POLITICA ESTERA

MAURICE PERNOT. La question turque (Paris, B. Grasset ed., 1923 - 6 fr. 75).

    Libro squisitamente francese. Informato, ma non troppo; preciso, non pedante. Disinvolto e, a momenti, pittoresco. Sotto il diplomatico troviamo il viaggiatore, il letterato, l'uomo di gusto.

    «L'Islam est une civilisation», e la Francia può e deve conciliare, articolare, la Cristianità e l'Islam: la grande potenza musulmana non ne trarrà che benefici. Descritta con molto garbo e vivacità Costantinopoli sotto il controllo interalleato (cap. I) - taluni particolari sono strazianti e occorre tenerli presenti (alludo a p. 33-36) precisando che ormai «L’esprit nationaliste a soufflé partout» il Pernot studia (cap. II) la formazione e le influenze del governo di Kemal. La politica degli alleati, gli influssi dei Soviet e della Germania sono esaminati con cura e scrupolo: lo scopo supremo di Kemal (p. 94) è l'indipendenza turca e quindi egli si serve di chiunque gli possa essere utile. Scoperte ed analizzate le condizioni e le risorse della Turchia attuale (cap. III) il nostro autore conclude in senso favorevole all'Islam, mentre è manifestamente - allorché studia (cap. IV le minoranze: israeliti, greci e armeni - grecofobo e antiinglese. Inoltre, sostiene a spada tratta l'azione religioso-politica delle missioni francesi ed è contrario (p. 201) alla separazione dell'attività confessionale da quella nazionale.

    «La soluzione del problema orientale (gli) sembra completamente ed esclusivamente subordinata alla composizione del conflitto che mette alle prese la Francia e l'Inghilterra in Oriente»: propugna pertanto un accordo. Considerando in seguito (cap. V) 1e relazioni tra la Turchia e le potenze nota che la Germania (p. 228) non ha rinunciato agli antichi progetti, come altresì - per necessità geografiche - la Russia tende al Mediterraneo (p. 235) e sempre vi aspirerà. Circa l'Italia (p. 258 e segg.) osserva la saggezza della politica esclusivamente economica inaugurata da Giolitti e Sforza e le modificazioni e incertezze di Della Torretta; e segnala pure lo stato di vigile attesa degli Stati Uniti e del Giappone, che seguono scrupolosamente la questione degli stretti. Quanto alla Francia, la sua tesi non separa, come ho detto, politica e religione, e fedele alla maniera del Goyau (Cfr. Papauté et chrétienté sous Benoit XV-Paris Perrin ed) il Pernot chiude il suo libro sull'iniziativa romana. Documenti del nazionalismo turco sono riprodotti in appendice.

    Il volume del Pernot, più che svolgere deliberatamente una tesi, informa in modo egregio dei vari elementi ed aspetti della questione turca. Sono, qui come altrove, a contrasto Francia ed Inghilterra, ed è curioso osservare l'immutabilità delle direttive francesi (ricordiamo Les nations apótres del Goyau) e la magnifica e scaltra agilità inglese, che si accosta ai turchi ed ai greci secondo le convenienze. Gli è che gli interessi che legano la Francia alla Turchia sono prevalentemente finanziari (il risparmio francese aveva trovato anche qui una buona forma di investimento) mentre l'Inghilterra agisce anzitutto per scopi politici (sicurezza dell'Egitto, delle Indie). Inoltre, residui sentimentali (o Loti!) collegano Parigi a Stambul e la dividono da Atene (Costantino, la guerra, i marinai i francesi). Il sionismo può essere un eccellente pretesto per dominare in Palestina - e gli inglesi l'hanno compreso - dubitiamo invece dell'efficacia dei ricordi delle Crociate musicati da Barrès.

BRIGHTON.