LIBERALI E CONSERVATORI

    La critica dei dissidenti del regime in nome dell'ordine, dello Statuto, della legge, non esce dalla logica moderna. Il moderatismo, come educazione e come tradizione, che discende dall'ideologia moderata del Risorgimento, che fu il contenuto più vivo della vecchia Destra, in cui il liberalismo dell' hegeliano Spaventa, in quanto indirizzo ideale, è posizione che supera di gran lunga le timide premesse politiche, conserva per es. nell'Albertini marcati i suoi tratti vagamente illuministici e legalistici: governo dei migliori attraverso il Parlamento, fede nell'intelligenza.

    Il rinnovamento liberale non può avvenire dall'esterno; nasce la coscienza liberale solo quando si debba combattere per la libertà come per la vita. I moderati, dopo la bufera anarchica, possono tornare alla logica dei conservatori: il nemico resta ancora nelle masse socialiste e popolari, causa dei passati blocchi costituzionali.

    La battaglia dei conservatori affretta la fine del regime violento e illegalistico, non apre la via al liberalismo. Il liberalismo si sposta in altri capi, e non sente nella lotta d'oggi una lotta per il ritorno ad un ordine che fu, ma una lotta per la libertà, che non è libertà finché non si affermi, oltre la vecchia legge, in nuove espressioni politiche.

    L'ora dei costituzionali non è per sempre passata. Il fascismo si svolge ogni giorno più in senso conservatore, e superando se stesso, tende a divenire la coscienza di classe della borghesia italiana.

    L'uomo del fascismo è Gentile. Sia permesso dissentire dagli amici di Rivoluzione Liberale. Gentile è la coscienza storica del conservatorismo italiano, e la sua opera in quest'ora è di chiarificazione e di nettezza, e più lo sarà domani.





    Gentile rifà ai conservatori italiani una tradizione nobile, ricercando e ritrovando valori dispersi e ignorati e dimenticati, sentendo nella sua esigenza ideale, il valore spirituale di un partito conservatore nella vita italiana. La sua azione è lineare: si rifà indietro, con confessata fede, ai conservatori, che nell'unità piemontese videro la vittoria della loro classe e la loro sicurezza contro il disgregamento economico dell'Italia divisa del '15, e contro l'oscuro scontento proletario che aveva minato il riformismo borghese del '48. Conservatore, riprende problemi, che la rivolta piccolo-borghese della Sinistra, rivolta di impiegati, aveva negati o, meglio, dimenticati. Ripone dinanzi alla coscienza conservatrice il problema religioso. Si rifà al pensiero di Spaventa, accettandone il processo, non la posizione liberale. Nella conciliazione tra fede tradizionale e coscienza civile vede la base di un possibile ideale di conservazione in Italia. Il problema religioso gli si riaffaccia nei termini insoluti dell'Italia del fallimento neoguelfo. Gioberti fallisce sul programma federalista, ma lascia larga eredità (pur tra i presentimenti democratici degli ultimi anni) di meditazioni per il problema religioso proprio in senso conservatore. Sulla stessa linea, giobertiani secondo lo spirito delle Postume, prima che le Postume fossero scritte, Lambruschini, Ricasoli e gli altri conservatori toscani. Gentile ritorna risolutamente ad essi, rinnovando un conservatorismo che punta sui più sani valori tradizionali dello spirito italiano nella sua vita secolare, forte dello storicismo del secolo XIX. E con il problema religioso il problema dello Stato.





    Ma dove, in nome di che, su chi far leva per il liberalismo di domani? Per il liberalismo il problema non è soltanto di ordine. E' la lotta per la libertà dei proletari che ripone la lotta politica nei suoi termini più decisi. Solo in essi il liberalismo ha un senso: la loro lotta per la libertà non è un portato della loro tradizione, non è un idolo della loro cultura, è la loro prima, unica, ingenua affermazione di autonomia. Il liberalismo delle classi proletarie reca in seno una nuova vita, una nuova morale, una nuova esperienza, per la storia di domani. Non guardate all'aspetto economico della lotta: la lotta è lotta morale: è la ripresa della Riforma e della Rivoluzione nel campo proletario. E' più forte di tutti i compromessi e di tutte le reazioni: il suo Calvino è Giorgio Sorel. E' il pensiero che ad ogni alba, ricrea il mondo. I proletari dissolvono la mentalità cattolica, cattolica anche se in veste anticlericale, dei conservatori, attraverso la lotta di classe e chi non accetta la lotta di classe non è un liberale. Un liberalismo che si limiti ad attaccarsi alle tavole della legge e allo Statuto e alle istituzioni, è un liberalismo da borghesi, conservatori per istinto di classe. Guardiamo la storia, oltre le contingenze dell'oggi, nel suo concreto formarsi. Il liberalismo del mondo moderno è nei socialisti. Chi nel movimento proletario non vede che un movimento di conquista economica dei diseredati che si vince con leggi opportune, ha la mentalità cattolica del conservatore, chi lo crede risolvibile sul terreno degli accordi, senza affermazioni nuove ed autonome, ha la mentalità del trasformista scettico ed incerto. Il liberalismo delle classi proletarie è un imperativo molare su cui non si transige senza morire, è una volontà di potenza che non si abbandona senza negarsi.





    Non credete in questo liberalismo? E rifatevi alla logica della vostra classe e procurate dal disordine esca l'ordine che meglio giova per il vostro governo. La borghesia legalitaria e liberaleggiante non ha forze per un'affermazione liberale: vi contrastano i suoi interessi, la sua ideologia, le sue tradizioni. Non ha la volontà del conservatorismo gentiliano, ma la sua politica è più pericolosa per una ripresa liberale. Il sogno di Tilgher, alla vigilia della reazione, di una piccola borghesia condottiera del proletariato si infranse contro tanti Andrea Sperelli, a seimila l'anno, che calcano l'elmo di Scipio. Il liberalismo non può rinascere che da un'austera vigilia di rinunzia del proletariato. Lasciamo che la logica delle cose vinca la logica degli uomini e aspettiamo.

    Il socialismo è il liberalismo del mondo moderno: ritrova nell'operaio l'uomo, nel suddito il cittadino, nel cattolico il rivoluzionario. Il vecchio mondo conservatore, mai tanto vecchio che possa morire, trova dinanzi a sé il suo avversario che crea la sua storia sforzando l'avvenire, come esso tiene fermo al passato. Tutti sono collaboratori di Dio, ma ognuno dove Dio l'ha posto.

    La funzione liberale del socialismo intravide Silvio Spaventa, conservatore sì, ma filosofo che comprendeva la razionalità della lotta dell'avversario. Nel 1882, i tempi del trasformismo, scriveva: "...i diversi partiti, in cui la nostra Camera dei deputati pareva dividersi, non avevano in fondo un'origine diversa, ma nascevano da una classe sola, dalla borghesia, che è il ceto dominante della società nostra. E' da sperare che, con l'allargamento del voto, facendo partecipi al governo dello Stato altri ceti che abbiano ideali ed intenti diversi, si produca quella differenza dei partiti che oggi manca...".

    E' la funzione liberale che passa alla critica laburista.

DOMENICO PETRINI