INCHIESTA SULLA MONARCHIA

I.

    Né giuristi né politici hanno saputo finora analizzare le condizioni nel cui concorso la monarchia perdura. Alludo naturalmente alla monarchia moderna, consociata con la forma di governo parlamentare. D'altro canto non è stato fatto neanche il conto degli sforzi, che ai popoli, in cui si è più o meno violentemente sostituita la forma repubblicana a quella monarchica, è costata non la sostituzione, ma la stabilizzazione della repubblica. Infine - se pur la ragione ed una anche superficiale osservazione ci dicono esistere cause sociali che determinano il perdurare della forma monarchica, non possiamo negare che le virtù e le debolezze degli uomini, per cui la istituzione funziona, possono influire anche esse sul perdurare o sulla fine della forma monarchica. Naturalmente se la forma monarchica cade quando invece non sussistono le condizioni obiettive in cui la repubblica può bene funzionare, si avrà un periodo più o meno lungo di assestamento, nel quale dovrà farsi la educazione delle popolazioni e più ancora della classe politica, alla nuova forma di Governo.

    Ma, ripeto, queste analisi non sono state fatte e non è possibile farle qui. Ci colpisce però il fatto che la monarchia perdura ovunque il popolo è diviso in due o tre grossi gruppi, nei quali vi sia una certa diversità d'interessi e di sentimentalità. Nella Gran Brettagna, l'Inghilterra propriamente detta, il Galles e la Scozia; nel Belgio, Fiamminghi e Valloni; in Olanda i due gruppi, quello del Nord e quello del Sud; in Danimarca la popolazione della parte peninsulare e quella delle isole; in Italia, Nord e Sud. In altre parole può esservi qualche cosa di vero in ciò che intuì Francesco Crispi: la monarchia ci unisce, la repubblica ci dividerebbe.





    È poi ovvia la osservazione che nella repubblica la classe politica è abbandonata in qualche modo a se stessa. Deve in se stessa trovare il senso della misura, la virtù della moderazione. Re o Presidente, Governo, Camere elettive, sono tutti organi, strumenti, onde la pubblica opinione si fa valere; alcuni di essi, il Governo e la Camera, hanno anche l'altra funzione di contribuire alla formazione della pubblica opinione.

    Lord Bryce, riferendo le parole di un uomo politico degli Stati Uniti, diceva: i partiti americani sono così formidabilmente organizzati, che essi possono tutto permettersi: ma, quando la pubblica opinione ha parlato su di una questione, noi siamo come schiavi di fronte ad un satrapo orientale. Dobbiamo sottometterci. E' solo l'Italia di oggi, in cui la pubblica opinione non conta; in cui il Capo del Governo può dichiarare che il paese si è da lui distaccato e nonostante rimane al potere!

    Ma la pubblica opinione non si forma sempre su tutte le questioni né intorno a tutti gli uomini di governo: né la pubblica opinione, formatasi più o meno spontaneamente, ha sempre un contenuto rispondente agl'interessi permanenti del popolo.

    Onde nella repubblica la necessità che la classe politica sia moralmente ed intellettualmente più elevata, perché è solo in sé stessa che deve trovare il senso di misura e di equilibrio per sacrificare suoi uomini, sue tendenze, suoi interessi secondo i voleri della pubblica opinione e deve dare opera per indirizzarne anche con pericolo di suoi egoistici interessi, la formazione. Nella monarchia ci è invece un organo che può infrenare la classe politica, può compensare ciò che in essa può mancare di senso di misura e di equilibrio; che può e deve intervenire quando la classe politica - o, per meglio dire, la parte in un momento dominante della classe politica - faccia prevalere i suoi egoistici interessi sui voleri della pubblica opinione o tenti di indirizzarla in guisa non conforme agl'interessi permanenti del popolo.





    È una funzione elevatissima, che la Monarchia assolve anche nella democrazia, e che può essere in certi periodi di evoluzione sociale e politica più necessaria degli altri. Quando la intensità del movimento di evoluzione sociale, le condizioni di vita della popolazione rendono meno efficiente il lungo processo di selezione onde la classe politica si forma; quando in certe condizioni di vita economica alcune forze sociali per la loro organizzazione riescono ad esercitare sulla formazione della pubblica opinione una influenza sproporzionata, la funzione del Capo dello Stato ereditario può avere più frequenti occasioni di esercizio. Nella repubblica nessun organo può esercitare tale funzione. E' la classe politica, ripeto, che in se stessa deve trovare la virtù per moderarsi.

