doganale, è inutile nasconderselo, il dissidio incompatibile tra nord e sud esiste ed è chiaro per ogni persona di buona fede. Il Mezzogiorno ha tutto da guadagnare da una politica liberistica, e purtroppo, forse, non ne beneficherà mai".





    Chiarissimo Senatore,

    Vuol consentire anche a me di interloquire brevemente nella dibattuta questione del latifondo dal momento che Ella ha voluto far cenno di me come persona che potrebbe dare qualche lume nel generale interesse?

    Ecco io mi limiterò a questi sommi capi: la trasformazione del latifondo tipico meridionale è un brutto affare per chi vuole compierla o vi sia costretto.

    II contadino meridionale non pensa alla gravità del problema: vorrebbe la terra senza passare attraverso a tutte le forche caudine alle quali sempre finora, nove volte su dieci se non sempre, è stato costretto a sottostare per averla. Avutala, se la goderebbe a modo suo, anche –anzi sopratutto – egoisticamente. E di avere riconosciuta e proclamata questa verità, di cui occorre tener conto, va data lode incondizionata al Gorni, perché c'è voluto del coraggio per affermarla pubblicamente dal posto di Direttore delle cooperative socialiste di produzione terriera.

    Popolari e socialisti – per scopi elettorali – hanno dato affidamenti al contadino nei riguardi della sua bramosia per la terra; ma senza valutare esattamente la portata delle promesse. I popolari non hanno tenuto ben presente che per dare soddisfazione ai desideri degli uni – i contadini – era necessario scontentare gli altri – proprietari e affittuari non coltivatori, – quelli che speculano sulla pelle del contadino meridionale e che pure ingrossano le file del partito.

    I socialisti non hanno mai – come partito – studiato sul serio il problema agrario meridionale. Il Governo poi, non ha mai saputo che pesci pigliare; preoccupato di tirare innanzi schivando i grossi scogli, ha finito con lo scontentare gli uni e gli altri lasciandosi rimorchiare ora dai politicanti, ora dai burocratici.

    La realtà si oblitera.

    La terra nuda nel Mezzogiorno vale ben poco per ragioni di clima che non si mutano. Il valore grande è delle scorte e di tutto ciò che occorre per rivestire la nuda terra; ma peggio di quello che ora si fa dal Governo, non si potrebbe fare per impedire al Mezzogiorno di rivestirla la propria nuda terra.

    Gli attuali proprietari godevano troppo spesso di una rendita eccessiva per effetto della pressione demografica: ora gridarlo per tema, dicono, di essere spogliati e Lei li appoggia. Ma la nuda terra si deve pagare poco per poterla vestire senza sacrificio soverchio per chi la deve migliorare; se no, occorreranno le fatiche poco o nulla ricompensate di due generazioni per consentire alla terza di godere i frutti del suolo migliorato.





    II Governo potrebbe con una politica saggia, liberistica e non opprimente fiscalmente, favorire il progressivo miglioramento e invece fa proprio il contrario.

    Ella, Illustre Senatore, dalle colonne del Corriere ha reso il più grande servigio al Mezzogiorno con la campagna liberista che né popolari, né socialisti hanno voluto risolutamente affrontare.

    E di ciò dovrebbero i meridionali esserle grati. Io mi permetto di dirle: continui gli autorevoli sforzi in tal senso e lasci invece che la nuda terra dei tipici latifondisti meridionali sia effettivamente, od anche solo si minacci di espropriarla, a basso prezzo, purché si dia a chi voglia, sappia e possa redimerla nel generale interesse.

    Vedrà che molto varrà anche la sola minaccia per decidere – là dove manca del tutto un mercato della terra – i proprietari latifondisti assenteisti a cederla ad eque condizioni; ciò che altrimenti non faranno mai e poi mai.

EUGENIO AZIMONTI.