Idee del dopo-guerra

1. - Sull'istruzione, lo Stato ed il militarismo.

    Negli Stati moderni, militarismo ed istruzione sono in diretto rapporto fra di loro e col capitalismo, il quale dello Stato medesimo è la più cospicua ed originale espressione. Tanto il capitalismo che il militarismo, che l'istruzione, sono però particolari emanazioni del particolare territorio nel quale sono incorporati, anche se tale territorio non sempre si identifica collo Stato, del quale è tuttavia la condizione prima.

    Quale una patologica deviazione dello Stato si presenta la Nazione, la quale sente sopratutto, come lo Stato, la necessità che il territorio sia geograficamente e giuridicamente unificato; occasionando inoltre l'esigenza che tale unificazione diventi sempre più ampia e includa provincie le quali, per la varietà dei loro prodotti e la sicurezza delle loro posizioni rendono sempre più uno ed unico lo Stato; spinto, dalla ragion sua di vita, ad essere ognora più agguerrito.

    L'impulso all'unità è quello che ha distinto il secolo XIX (che fu giustamente chiamato il secolo delle nazionalità) e s'è valso del romanticismo (impulso centripeto); l'impulso affermatosi dopo è quello nazionalista delle espansioni coloniali (impulso centrifugo), e s'è valso delle ideologie imperialiste di vecchio e di nuovo genere: D'Annunzio, Maurras, Neumann, Kipling.

    Mentre il primo tendeva a creare lo Stato, il secondo tende a consolidarlo. Questo spieghi perché il primo era impulso di liberazione e romantico; e il secondo di reazione e classico (D'Annunzio, Maurras). Questo spieghi anche la ragion d'essere delle costituzioni democratiche basate sul suffragio sempre più allargato, nel primo tempo; e la marcata tendenza alla dittatura castale ed oligarchica, nel secondo.





    Per quanto il militarismo abbia seguito una sua linea logica in entrambi, i due momenti sono così diversi da far quasi credere che nel secondo la sostanza stessa, anziché la forma, sia cambiata.

    Ma non è.

    La conditio sine qua non dei militarismo della prima epoca era la cittadinanza, la quale era data: o dalla nascita, o dalla naturalizzazione; da un fatto, cioè, naturale, indipendente dalla personale volontà; oppure dalla libera e volontaria scelta, previa la quinquennale residenza famigliare in un dato territorio, del cittadino che tale territorio elegge quale sua patria.

    Questi due fatti che trovavano la loro espressione ideologica nella patria e nel territorio, erano il substrato del romanticismo espressosi nei vari moti unitari e patriottici del secolo scorso.

    Essendo state, la maggior parte delle guerre in esso svoltesi, guerre di difesa (od avendole prospettate come tali, che è poi la stessa cosa), ne deriva quale conseguenza la necessità della leva generale obbligatoria; stanteché, essendo la patria la casa comune di tutti i cittadini, tutti i citadini medesimi atti alle armi sono chiamati alla sua difesa.

    Tal guerra richiedendo pertanto solo dei cittadini per l'occasione armati, l'elemento decisivo della vittoria rimaneva ancora basato sul numero e sul vantaggio delle posizioni geografiche. Questo in un primissimo tempo. Già nella guerra europea le cose sono andate in modo diverso. Il numero ha scemato la sua quasi esclusiva importanza; mentre le qualità specifiche o tecniche dei singoli componenti gli eserciti sono sempre più emerse ed hanno ognora più affermata la loro preponderanza.

    La navigazione subacquea, gli autocarri armati, l'aviazione e le varie applicazioni chimiche hanno sconvolto del tutto i metodi usuali e romantici della guerra fatta di aperti scontri fra eserciti sui classici campi di battaglia.

    Anche nell'ultima guerra gli eserciti han contato relativamente poco; mentre la vittoria è stata di quelle nazioni che più hanno saputo essere interiormente une ed agguerrite.





    Dal momento che i velivoli di guerra s'inoltravano per migliaia di chilometri oltre la linea degli eserciti schierati alla frontiera, i concetti stessi di frontiera e di combattente han dovuto per forza allargarsi ed estendersi, sì da includere in essi i territori ed i cittadini esposti a tale pericolo; tanto più poi se si pensa che ogni cittadino era combattente, poiché doveva colla sua collaborazione operosa render possibile e continuata la resistenza degli eserciti.

