Note sulla cultura politica Internazionale

APPUNTI SU RATHENAU.

    La personalità complessa di W. Rathenau meriterebbe una certa attenzione da parte dei lettori di "Rivoluzione Liberale" perché l'uomo di stato ebbe a trattare, nei riguardi del suo paese, molti dei problemi che la nostra Rivista agita nei riguardi della vita italiana. Certo egli lo fece con uno stile apocalittico e con fervore messianico, rivelatori dell'origine israelita - che lo rendono un po' estraneo ai nostri spiriti. Ma dietro quelle visioni fantastiche, efficacissime del resto sull'animo di molti suoi compatrioti – noi potremmo cercare un pensiero più profondo.

    E' facile, nel valutare le direttive economiche del dirigente della A. E. G., dell'improvvisatore della Rohstoffversorgung in tempo di guerra, il cadere in un errore grossolano: quello di vedere in lui un continuatore della prassi riformista ed umanitaria, cara a molti plutocrati politicanti, e che ebbe in Germania fra i suoi assertori più tenaci lo stesso Guglielmo II (Pensioni operaie).

    Sotto questa falsa luce lo vide - e non poteva essere altrimenti – Filippo Turati, il quale nella chiusa di un suo troppo celebre discorso ebbe un accenno al nuovo solidarismo del Rathenau.

    Non si può negare che nelle teorie economiche del Rathenau, quali emergono da Economia Nuova, ci sia alcunché di improvvisato, e di dilettantesco: generalizzazioni alquanto arbitrarie di un pratico non a torto orgoglioso del proprio successo. Ma anche un liberista convinto non potrà trascurare i suggerimenti di questo organizzatore per una migliore divisione del lavoro tra un'officina ed un'altra, tra l'uno e l'altro gruppo di industrie. Tecnicismo, si dirà, e niente di più.

    Quel che potrebbe renderlo sospetto agli occhi di un economista e di un italiano, è un certo residuo di socialismo nazionale alla Fichte che, – strana ironia –accomuna l'Ebreo ai socialisti nazionali di Monaco, o Rechtsadikalen o Fascisti Bavaresi che dir si voglia.

    Ma a differenziare dalle nostre gestioni statali il solidarismo del Rathenau, di cui non posso e tanto meno voglio scatenare una difesa scientifica, esiste od almeno esisteva un presupposto cui non pose mente G. Luzzatto nella prefazione ad Economia Nuova. Tale presupposto, ancora vitale quando il Rathenau scriveva, era la scrupolosa esattezza dell'impiegato tedesco; il suo Pflichtgefühl; la Riforma insomma che il Prussianesimo, tra i molti suoi demeriti, ebbe il merito di incanalare ed inquadrare, nell'amministrazione mirabile, oggi purtroppo dissolvendosi sotto il colpo della sconfitta e del tracollo economico.





    Ché se anche in Germania si definì l'economia intervezionista Verderbswirtschaft od economia della rovina, da tale taccia andò esente il solo approvigionamento delle materie prime, cui fu dedicata l'attività di W. Rathenau.

    Ma errerebbe d'altra parte chi cercasse in quest'uomo un tipo di capitano di industria alla anglo-sassone. Egli è ben altrimenti complesso e sfugge a simili definizioni aprioristiche. Le qualità di lottatore di Emilio Rathenau – il creatore della A. E. G. – si erano svigorite nel figlio, levigato da un'altra coltura, tormentato da altre esigenze spirituali ed anche, se vogliamo, assillato da una certa vanità letteraria.

    Nel campo industriale il padre gli era superiore per unanime riconoscimento. Ma in Walther c'era la stoffa dell'uomo politico di razza: intuizione psicologica, pathos emotivo, ricchezza di problemi, connessione di teorie e di fatti. Forse a somiglianza di quanto avvenne in certe famiglie di banchieri e marcanti del Rinascimento – i Medici per esempio – la stirpe di plutocrati stava per esprimere un genio politico e diplomatico. Forse anche il freddo cinismo di Stinnes segue, per via diversa, un'analoga evoluzione. Non si preoccupa il magnate dell'industria pesante, di teorie, non cerca una connessione tra i fatti, vive alla giornata; ma, sgombro di pregiudiziali democratiche e, quel che più conta, battezzato, può piegare ai suoi fini, blandendole le ingenue forze spirituali prevalenti, che, per l'erronea politica dell'Intesa, sono ancora quelle di destra; ed intanto batte egli stesso la via degli accordi e si intende con Lubresso, come Rathenau si intendeva con Loucheur.

    G. Sorel difese sul "Carlino" la filosofia del Rathenau, e, a mio parere, andò troppo oltre; ma le sue dottrine intuizionistiche (egli negava una conoscenza esatta dei fenomeni sociali) quali possono desumersi dal volume "Zur Mechanik des Geistes" sono ad ogni modo necessarie a comprendere il suo processo spirituale, lo stile, la fede e l'azione.

    Il suo solidarismo potrà anche dileguare nel regno dell'utopia di fronte ad una rigorosa critica scientifica; ma, nell'Economia Nuova non tutto è evanescente.

PIERO BURRESI.