Esegesi Marxiste

    In un saggio su Filippo Turati Adriano Tilgher notava lucidamente che non si può essere marxisti in senso integrale in quarto Marx possiede due facce; la storicista e l'evoluzionista. Vale la pena di approfondire l'osservazione poiché essa, a parer mio, coglie il marxismo nella sua fondamentale contraddizione. Contraddizione che ne forma il vizio e insieme la ragion d'essere: premesse e conseguenze. Marx, come è stato sempre notato, non fece altro che rovesciare l'hegelismo. In questo senso. Mentre quello era una metafisica dello spirito egli ci diede invece, una metafisica sociale. Ma codesto rovesciamento non apportò mutazioni. La diversità del campo di indagine non generò diversità di analisi e di metodo. Così ha ragione Sorel quando afferma che "il marxismo è dato dall'indebito trasferimento della dialettica hegeliana dai concetti puri alle classificazioni empiriche". Togliendo quell'indebito - sul quale non ci soffermeremo poiché non è il caso di aprire una discussione che non rientra nel quadro della materia che intendiamo trattare - io credo che il filosofo napoletano ci abbia dato la chiave di volta di tutto l'edificio marxista. La logica pura non è la logica politica e nemmeno quella economica. Onde è chiaro che é sufficiente notar questo per aver nitida la cognizione della falsità dei punti di arrivo del marxismo. La dialettica dello spirito così applicata ai fatti sociali ha fatto in modo che l'impostazione della teorica avvenisse troppo semplicisticamente e conducesse all'intransigenza e al catastrofismo messianico.





    Marx partito dalla cognizione schematica delle due classi in contrasto - borghesia e proletariato - per comporre questo dissidio doveva necessariamente giungere alla palingenesi e alla rivoluzione. E' interessante perciò notare, giunti a questo punto, per avvalorare le nostre tesi, come nelle teoriche della miseria crescente e dell'accentramento del capitale si riverberi tutta la vacuità della dialettica marxista. Senza discutere le premesse - poiché è evidente che borghesia e proletariato non sono classi omogenee ed esattamente definite e non sono nemmeno le sole viventi nelle società - si osservi come ad una sperequazione in un senso corrisponde l'altra in senso opposto. Più la borghesia è ricca più i lavoratori son poveri. Dunque? La violenza e il paradiso terrestre senza più Adamo. Ma, a parte i tiri della logica, il marxismo ha un valore duplice e se è, sul terreno della prassi, per le necessità della storia accettato in questo o quel lato, bisogna che lo studioso se lo spieghi integralmente e storicamente. Anzitutto in Marx è notevole la concezione teologica della storia. Egli discende direttamente da Calvino. La sua dialettica vorrebbe essere il segreto del divenire carpito alla Provvidenza. Ma anch'essa rientra fatalmente nei disegni di quella onde, fatta la tara, noi abbiamo dinnanzi un rivoluzionario e non un anti-borghese. Marx è tale in quanto il suo sogno è di far diventare il proletariato classe dirigente - vale a dire borghese. Marx è rivoluzionario in quanto dona il mito iniziale per la formazione di sempre nuove borghesie. Poiché la vita non consente l'assoluto, l'attuazione completa del bene e la fuga definitiva del male essa va considerata come lotta senza approdo che nel campo politico si traduce in ricambio continuo di classi dirigenti. La borghesia non è dunque una classe ben definita e unita. Essa rappresenta il punto finale di un'ascesi e di una preparazione alla quale il mite egualitario serve perennemente come molla. Inquadrato così il marxismo ci si rivela, secondo quanto diceva Tilgher, con due facce come Giano bifronte. Una volta al passato e un'altra all'avvenire. Esso perciò va accettato dallo storico in linea integrale - vizi e virtù - e dal politico per la parte conveniente. La facezia di una "borghesia marxista", come diceva poco tempo fa un giornalista brillante ed acuto, non è dunque tale essendo una verità. E le riforme si possono avere ancora una volta pensando: I°) che l'internazionalismo è una necessità borghese prima che proletaria; 2°) che lo spirito di iniziativa e di sacrificio che Marx volle suscitare nelle classi lavoratrici è proprio alle borghesie moderne ed è proprio nella sua più alta significazione solo ad esse in quanto il loro stato esprime una più illuminata coscienza. Da questo punto di vista, quindi, ci sembra ozioso e inutile discutere - come si è fatto recentemente anche in R. L. - se il tedesco voleva o no che la rivoluzione si facesse quando le forme della società futura saranno tutte accennate e sviluppate in grembo alla borghesia o nei periodi di crisi. Il mondo moderno è al di fuori di questa logica pur ricevendo vita da essa.

CARMELO PUGLIONISI