    Nell'aver creata e imposta tale capacità di resistenza sta l'importanza morale e politica della guerra; come al suo attivo va computato il fatto che dopo di essa i cittadini si sono sentiti più cittadini e più uniti.

    Il suffragio universale che ci fu elargito con la proporzionale è una conseguenza di ciò, come altra conseguenza dell'istesso fatto è la nascita dei Partiti a conformazione nazionale. Un embrione di vita politica unitaria e democratica era pur scaturita dalla guerra, bisogna riconoscerlo; e in esso vedasi l'inizio immediatamente troncato d'una nuova epoca politica.

    L'unione soltanto degli animi impegnati in uno stesso avvenimento, e il conseguente sviluppo della coscienza politica, hanno servito da stimolo perché dal popolo venga sentito il bisogno o dell'istruzione senz'altro, o di una maggiore istruzione.

    L'iniziale specializzazione stessa della guerra, già ricordata da noi, richiedeva dal cittadino una sia pur minima cultura: il fante che doveva far azionare una mitragliatrice doveva avere qualche nozione di meccanica; così il soldato di altre armi, il perfezionamento delle quali richiedeva che chi le faceva funzionare sapesse almeno leggere e scrivere.

    Da ciò si può ricavare la conseguenza che la leva obbligatoria giustificava, anzi, rendeva indispensabile l'istruzione elementare obbligatoria. In tal senso l'esercito era, ancora una volta, l'espressione della democrazia.





2. - Sul socialismo e l'Internazionale.

    Oggi le cose sono un po' diverse.

    Essendosi le nazioni - ameno quelle europee - già consolidate nei loro naturali territori, l'impulso è diventato un altro: da integrativo che era e difensivo, è diventato espansionistico ed offensivo.

    Parallelo a tale cambiamento è avvenuto il cambiamento formativo e tecnico degli eserciti.

    I quali nell'epoca che chiameremo romantica, erano quasi del tutto basati sul numero e non abbisognavano che limitatamente delle capacità tecniche; oggi queste ultime sono diventate indispensabili e prevalenti, ed hanno cominciato ad essere una cosa a sè.

    Per la logica insita in ogni manifestazione vitale, tale inizio di autonomia avrà ognora più degli sviluppi, ed i futuri eserciti finiranno per diventare sempre più una cosa a se stante ed autonoma riguardo alle funzioni e riguardo agli scopi: un'istituzione quali altre ne ha già viste la storia.

    È del resto quanto è avvenuto col commercio, con la religione, con la politica, con l'arte, ecc.; le quali da naturali espressioni di bisogni del corpo e dello spirito che erano, hanno finito per cambiare la loro fisionomia, il primo diventando affarismo, la seconda clero, la terza politicantismo, la quarta letteratura, e così via.

    Ora, riguardo al militarismo, c'è da prevedere che ciò che era occasionato dalla difesa d'un dato territorio, diventi senz'altro una casta bisognosa d'agire per giustificarsi e mantenersi.





    Tuttavia anche i Governi, perduta l'occasione che convalidava l'ideologia della difesa patriottica dei nostri confini, finiranno coll'accettare il nuovo fatto e di valersene.

    Il nuovo problema che pertanto si presenta è quello di trovare una nuova ideologia mediante la quale giustificarne i nuovi fasti bellici, chiarirli ai popoli e renderli fattibili.

    Già vecchie nazioni in ciò favorite dalle tradizioni storiche a loro particolari, hanno cominciato ad elaborare tali nuove ideologie; con risultati tuttavia negativi, nonostante le contrarie contingenti apparenze.

    Tale difficoltà è anche per grande parte dovuta a quel forte reagente chimico che per l'Europa è stato il socialismo: specialmente quello marxista, il quale, servendo da guida per lo studio storico della borghesia, ha talmente scarnificato il suo soggetto, da renderlo trasparente in ogni più intima fibra.

    In virtù di tale scarnificazione, alle future operazioni belliche riescirà più difficile trovare un mito ed un'ideologia: noi pensiamo che non potranno manifestarsi in tutta la loro crudezza e col dovuto cinismo.

    Inutile dire che tale cinismo accrescerà sempre più quel tanto di forza negativa che oggi è il socialismo; il quale sul cinismo capitalista avrà il vantaggio di trovare un mito adeguato ed accettabile, nella contemplazione del quale far convergere i risentimenti degli oppressi e dei miseri: l'Internazionale.

ARMANDO CAVALLI.