    Io penso che il periodo che attraversiamo sia in Italia di quelli in cui più utilmente dovrebbe esercitarsi la funzione propria del Capo dello Stato. Non vi è più la classe politica, composta di poco numerosi elementi, ma di altissimo valore intellettuale e morale, che la rivoluzione selezionò. La classe politica oggi si forma più caoticamente ed il fattore, per dir così individuale, ha per la sua formazione maggiore importanza di quello selezione. Certo col suffragio universale, se lo si lascierà funzionare liberamente, in un periodo non lungo la composizione della classe politica migliorerà; ma oggi dei vecchi elementi sono superstiti pochissimi ed i nuovi sono il prodotto di una sola, non di più successive selezioni. Le condizioni economiche, a prescindere dall'attuale fase di acuta crisi, non sono tali da permettere una vita non agitata. Non si può negare che vi sia una violenza di passioni, uno spirito di arrivismo, una corruzione di certi ambienti per cui la classe politica italiana di oggi non affida di trovare in se stessa quel senso di moderazione e di equilibrio che è pur necessario. Si è detto che l'Italia di oggi è la Francia di Luigi Filippo; ma con l'industrialismo in più: vale a dire con in più un elemento, che è indubbiamente di progresso, ma anche di perturbamento.





    Chiara appare quindi l'altissima funzione che la Monarchia anche oggi potrebbe e dovrebbe assolvere. Essere non soltanto simbolo e presidio della Unità, bene supremo che sarebbe disastroso perdere; ma anche organo di freno e di moderazione di una classe politica, che nel momento attuale per le condizioni di vita del paese, per la troppo recente istituzione del suffragio personale, non dà garanzia di possedere quel senso di moderazione e di equilibrio che sarebbe necessario perché essa potesse, da sola, assolvere la sua funzione.

    La vecchia concezione del Re, che conserva una influenza preponderante riguardo all'Esercito ed alla politica estera, a me sembra tramontata. Viceversa io veggo di fronte a quelle, che possono essere le manchevolezze della classe politica italiana, l'altissima funzione della Monarchia in ogni campo di attività dello Stato, ovunque la classe politica nella Camera o nel Governo non sappia assolvere il suo compito di interpetrare la pubblica opinione e di indirizzarne la formazione. In Inghilterra è la stessa classe politica che promuove dal Capo dello Stato l'esercizio di questa funzione; esempi mirabili sono state le proposte di scioglimento della Camera fatte dal Governo conservatore e da quello laburista sul semplice dubbio che la pubblica opinione potesse non essere più consenziente alla direttiva o a tutta la direttiva che il Governo voleva seguire. Sarebbe audacia dire che la classe politica italiana possiede già tale elevatissimo grado di educazione e di correttezza politica.

    Onde un attivo esercizio della funzione da parte del Capo dello Stato ha in Italia campo e ragione di esplicarsi, anche ed anzi sopratutto di fronte ad una sempre più larga partecipazione dei cittadini all'esercizio dei pubblici poteri, ad una meno rigorosa selezione della classe politica. Ma un organo senza funzione può vivere solo per tradizione, quando la funzione che esso dovrebbe esplicare si svolge egualmente. Che se della funzione vi è necessità e l'organo non l'esercita, si ha una situazione anormale e per ciò stesso pericolosa.

ERRICO PRESUTTI




II.

    La Monarchia liberale di Savoia ebbe nel processo costruttivo della Patria - col provvido compromesso concepito ed attuato da Camillo di Cavour tra la rivoluzione e la reazione - la funzione di conciliare e far convergere nel solco dell'unità monarchica e nazionale forze altrimenti divergenti e di radunare consensi e simpatie dell'Europa attorno alla nostra causa nazionale, tranquillando preoccupazioni e diffidenze.

    Senza la Monarchia Sabauda il processo storico della rivoluzione italiana, abbandonato eccessi dei generosi estremismi, non avrebbe avute le sue mirabili fortune. D'altra parte le imposizioni di reazione dell'Austria, non si sarebbero potute rintuzzare e fronteggiare opponendo le insegne e le tesi della repubblica, cui l'Europa non avrebbe consentito, anziché, come si fece, la ferma resistenza di un'ordinata monarchia liberale.

    La Monarchia si rinsaldò, e diventó poi veramente popolare in Italia, quando il popolo la sentì consenziente alla politica di pubbliche libertà e di solidarietà sociale, realizzata nel decennio che precedette la guerra, e nel quale maturarono insieme una mirabile civiltà politica ed una fiorente prosperità economica del nostro Paese.

    Oggi ancora la Monarchia di Savoia troverà le sue fortune nella funzione di moderatrice fra gli eccessi demagogici e gli estremismi reazionari, cooperando a far ritrovare senza indugio al Paese le vie della pacificazione politica, e riaffermando il suo particolare carattere di monarchia liberale-democratica, che ne rappresenta la gloria di ieri e la missione di oggi.

MARCELLO SOLERI